di Antonello Ferraro
Worauf Wir Bauen. Begegnungen mit Architekten
Hanno Rauterberg,
Prestel, München 2009 (pp. 160, S.I.P.)
"Questo è un mio sospetto: che i suoi edifici sono in un
certo senso prescrittivi, anche se sembrano all'apparenza
molto flessibili". La replica è dell'architetto al giornalista:
"Lei ha voglia di litigare? Sentitelo tutti, credo veramente
che cerchi di litigare, la mia architettura proprio non le piace".
Il vivace scambio di battute è tra Zaha Hadid e il critico
di arte e di architettura Hanno Rauterberg, in una delle
diciassette 'conversazioni' presenti nel volume, pubblicato
anche in inglese, con il titolo Talking Architecture, Interviews
with Architects. Il libro, che si legge molto piacevolmente,
raccoglie una serie di interviste con i protagonisti della scena
mondiale dell'architettura apparse nel corso degli ultimi
anni sulle pagine del noto settimanale tedesco Die Zeit.
Costantemente, da oltre dieci anni, Hanno Rauterberg continua
a dialogare con gli architetti, prestando grande attenzione al dibattito culturale, nazionale
e internazionale, nel campo
dell'arte e dell'architettura.
Worauf wir bauen – con un
gioco di parole, letteralmente "su
quale base costruiamo" – non è il
risultato di un progetto premeditato
ma nasce ovviamente a posteriori,
come ci tiene a sottolineare
Hanno Rauterberg nelle brevi note
della postfazione. Curiosamente,
rileggendo le interviste, l'autore
ha l'impressione suggestiva di un
dialogo a distanza tra i vari interlocutori,
che si sono succeduti di
volta in volta.
Tra i nomi degli architetti
intervistati, in occasione di una
mostra o per l'inaugurazione di
un edificio, scorgiamo molte delle
cosiddette 'archistar', per usare il
neologismo coniato da Gabriella Lo
Ricco e Silvia Micheli.
Da Norman Foster a Frank
Gehry, da Rem Koolhaas a Daniel
Libeskind. L'anglo-irachena Zaha Hadid è l'unica donna,
oltre a Denise Scott Brown, l'autrice in coppia con Robert
Venturi del famoso Learning from Las Vegas. Tra i tedeschi
non potevano mancare Günter Behnisch e Frei Otto accanto
a due numi tutelari dell'architettura moderna, i grandi vecchi
Philip Johnson e Oscar Niemeyer.
I temi delle domande sono, come ovvio, molteplici,
alcuni quesiti ricorrono però più frequentemente di altri.
È il caso per esempio del rapporto tra architetto e potere.
Pensiamo alla Cina di questi ultimi anni e ai grandi incarichi
che hanno impegnato le grandi firme dell'architettura. Lo
stadio per le Olimpiadi di Pechino di Herzog & de Meuron e la
sede della televisione di stato cinese CCTV di Rem Koolhaas
sono due degli esempi più conosciuti, ma anche il progetto
per una nuova città, Lingang vicino Shanghai, dello studio
GMP di Amburgo.
Pungenti le domande, pragmatiche le risposte! Così
Rem Koolhaas a proposito della repressione in Cina e dell'incarico
per la CCTV: "Naturalmente era una questione
morale. Cosa crede? Non sono certo un cinico". Più netta
la posizione di Robert Venturi: "In certi casi un architetto
può anche rinunciare… Noi l'abbiamo fatto. Si trattava di
un progetto molto lucrativo in Medio Oriente… Non volemmo
scendere a patti con i rappresentanti di quel regime".
Il ruolo dell'architettura nella società e la sua capacità
di incidere nelle trasformazioni in atto è un altro dei
grandi temi, da cui scaturiscono posizioni sorprendenti e
molto contrastanti.
Il quasi centenario Oscar Niemeyer confessa il suo
pessimismo: "L'architettura non cambia niente". L'autore
dimostra di non avere timore reverenziale e incalza domandando
non senza provocazione perché, da comunista, non
avesse mai progettato per i poveri abitanti delle favela.
Lasciamo immaginare la risposta.
Le immagini che accompagnano il testo sono poche
ma puntuali. In modo originale le brevi righe con un ritratto
degli architetti precedono ogni intervista e fanno spesso
rivivere l'atmosfera particolare degli incontri. Come quello
con Philip Johnson nel suo studio all'ultimo piano del famoso
Seagram Building progettato da Mies van der Rohe.
L'architettura produce esperienze sensoriali o è spesso
percepita per immagini, Hanno Rauterberg la fa per così dire
parlare, in modo diretto e dando modo ai lettori di scoprire
chi si nasconde dietro le star dell'architettura.
Mai come adesso l'architettura ha goduto di tanta
popolarità. Rauterberg la paragona ironicamente a una
sorta di sport popolare. Il caso Bilbao è emblematico, con
le masse di turisti e visitatori in coda davanti al Guggenheim
Museum di Gehry.
Ma oggi più che mai l'architettura si trova di fronte a
scenari di una complessità enorme, il compito di trovare
soluzioni è a volte proibitivo con i soli strumenti tradizionali
del mestiere. Forse è per questo che Lord Foster consiglia:
"Cari architetti del mondo, per favore non prendetevi troppo
sul serio".
Diciassette star
Worauf Wir Bauen. Begegnungen mit ArchitektenHanno Rauterberg, Prestel, München 2009 (pp. 160, S.I.P.) Il libro, che si legge molto piacevolmente, raccoglie una serie di interviste con i protagonisti della scena mondiale dell'architettura apparse nel corso degli ultimi anni sulle pagine del noto settimanale tedesco Die Zeit.
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- 03 novembre 2009