Vincenzo Latronico, Armin Linke, Narciso nelle colonie. Un altro viaggio in Etiopia, Quodlibet Humboldt, Macerata / Milano, 2013 (168 pp; € 18,00)
Il primo volume della collana “Libri di viaggio” della casa editrice di recente fondazione Humboldt, coeditata con Quodlibet, ne è per certi versi il manifesto.
Racconto di viaggio attraverso l’Etiopia per parole e immagini (e suoni), Narciso nelle colonie pone infatti le basi critiche di ogni possibile narrazione di un altrove, nella consapevolezza dei limiti e del potenziale che questo tipo di racconto assume, sulla scorta delle riflessioni sviluppate dal pensiero postcoloniale e dell'inevitabile parzialità di ogni sguardo.
Nato dalla collaborazione tra uno scrittore, Vincenzo Latronico, con un fotografo, Armin Linke, il libro costruisce un mosaico articolato di suggestioni e notazioni, sia esse storiche che d’attualità, sul paese dell’Africa Orientale e si compone di contributi stratificati, come la testimonianza di Angelo Del Boca degli incontri con l’imperatore Hailé Selassié, il mitico Ras Tafari; un reportage fotografico a lui dedicato; una riflessione sulle ricadute del suo mito in ambito musicale e artistico di Simone Bertuzzi; un dizionario delle parole italiane in lingua amarica curato da Graziano Savà e un apparato conclusivo di notizie utili per il viaggio.


Che significato ha oggi viaggiare? Come ci si può porre ‘criticamente’ nei panni del turista? Il suggerimento, e lo stimolo, alla base del progetto editoriale è quello di porsi delle domande in partenza, che permettano di aprire uno sguardo oltre la superficie delle cose e i percorsi sondati, proponendo direzioni e prospettive molto personali, ma che proprio grazie al radicamento in una storia ‘particolare’ riescono davvero a parlarci.
Non è forse un caso che il primo libro della collana sia dedicato all’Etiopia, grande ‘rimosso’ della storia coloniale dell’Italia e che a raccontarlo sia Vincenzo Latronico, con una storia familiare legata a filo doppio con il paese, dove il bisnonno esule dalla Russia è stato finanziatore agli inizi del Novecento della ferrovia che collegava Gibuti ad Addis Abeba.
Il racconto è suddiviso in capitoli che ripercorrono le tappe principali del viaggio lungo la ferrovia, scandito dalle foto di Armin Linke


Macro e microstoria si inseguono.
Il racconto è suddiviso in capitoli che ripercorrono le tappe principali del viaggio lungo la ferrovia, con ritmi dilatati e accelerati a seconda degli snodi di pensiero, delle notazioni sui luoghi, ed è scandito dalle foto di Armin Linke, che ne sono il corrispettivo visivo lungo il testo.
Il passaggio dalla sezione del racconto a quello delle immagini è particolarmente riuscito: la forza evocativa delle parole di Latronico si specchia negli scatti puntuali di Linke, che attivano una narrazione visiva, connaturata a quella scritta. Le fotografie sono come emergenze del testo, che rendono ‘reali’ alcuni scorci del racconto: una piscina a Gibuti, il Lago Assal, un museo a Harar, una scultura coloniale fascista 'rettificicata' dal leone, simbolo nazionale amato dal Negus ad Addis Abeba.

La stratificazione di storie, di regimi e di architetture rende l’Etiopia particolarmente appetibile per uno sguardo sensibile ai dati socio/antropologici insiti nel paesaggio naturale e urbano. Siamo coinvolti, sinesteticamente, anche grazie agli apparati del sito, dove si trovano materiali di approfondimento legati al viaggio, tra cui una ricca playlist curata da Simone Bertuzzi di Invernomuto, che fa da ponte sonoro tra il continente africano e la Giamaica.
Un bel viaggio, che invita a essere ripercorso, anche criticamente: “Non so cosa si è in grado di scrivere di un luogo attraversato in tre settimane… Siamo partiti, in fondo, con il più coloniale degli spiriti: siamo andati in Etiopia, da europei, cercando un’immagine di noi…. Siamo partiti come Narciso nelle colonie, convinti di avere a che fare, in buona sostanza, con uno specchio, e di sapere già che immagine avrebbe restituito. Ma era, semmai, un prisma: e non so con cosa sono tornato in mano”.
