I tempi sono maturi per guardare con un certo distacco ad alcune vicende del nostro recente passato e chiedersi cosa sarebbe accaduto se alcune iniziative e alcune azioni politiche fossero state condotte a termine; se avessero ricevuto degna attenzione e fossero state al centro di una costruttiva riflessione critica; se fossero state dibattute con oggettivo senso critico, con la giusta distanza da pressioni e opportunismi, da visioni politiche di corto raggio e da rozzi antagonismi; e dunque, cosa sarebbe successo se fosse stato loro concesso di avere un qualche peso nelle vicende nazionali.
È ricorrente dire che "con molto ritardo il nostro paese giunge ad affrontare oggi la questione…". Ma se avessimo, a suo tempo tenuto in qualche modo le redini di questi processi che hanno la loro radice negli anni del boom e nei decenni che lo hanno seguito tra grande crisi e risposte spontanee? E se avessimo guidato quelle forze sociali, economiche, politiche e le avessimo indirizzate verso una visione generale di sviluppo e crescita? Non avremmo sicuramente potuto schivare molti degli eventi che hanno cambiato il mondo e il nostro paese con esso, ma resta il dubbio che forse avremmo potuto costruire un paese diversamente organizzato; avremmo potuto anticipare molto delle scelte a cui si è chiamati oggi; si sarebbe salvaguardato meglio il patrimonio naturale e forse costruito una difesa del territorio più consapevole ed efficace.
Sono questi i sentimenti e i dubbi che il libro di Cristina Renzoni provoca nel lettore, nel rievocare fasti e miserie di una vicenda molto dibattuta tra gli urbanisti ma praticamente ignorata dai più (politici in primis, economisti ecc.), ma anche dagli stessi analisti della nostra storia più recente, confinandola spesso tra le inezie di una narrazione di questi anni: il Progetto '80, redatto tra il 1968 e il 1969 ma già del tutto accantonato prima della crisi del 1973. Una meteora che conduce dalla speranza all'illusione in un brevissimo arco di tempo. "Uno sforzo di immaginazione e una proposta di un cambiamento verso un futuro non solo vicino ma anche possibile", che si conclude in una sorta di "libro dei sogni", come lo stesso Giorgio Ruffolo, coordinatore di quell'esperienza tanto singolare ma soprattutto testimone di un tempo molto particolare della nostra storia istituzionale, ribadisce nell'intervista che chiude il volume.

È notevole lo sforzo di Cristina Renzoni nel descrivere quel tempo, quel contesto e il formarsi di quell'esperienza del tutto particolare che vede all'opera non solo alcuni dei massimi esperti dell'epoca, un vero e proprio think-tank che in modo alacre ma consapevole si raccoglie scientificamente e politicamente attorno a un'idea forte di costruzione dello sviluppo nazionale, mettendo al centro della riflessione la dimensione spaziale e i temi territoriali che sembrano poter assurgere per la prima volta a questione nodale del dibattito politico.

L'interesse suscitato dal lavoro di Cristina Renzoni, però, non consiste tanto nella ricostruzione dei prodromi politici che hanno condotto alle proiezioni territoriali del Progetto '80 nel ribadire la ricchezza dei contenuti del documento e ancor meno nel riproporre il senso di frustrazione che ha accompagnato molti urbanisti per anni per la "mancata occasione". Consiste semmai nell'avanzare una valutazione costruttiva dell'eredità lasciata da quell'esperienza, di ciò che esso ha rappresentato e rappresenta, tra ragionamenti che cercano di indagare le cause de "l'alternanza tra attenzione ed disattenzione, tra fortuna e sfortuna critica di cui ha goduto il Progetto '80". Indubbiamente l'inerzia di alcune innovazioni che sarebbero risultate decisive allora ma che in qualche modo hanno influenzato il dibattito disciplinare negli anni successivi: l'individuazione e la tassonomia dei sistemi metropolitani che si sono riflesse negli anni successivi nella lettura del territorio; il tema delle direttrici nazionali che avrebbe permesso al nostro paese di non lasciarsi cogliere impreparato dall'istituzione dei corridoi europei e una sua diversa performance economica, come in tutti gli anni a venire si è lamentato parlando della sottodotazione infrastrutturale delle regioni anche le più dinamiche della penisola.
Ma l'eredità maggiore consiste – e su questo l'autrice lancia un invito a riflettere ed esplorare – in quel "serbatoio di discorsi e immagini" che pervadono gli studi di programmazione regionale degli anni successivi, dove è possibile cogliere "negli assunti e nelle pratiche" gli echi del Progetto '80 che accompagneranno la prima stagione di programmazione regionale e la costruzione del territorio. Quel territorio che negli anni più recenti e le politiche sempre più distratte e ormai prive di ispirazioni valide, di immagini colte e raffinate, hanno sostanzialmente deturpato.