Bryan Finoki

Double Zero

Ovvero come rendere ecocompatibile il segreto di Stato.

Qualche giorno fa un curioso dossier ha attirato la mia attenzione. Pubblicato sul sito web Infinileaks – uno degli innumerevoli gruppi antisegretezza che sono germogliati sull’onda dell’epoca di Julian Assange – i cosiddetti documenti illustrano il progetto di una Sede segreta del Comando Sicurezza informatica del Dipartimento della Sicurezza interna.

Così top secret, in realtà, da essere stato redatto, a quanto si dice, all'insaputa del presidente Obama. E, fatto abbastanza interessante, fa anche riferimento a un concorso di progettazione architettonica attualmente in corso di svolgimento, promosso in collaborazione dalla General Services Administration (GSA) [l'agenzia federale degli USA che fornisce spazi, attrezzature e servizi alle altre agenzie pubbliche, N.d.T.] e da Metropolis Magazine. Lo scopo di "Next Generation 2011" è "individuare un normale palazzo per uffici della GSA a Los Angeles e, grazie all'impiego di un'immensa quantità di competenze e di energie creative, ottenere un impatto ambientale zero".

Quello che viene alla luce da questi documenti è il comportamento di un ristretto numero di funzionari di "altissimo livello nella sicurezza nazionale" che avrebbero agito autonomamente incaricando un gruppo segreto di progettare un "Centro integrato di guerra dell'informazione". L'obiettivo, a quanto si afferma, è "favorire la creazione di un genere differente di scenario operativo della segretezza", in grado di "operare indipendentemente dall'infrastruttura critica dell'intelligence istituzionale rimanendo inosservato".

Però. Proprio roba da spioni. Dicono gli analisti che i file riservati rivelano che un piccolo gruppo di membri scontenti del National Cybersecurity Center (NCSC), tenuti in poco conto dal Department of Homeland Security (DHS, il dipartimento statunitense della sicurezza interna), e della National Security Agency (NSA) hanno collaborato in segreto a delineare l'istituzione di un "bunker paraistituzionale clandestino per la guerra dell'informazione", ovvero di quello che Infinileaks ha definito un potenziale "sito clandestino proprio sotto il naso del governo". Il che non solo solleva nuove allarmanti riflessioni sul grado di dissenso che persiste all'interno dei massimi gradi della sicurezza nazionale, ma proietta sull'"architettura verde" l'inquietante sospetto di avere un ruolo nella mimetizzazione delle operazioni segrete.

Nei loro messaggi i membri di questo gruppo di funzionari infedeli citano, considerandolo un "esperimento di guerra criptospaziale", il concorso di progettazione Next Gen. 2011 come una fonte di ispirazione, che mira a incoraggiare i progettisti a immaginare il loro "progetto ombra". Tra i requisiti relativi alla segretezza si parla di "una superiore forma di architettura invisibile" in grado di operare "senza (o quasi) alcuna traccia ambientale riconoscibile". Si esprime la richiesta di "uno spazio che – in determinati momenti – possa essere 'messo in sonno' senza essere notato, pur restando esposto alla vista del pubblico, ma in cui la segretezza continui a svilupparsi al meglio in quanto metodo d'azione e pratica intrinseca". Come dire, una "segretopia"? Ma aspettate, c'è di meglio.

"Siamo alla ricerca di un modo nuovo di gestire le operazioni e la catena di comando che riguardano i dati riservati", dice il documento. Allo scopo di garantire alla sicurezza "la libertà d'azione necessaria per manovrare sia sul terreno urbano sia su quello dello spazio cibernetico", uno degli obiettivi "è la realizzazione di un edificio privo di tracce tecniche della sua esistenza: un'architettura a riconoscibilità ZERO". Tra gli altri obiettivi "nuove mimetizzazioni per gli apparati d'archiviazione, scambio e distribuzione delle informazioni" e "un'integrazione dello spazio informatico che utilizzi la natura come potenziale interfaccia". Il documento segreto cita anche "un sito di acquartieramento flessibile atto alla trasformazione della segretezza in un'arma"; e, più essenzialmente, la realizzazione di "una logica spaziale progettata per la sopravvivenza della segretezza stessa al di là degli espedienti del controllo umano" – ma solo in quanto "ordinaria condizione di segretezza in caso di inefficienza del governo".

I documenti di Infinileaks consistono soprattutto in trascrizioni di promemoria audioregistrati scambiati tra funzionari statali e progettisti, e in enunciazioni di requisiti di progetto che, a detta del gruppo, rivelano "una spiccata concezione della segretezza come una specie di forma ricombinante destinata a imbrigliare energia". In un promemoria il gruppo di progetto parla di contrastare la cultura degli attivisti anti-segretezza con una "nuova controcultura di segretezza resiliente", integrata a differenti livelli strategici nella forma dell'edificio. Affermano di pensare a "un edificio che coniughi i più alti livelli di progetto ecocompatibile con lo sviluppo tecnologico di un'organizzazione spaziale della segretezza di ordine superiore"; immaginano, secondo quanto si dice abbia affermato un progettista, "l'architettura della segretezza sostenibile".

Nel suo aspetto più visibile la segretezza potrebbe essere presentata al pubblico come un tipo particolare di impostazione verde, argomentano i progettisti. La legittimità della segretezza in quanto necessità politica, affermano, "verrebbe concretamente ricondotta all'ordinaria amministrazione dalla capacità di trasformare le attività correnti della segretezza in un modo strumentale di produzione dell'energia [...] il consumo di segretezza sarebbe un modo di dare energia sostenibile allo Stato.", sostengono i progettisti. "La democrazia funzionerebbe sulla base di una dieta organica di segretezza partecipata. Il che, oltre a diminuire le emissioni di carbonio delle consuetudini di segretezza dell'industria e a ridurre significativamente l'obesità burocratica, farebbe sì che la segretezza acquisisse un ruolo di difesa di primo piano molto più accettabile dal pubblico".

Per cercare di capire il senso complessivo della questione, a quanto pare sarebbe l'edificio stesso a costituire la prima vera e propria "fattoria della segretezza" del mondo, a quanto dicono, che utilizzerebbe un ubertoso paesaggio esterno – una "criptoagricoltura", come la chiamano loro – dall'"innovativa ingegneria biomorfica" in cui a quanto pare "ambienti temporanei plurifunzionali crescerebbero per poi scomparire". Roba da matti? Sentite qua: tramite applicazioni avanzate di "fotocriptogenica" i segreti industriali "sarebbero codificati in modo sicuro in vari schemi e processi della natura stessa", arrivando magari a creare una "nuova frontiera del food design"! Un giorno ci mangeremo tutti quanti le prove della corruzione del governo?

E come se il tutto non fosse abbastanza assurdo i progettisti hanno anche elaborato una "tassonomia della segretezza" che "indicizza l'orticultura sperimentale" e "fonde la criptatura dei dati con forme ibride di architettura del paesaggio". Oltre a queste elucubrazioni, a quanto affermano, "la segretezza politica non è progettata solo per essere verdeggiante e bella, ma in ultima analisi per agire come una specie di potenziale turbina per la produzione di energia geopolitica".

Se il piano va preso sul serio stiamo parlando di un'architettura che diffonderebbe una nuova ecologia della segretezza nascondendo il suo potere alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti, in lussureggianti giardini all'aperto e in gradevoli parchi urbani collocati intorno all'edificio vero e proprio, o che forse lo ingloberebbero completamente.

Cito ancora dai promemoria: "I segreti stessi della segretezza sarebbero conservati nei nuovi semi e nei germogli di una flora ibrida tra naturale e artificiale, che si svilupperebbe tra interno ed esterno dell'oasi periferica dell'edificio. L'interno dell'edificio sarebbe un labirintico laboratorio botanico illuminato da un complesso e interconnesso gioco di specchi, che catturerebbe e ridistribuirebbe la luce solare attraverso il colore delle facciate. Il tessuto interno sarebbe fatto di spazi riconfigurabili di lavoro comune per gente dello spionaggio, hacker, architetti paesaggisti, specialisti di informatica giudiziaria e agricoltori futuristi.

Tra le altre caratteristiche del progetto i "giardini pensili segreti", un "rivestimento pieghevole di pannelli solari sovrapposti come tegole che incurva la luce intorno alla massa architettonica dando allo spazio l'illusione dell'invisibilità", "ambienti che si dissolvono da soli", "cannoni per sementi destinati al trasferimento di dati segreti e al dispiegamento spaziale", un vivaio di alberi per la conversione aria-acqua".

Si dice che un funzionario abbia affermato che il piano costituisce "un'impostazione profondamente innovativa della gestione delle esigenze industriali, spaziali e criptologiche della necessità politica, oggi profondamente radicata, dell'esercizio della segretezza istituzionale e del più generale compito di normalizzare la segretezza per tutelarla dall'occhio del grande pubblico".

Forse ancor più rivelatori sono i passaggi tratti da una supposta conversazione tra funzionari che vantano apertamente la loro capacità di realizzare "la sede istituzionale più architettonicamente avanzata" e "autonoma dal punto di vista della segretezza che sia mai stata concepita". Uno dei progettisti del centro a quanto si dice ha affermato che il progetto non avrebbe solo "rivoluzionato l'industria del segreto di Stato" pur "garantendo l'illusione di una democrazia trasparente", ma che "abbiamo progettato un edificio che, in teoria, potrebbe operare assolutamente in parallelo, e perfino in contrasto, con le intenzioni del Presidente, qualora esigenze di sicurezza lo imponessero".

Il progetto è stato battezzato Double Zero ("Doppio zero") perché non cerca solo di creare l'illusione dell'impatto ambientale zero, ma userebbe lo "zero" per creare l'illusione della trasparenza dell'apparato istituzionale. Si tratta, per l'insieme delle intenzioni e degli scopi, di una forma lenticolare di violenza politica, non solo come strumento bellico ma, come ha sottolineato un commentatore, come "estensione della guerra stessa". È la guerra condotta attraverso il più verde dei metodi architettonici.

Ma il primato assoluto va a un funzionario che avrebbe affermato, probabilmente scherzando solo a metà: "Mandate una rosa alla First Lady, non avrà la minima idea di quale intrigo politico in realtà stia annusando".

Bryan Finoki è autore di Subtopia: A Field Guide to Military Urbanism (http://subtopia.blogspot.com/), un blog che analizza le strategie spaziali nel contesto della guerra permanente e della sicurezza quotidiana. La sua esperienza di scrittura creativa, di arte, di psicologia e di politica gli permette di tenere conferenze a livello internazionale. È professore associato presso la Woodbury University's School of Architecture di San Diego, in California. Ha pubblicato interventi su vari periodici e pubblicazioni in materia di politica dello spazio, ed è socio fondatore del #DEMILIT Collective, gruppo alternativo che si dedica alla "decodifica dei paesaggi militari".

Articoli più recenti

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram