Massimiliano Fuksas

“La mia architettura si può definire interstiziale (…). Non sono mai appartenuto a grandi movimenti, a grandi schieramenti di pensiero. Ho sempre vissuto in una forma di spazio ritagliato per me” (Massimiliano Fuksas, 2011)  

Massimiliano Fuksas. Foto © Mario Ermoli. Da Domus 945, marzo 2011

Massimiliano Fuksas (Roma, 1944) è uno dei massimi progettisti italiani e mondiali degli ultimi decenni. Architetto di formazione, la sua attività spazia anche nei campi della progettazione urbana e del design.

Si laurea in Architettura nel 1969 all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, con relatore Ludovico Quaroni. Nello stesso periodo si avvicina a Bruno Zevi, che sarà un riferimento culturale importante per i primi anni della sua carriera. Da Zevi, Fuksas eredita soprattutto un approccio all’architettura eclettico, postmoderno perché privo di apriori.

Lo testimoniano le sue prime esperienze lavorative: collabora con Archigram nel Regno Unito, e in Danimarca con Henning Larsen e Jørn Utzon, partecipando alla concezione del progetto per la Sidney Opera House. Nella complessità del curriculum di Fuksas si legge un’insofferenza sia contro i dogmi dell’accademia italiana dell’epoca, sia contro l’architettura disegnata, ma raramente costruita, della Tendenza.

Nel 1967 apre il suo primo studio, Granma, associandosi con la moglie Anna Maria Sacconi. La loro collaborazione dura per poco più di due decenni, durante i quali lavorano soprattutto nell’Italia centrale: tra i loro progetti più conosciuti, il Palazzetto dello sport di Sassocorvaro (1970), nelle Marche, la Palestra di Paliano (1979-1985), nel Lazio, e il Municipio di Cassino (1985-1990).

In questo momento iniziale del suo percorso professionale, Fuksas si dimostra vicino alla sensibilità delle avanguardie dell’epoca, oltre che alla nascente corrente decostruttivista. Sono questi gli echi che si leggono nella spettacolare e inquietante facciata della palestra, allontanata dal volume edilizio, inclinata e parzialmente annegata nel suolo. Sempre in questo edificio, si manifesta con chiarezza quella tensione verso una concezione “cinematografica” dell’architettura, che resterà una costante nell’opera di Fuksas.

La pubblicazione del progetto di Paliano su L’Architecture d’Aujourd’hui, la principale rivista d’architettura francese, costruisce un primo legame con la critica e il pubblico transalpino, confermato dalla partecipazione di Fuksas alla Biennale di Parigi del 1992, su invito di Patrice Goulet, e dalla mostra monografica Haute tension, che gli dedica nello stesso anno l’Institut Français d’Architecture della capitale.

Inizia a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 la seconda fase della carriera di Fuksas, che nel 1988 scioglie Granma e nel 1989 fonda, con la seconda moglie Doriana O. Mandrelli, Studio Fuksas, con sede principale a Parigi (nel 2020 sono attivi anche gli uffici di Shenzhen e di Roma).

Il trasferimento in Francia corrisponde a un moltiplicarsi delle occasioni e a una parallela evoluzione stilistica. Fuksas si allontana dalle fascinazioni postmoderne e decostruttiviste dei suoi primi progetti, e sviluppa un approccio maggiormente scultoreo all’oggetto architettonico. Il risultato finale si vuole talvolta semplificato, come nel Centro Culturale e Mediateca di Rèze (1986-1991), talvolta più composito, come nell’Îlot Candie Saint-Bernard di Parigi (1987-1996), o ancora sintetico ed evocativo, come nel portale d’ingresso alle grotte del Museo dei graffiti di Niaux (1989-1993).

Nel corso degli anni ’90 Fuksas diventa rapidamente uno dei principali sostenitori di un’architettura concepita digitalmente, attraverso i software di progettazione parametrica, e rappresentata digitalmente, attraverso la sua renderizzazione. Questa evoluzione si traduce in un’ulteriore diversificazione delle forme e dei materiali dei suoi progetti.

Le facciate in vetro serigrafato e le coperture in rete metallica del centro commerciale Europark 1 di Salisburgo (1994-1997) sono per molti versi anticipatrici di questa traiettoria verso un sempre più spinto “eclettismo digitale”, confermata da alcuni progetti del decennio successivo, come le “bolle” ellissoidali dell’Auditorium e centro di ricerca Nardini di Bassano del Grappa (2002-2004).

Edifici come il complesso Vienna Twin Tower (1999-2001), la Sede operativa e centro ricerche Ferrari di Maranello (2002-2004) e la Fiera di Milano Rho (2003-2005), invece, dimostrano la capacità di Fuksas di farsi interprete di un International Style contemporaneo meno connotato formalmente, seppur non privo di elementi di originalità.

Grand Prix de l’Architecture nel 1997, con la curatela di Less Aesthetics, More Ethics, la 7° Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, nel 2000, e con la monografia Caos sublime (Rizzoli, 2001), Fuksas si posiziona con chiarezza all’interno della cultura architettonica mondiale, sottolineando la necessità di un confronto più serrato con la complessità del reale, anche a discapito di preoccupazioni di natura formale.

Nell’ultimo decennio, Fuksas intensifica la sua attività di designer (per marchi come Alessi, Poltrona Frau, Guzzini, FIAM), mentre si amplia la scala dei suoi progetti architettonici e urbani: tra i più rappresentativi si segnalano l’aeroporto di Shenzhen-Bao’an (2008-2013), “La Nuvola”, centro congressi al quartiere EUR di Roma, inaugurata nel 2016, e il Grattacielo delle Regione Piemonte, a Torino, la cui apertura è prevista per il 2021.

Nelle parole di Luca Molinari:

La Biennale di Venezia del 2000, diretta dall’architetto italiano Massimiliano Fuksas, diventa forse uno dei momenti più interessanti in cui la cultura digitale, sguardo sui nuovi paesaggi metropolitani e architettura s’incontrano, stabilendo una consacrazione pubblica di questo fenomeno, e ponendo insieme un serio interrogativo sulla relazione tra queste culture e i suoi possibili risvolti formali.
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