Stefano Marzano

Un modo di produrre valore

Una riflessione sul rapporto tra design e industria, dove l’equilibrio tra etica e mercato rappresenta una delle più importanti sfide presenti e future, dall’Europa al resto del mondo.

Questo articolo è stato pubblicato in origine, in versione integrale, su Domus 975 / dicembre 2013

 

Sono convinto che le grandi trasformazioni non siano più il risultato dell’azione di un’azienda o di un istituto o di un’organizzazione, quanto di un sistema, le cui parti costituenti raggiungono una convergenza di visioni: un sistema che opera per fare in modo che queste visioni convergenti si trasformino in progetti concreti e abbiano delle ricadute positive sulle attività e i profitti di tutti coloro che vi prendono parte.

Per questo motivo, giudico positivamente le esperienze che ho vissuto dall’inizio degli anni Novanta sino alla fine del 2011 alla guida del Philips Design Center, e poi in Electrolux. Progetti come Vision of the Future, Television at the Crossroads, Workshop, New Nomads, La casa prossima futura, City People Light, Next Simplicity, Philanthropy by Design e molti altri realizzati da Philips Design coinvolgendo aziende come Olivetti, NIKE, LEVI’s, Zegna, Cappellini, Renault – oltre alle pianificazioni urbane di molte metropoli globali e organizzazioni non profit – hanno creato un assetto di catalisi e hanno affrontato le domande progettuali e di ricerca di allora e di oggi non soltanto all’interno della nostra organizzazione ma di ecosistemi costituiti dagli attori delle trasformazioni sistemiche possibili.

Questi progetti hanno dimostrato come il lavoro sulle visioni – che di per sé pongono delle domande sulla tecnologia, sui comportamenti degli individui e della società, sui modelli culturali e sui comportamenti politici – abbia saputo trasformarsi concretamente in una rappresentazione della realtà possibile, e quindi dare rappresentazione anche ai possibili effetti e vantaggi delle convergenze di cui parlavo.

Non tutte le visioni hanno avuto un seguito e tanto meno si sono confermate in un futuro: quello che conta è capire che cosa rappresenta nell’immaginario collettivo la qualità della vita, che cosa la tecnologia è in grado di generare come risposta a questo desiderio. La tecnologia può fare molto, ma non tutto quello che può fare porta benefici. Nella necessità di avere cura del nostro ambiente e delle risorse che abbiamo c’è una nuova responsabilità. Il design gioca un ruolo importante in questo frangente, può essere uno strumento fondamentale per soddisfare i nostri bisogni e i desideri legati all’habitat e alla qualità del vivere. Quando il design veniva fatto dagli architetti, perché non esisteva una formazione specifica, c’era un’integrazione quasi naturale del pensiero dell’architettura con quello del design, come in un grande insieme progettuale di macro e micro che s’integravano tra loro.

La tecnologia può fare molto, ma non tutto quello che può fare porta benefici

Le industrie di prodotti, l’architettura e l’artigianato si muovono oggi in modo settoriale, su canali che hanno difficoltà a incontrarsi, diversamente da quanto avveniva in passato quando l’incontro tra operatori delle varie discipline era integrato e generava sinergie in modo naturale. Questa separazione fa in modo che il cambiamento abbia un carattere incrementale all’interno dei settori distinti, piuttosto che di trasformazione radicale e trasversale fra i settori e i loro ecosistemi. In passato, si è spesso commentato quanto il ruolo di alcuni architetti e designer fosse vicino a quello dei filosofi perché fondamentalmente hanno parlato del vivere e si sono posti, e hanno posto, delle domande critiche e riflessive proprio nei confronti del modo in cui l’industria, i mercati, i sistemi finanziari e la politica si sono sviluppati nell’ultimo secolo. Si sono chiesti, insomma, se le direzioni intraprese fossero giuste o meno. Ecco, questo è forse quello che si è perduto, anche se si è guadagnato molto nello sviluppo di profili specializzati.

Credo che questo sia anche il ruolo della politica, che dovrebbe operare per conseguire una visione di sviluppo economico e risolvere le sfide che si stanno generando.

L’Europa potrebbe giocare un ruolo estremamente importante nell’innovazione del sistema di produzione di prodotti e servizi, se fosse in grado di prendere nuovamente una posizione di leadership culturale e intellettuale, capace di condurre a un Nuovo Rinascimento che mettesse in atto un processo di revisione del secolo scorso da un punto di vista di industrializzazione, consumo, finanza e politica e facesse il punto su dove tutto ciò ci ha portato. Basti pensare all’industria del cibo e alla situazione drammatica che viviamo oggi, ai problemi legati alla qualità del cibo e ai modelli comportamentali che hanno portato a malattie croniche come l’obesità, al prevalere di criteri di merito legati alla quantità più che alla qualità: è il momento di fermarsi a riflettere e di fare un’opera di revisione che porti a reindirizzare lo sviluppo della tecnologia e la sua applicazione, oltre che a riconoscerla come strumento per conseguire una qualità di vita sostenibile.

L’Europa potrebbe giocare un ruolo estremamente importante nell’innovazione del sistema di produzione di prodotti e servizi

L’habitat ha un ruolo fondamentale sotto questo profilo. L’architettura deve essere ripensata come la madre dell’integrazione delle nuove tecnologie che sono emerse e del processo che porta alla loro razionalizzazione, con un aumento dei benefici. Basti pensare a come la casa vittoriana avesse un camino o una stufa in ogni stanza, mentre oggi c’è il riscaldamento centralizzato e integrato nelle strutture architettoniche – il calore invisibile. Lo stesso principio si potrebbe applicare alla refrigerazione come al condizionamento. Oggi potremmo pensare a preservare il cibo in modo differenziato e ubiquo, a diffondere la refrigerazione centralizzata all’interno della casa in ogni stanza e relativamente ai bisogni delle attività svolte in esse. Lo stesso vale per tutto ciò che ha a che vedere con la connettività, la capacità di sfruttare le energie che sono generate dai diversi prodotti e usarle con un risultato sinergico positivo.

La connettività dà la possibilità di utilizzare l’energia in modo più adeguato ed economico, ma è solo uno dei fattori che possono dare inizio a un processo di trasformazione che può avere un impatto radicale sulla sostenibilità nel prossimo futuro. Questa situazione è paragonabile a quella in cui si è trovata l’industria dell’automobile quando si pensava di utilizzare un’energia propulsiva diversa, l’elettricità. C’è la necessità di una trasformazione sistemica nella quale l’industria, per trasformarsi, non debba essere l’unica a dover pagare il prezzo: deve essere il sistema a facilitare l’industria in questo processo. Ecco perché parlo anche di politica: perché si tratta di mettere in atto tutti insieme un processo di civilizzazione e sostenibilità. E ci sono oggi delle iniziative che si stanno ponendo il problema della formazione di una leadership creativa della sostenibilità: la possibilità di avere una visione filosofica e politica di un processo di trasformazione che porti con sé una crescita profittevole.

È importante uscire dalla logica perversa che porta ad adottare la soluzione più conveniente e meno rischiosa sviluppata sul breve termine, generata dal sistema che regolamenta il mondo dell’economia e della finanza, che ha messo le catene a quasi tutte le aziende quotate perché ne premia i risultati trimestre per trimestre; questa logica fa in modo di non premiare il pensiero di trasformazione sistemica.

L’Europa potrebbe giocare un ruolo attivo per valorizzare l’impegno dell’industria su medio e lungo termine come valore economico, e rivedere i parametri di giudizio per cui oggi un’azienda viene premiata oppure messa in una posizione estremamente negativa sul mercato, creando così delle percezioni sbagliate e alimentando un sistema di valori sbagliato. Sappiamo quanto la crisi economica sia anche un fattore generato proprio dalle percezioni comuni e dalla loro influenza sui nostri comportamenti e sulle nostre decisioni. A noi, quindi, pensare futuri migliori, agire e decidere.  

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