Restroom battleground: la politica si fa in bagno

Ai Giardini e all’Arsenale, Cassani, Galán, Munuera e Sanders pongono l’accento sul bagno, il più umile degli spazi architettonici e il più funzionale, da sempre il più ideologico e terreno di scontro per diritti umani e coscienza ecologica. 

Pablo è un giovane disabile colombiano. Con sua madre Jaqueline, da 30 anni lotta per rendere i bagni (pubblici e privati) del suo Paese accessibili. In Inghilterra, invece, nel 2009 una feroce polemica ha investito il carcere di Canterbury, alla notizia che erano stati installati pediluvi e latrine alla turca per i 100 detenuti mussulmani. Ad Haiti, la mancanza di servizi igienici pubblici è endemica e, dopo il terremoto del 2010, anche quelli privati sono a rischio, per la difficile gestione delle acque reflue.

E, ancora, a Philadelphia, dopo l’arresto di due giovani neri che avevano chiesto di usare il bagno di Starbucks prima di ordinare qualcosa, il 12 aprile 2018 si è scatenata una grande protesta pubblica che ha costretto l’azienda a chiudere 8.000 negozi in tutto il Paese. L’elenco potrebbe continuare ancora – e, per chi volesse approfondire, consigliamo l’originale e interessante ricerca di Matilde Cassani, Ignacio Gonzalez Galán, Iván Lopez Munuera e Joel Sanders in mostra all’Arsenale e ai Giardini e disponibile online e in podcast –, ma il concetto è comunque già ben chiaro: c’è tanta politica, molta più di quella che si pensi, nel progetto di un bagno (pubblico o privato che sia). 

Che i bagni siano un problema serio, lo dicono già da diversi anni i numeri: 2,3 miliardi di persone (i dati sono del 2016) non hanno accesso a servizi igienici sicuri. E chiunque abbia visto il commovente Green Book di Peter Farrelly, vincitore di tre Oscar nel 2019, sa che nell’Alabama degli anni Sessanta nemmeno essere un ammirato e geniale pianista classico era sufficiente per dare a un afroamericano l’accesso ai bagni riservati ai bianchi.

Quanto il problema sia anche politico, lo dimostra ora il lavoro di Cassani, Galán, Munuera e Sanders, che inquadrano la questione in un contesto più ampio. Il bagno (il suo utilizzo, la sua accessibilità, il suo funzionamento) è uno dei terreni di scontro, dove, nel XXI secolo, si gioca la partita dei diritti, dell’inclusione e dell’uguaglianza. Storicamente e a fasi alterne, proprio qui, nel più umile degli spazi architettonici, ridotto a pura funzione, si sono incrociate questioni di genere, razziali, economiche, igiene e salute.

Iván Lopez Munuera, critico e curatore, Honorific Fellow alla Princeton University, racconta com’è cominciata: “Ci conosciamo tutti da tanto tempo, avevamo già collaborato (Triennale di Oslo, ndr). Abbiamo tutti lavorato in modi diversi su quanto i bagni siano strumenti politici, adottando però prospettive diverse. Per noi era molto importante non cercare di dare una soluzione semplice, ma capire in modo preciso come il bagno sia un dispositivo politico, in una prospettiva più ampia e in diverse parti del mondo”.

Perché abbiano deciso di concentrarsi proprio sui bagni, poi, è una risposta semplice. “I bagni sono di solito considerati quasi pura funzione, invece ci sono così tante decisioni importanti - spaziali, tecnologiche, ambientali - che si concentrano in questo luogo... È uno dei dispositivi architettonici più complessi, anche se viene presentato spesso come neutro. Abbiamo pensato che affrontare quella concentrazione di decisioni architettoniche, di significati architettonici, spaziali, tecnologici, normativi fosse molto importante. Per noi, la toilette è il centro di tante decisioni spaziali e politiche”, dice Ignacio Gonzalez Galán, docente al Barnard College della Columbia University di New York.  

I bagni sono di solito considerati quasi pura funzione, invece ci sono così tante decisioni importanti – spaziali, tecnologiche, ambientali – che si concentrano in questo luogo.

I bagni come tema politico, in continua evoluzione. Prosegue Matilde Cassani, architetta, curatrice e docente alla AA di Londra: “Il campo di battaglia dei bagni si modifica di continuo, secondo il momento storico. Ora, per esempio, le questioni di genere sono uno degli argomenti più discussi. È come un filtro attraverso il quale la società si aggiorna, ecco perché penso che siano molto potenti: sono contenitori di tante decisioni che vengono prese in un contesto più ampio”.

In più, aggiungono, gli standard sono diversi da Paese a Paese e ognuno affronta e risolve diverse problematiche. Non basta e non c’è una soluzione unica. “I bagni affrontano problematiche diverse, in diverse parti del mondo, sono contestuali. Sono pieni di ideologie, che noi come architetti dobbiamo considerare”, prosegue Ignacio Gonzalez Galán.

I bagni sono un ottimo filtro attraverso il quale si discutono tutte le mediazioni quotidiane. In un certo senso, possiamo usarli come il luogo dove avviene il dibattito e dove affrontare le soluzioni.

Sintetizzare un tema complesso e ricco di spunti non dev’essere stata un’impresa facile. Eppure, all’Arsenale – pur nel poco spazio a disposizione, in mezzo a tanti altri progetti – il diorama semicircolare, appoggiato su lunghe gambe di metallo di “Your restroom is a battleground” non passa inosservato. Ai Giardini, invece, il tema è stato affrontato ridisegnando una delle toilette pubbliche: “The Restroom Pavilion” è annunciato da una serie di bandiere invece della segnaletica tradizionale, mentre al suo interno il sistema di tubi e scarichi di solito nascosti sotto le piastrelle è portato in primo piano. Certo bisogna capire cosa segnalano le bandiere o sir ischia di perderlo, ma c’è anche chi ci finisce per caso e si lascia coinvolgere.  

“Abbiamo cercato di rendere il bagno dei Giardini un padiglione come tutti gli altri. L'idea era di avere il padiglione dei padiglioni, a cui tutti gli altri padiglioni devono fare riferimento”, spiega Matilde Cassani. Una terza installazione, “Undaria Pinnatifida”, nel Padiglione Centrale, racconta, invece, il caso di un’alga originaria del Giappone, documentata in laguna dalla metà degli anni Novanta, portata dai turisti e alimentata dalle onde sollevate dalle navi da crociera, è in competizione con le specie indigene e potrebbe intasare il sistema fognario dei bagni locali impedendone il funzionamento.

Come la mettiamo con la risposta alla domanda del curatore, “come vivremo insieme”? Il primo a rispondere, o meglio a non rispondere, è Iván Lopez Munuera: “Per me, ci possono essere due risposte. La prima è che dobbiamo considerare i bagni non come problemi, ma come sintomi di una realtà più ampia. Non solo per dare una soluzione specifica, ma per entrare nel dibattito architettonico e di alcuni argomenti che a volte vengono lasciati indietro, come la disabilità e l'accessibilità, che non sono così semplici come cambiare l'insegna di un bagno. L'altra risposta, sarebbe pensare a cosa stiamo dicendo quando diciamo 'noi'. Non è solo una prospettiva umana, dobbiamo considerare anche il rapporto con l'ambiente, e dare la possibilità a questi elementi non umani diprendere parte alla definizione dei regolamenti, delle amministrazioni, della materialità”.

Non abbiamo intenzione di fornire soluzioni: discutere tutti questi elementi è importante quanto la soluzione.

“Non abbiamo intenzione di fornire soluzioni, anzi dobbiamo liberarci di quell'idea che dobbiamo solo fornire soluzioni", prosegue Ignacio Gonzalez Galán, “discutere tutti questi elementi è importante quanto la soluzione. L'architetto è un esperto, che lavora insieme con molti altri esperti. Sfidare la differenza tra domande e risposte fa parte del nostro lavoro. Sento che, in un certo senso, già porre la domanda in modo diverso è parte della risposta. Molte volte, domande e risposte si mescolano”

“I bagni sono un ottimo filtro attraverso il quale si discutono tutte le mediazioni quotidiane”, conclude Matilde Cassani. “In un certo senso, possiamo usarli come il luogo dove avviene il dibattito e dove affrontare le soluzioni”.  

A research station:
Your Restroom is a Battleground
Curatori:
Matilde Cassani, Ignacio G. Galán, Iván L.Munuera, Joel Sanders In collaboration with Seb Choe, Leonardo Gatti, Vanessa Gonzalez, Marco Li, Jorge Lopez Conde, Maria Chiara Pastore, Pablo Saiz del Rio, Paula Vilaplana de Miguel
Sede:
Corderie dell’Arsenale
Installazione:
The Restroom Pavilion
Curatori:
Matilde Cassani, Ignacio G. Galán, Iván L. Munuera In collaboration with Leonardo Gatti, Pablo Saiz del Rio, Paula Vilaplana de Miguel
Sede:
Giardini della Biennale
Installazione:
Undaria Pinnatifida
Curatori:
Matilde Cassani, Ignacio G. Galán, Iván L.Munuera, Joel Sanders In collaboration with Seb Choe, Leonardo Gatti, Vanessa Gonzalez, Marco Li, Jorge Lopez Conde, Maria Chiara Pastore, Pablo Saiz del Rio, Paula Vilaplana de Miguel
Sede:
Padiglione Centrale, Giardini della Biennale
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