Scorri il feed, stanco, forse un po’ assuefatto. Immagini patinate, micro-story identiche, trend che evaporano nel giro di un pomeriggio. Poi, d’un tratto, qualcosa si muove ai margini del prevedibile: un volto quasi umano si deforma come fosse liquido, un braccio cresce dove non dovrebbe, un’entità indefinibile lampeggia nella timeline. È strano, disturbante, ma impossibile da ignorare. È un’opera di Fullwarp, uno dei creatori più emblematici dell’era in cui l’immaginazione artificiale non è più futuro, ma infrastruttura culturale del presente. Dietro l’estetica disturbante che ha catturato oltre 240 mila follower, c’è un ragazzo di 23 anni che descrive il proprio lavoro con candida semplicità: "Fullwarp è solo una pagina che ho iniziato perché volevo imparare a fare video AI". La sua pratica nasce da un’ossessione, più che da un progetto: "tendo a fissarmi su una cosa alla volta, e quest’anno è stata l’AI". E in questa ossessione c’è già il primo indizio di ciò che rende la sua opera rappresentativa: una sintonia profonda con la logica algoritmica di focus, variazioni iterative, sperimentazione continua.
L’AI sta riscrivendo l’estetica dei social e Fullwarp è il suo profeta
Nel flusso dei feed, i video disturbanti di Fullwarp incrinano il prevedibile: volti liquidi, corpi mutati, visioni sintetiche che rivelano come l’immaginazione artificiale sia ormai una forza del presente.
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- Laura Cocciolillo
- 03 dicembre 2025
Prima dei video, però, c’era la musica. È significativo che la sua svolta verso le immagini sintetiche avvenga in un momento che coincide con un cambiamento epocale nella tecnologia generativa: "il punto di svolta è stato alla fine del 2024, quando ho visto il miglioramento improvviso dell’AI video. Sembrava divertente e ho deciso di immergermi". Il gesto del sampling, che guidava le sue tracce musicali, sopravvive nella sua pratica visiva: "lo facevo nella musica, e ora lo faccio con i video". La logica è la stessa: prendere frammenti, vibrazioni, memorie – dell’umano e del digitale – e ricombinarle in qualcosa di perturbante e familiare allo stesso tempo.
Nei miei video c’è sempre un senso di intrusione, come se l’inconscio — umano o artificiale — filtrasse per un secondo attraverso la superficie pulita dei social media.
Fullwarp
Quel perturbante è il suo marchio. Non un horror esplicito, ma un “inquieto quotidiano” che si insinua tra un reel motivazionale e un video di cucina. "Ho sempre amato quell’estetica", dice. "La maggior parte delle persone non è abituata a vederla, può prenderle di sorpresa". Nei suoi video c’è un senso di intrusione: come se l’inconscio, umano o artificiale, filtrasse per un secondo attraverso la superficie pulita dei social media. Lui stesso ammette che l'origine non è semplice da spiegare: "credo sia una combinazione di esperienze di vita e media che ho consumato e che affondano nell’inconscio". Curioso, poi, il dettaglio che sovverte le aspettative su di lui: "non ho così tanta esperienza con i film di body horror". Il suo immaginario non è la citazione diretta di un genere, ma qualcosa di più profondo: un amalgama di cultura digitale, estetiche glitch, memi visivi, traumi soft e fantasie post-umane.
Il successo arrivato in pochi mesi apre una domanda centrale nelle dinamiche contemporanee: perché questi contenuti colpiscono così tanto? La sua risposta è sorprendentemente poco strategica: "cerco sempre di fare ciò che è divertente per me… spero di aver raccolto un pubblico con gusti simili ai miei". La viralità, dunque, non come obiettivo ma come effetto collaterale di un allineamento estetico tra creatore, algoritmo e comunità.
Non mi sono mai visto come un artista… è più un hobby giocoso. Però negli ultimi mesi alcuni miei lavori sono stati esposti in un festival, e questo passaggio dal reel allo spazio espositivo mi ha fatto riflettere.
Fullwarp
C’è poi il nodo dell’arte. Una domanda inevitabile per chi, come Fullwarp, produce opere che sfuggono alle categorie tradizionali ma generano un impatto culturale evidente. Lui mantiene una distanza ironica dal concetto di “artista”: "non mi sono mai visto come un artista… è più un hobby giocoso". Tuttavia, la realtà lo contraddice: "Alcuni miei lavori sono stati mostrati recentemente al festival OFF Bratislava". Il passaggio dal reel allo spazio espositivo è un sintomo del periodo storico: ciò che nasce come contenuto effimero diventa oggetto curatoriale, e la linea tra intrattenimento e arte si dissolve nel flusso dell’ibridazione tecnologica.
In fondo, Fullwarp rappresenta una nuova tipologia di creatore: uno che non usa l’AI come strumento, ma si lascia trasformare da essa. I suoi video sono frammenti di un immaginario collettivo che l’intelligenza artificiale porta in superficie, un’estetica che prende la forma di glitch emotivi dentro il continuum del doomscrolling. Sono segnali di una cultura in cui il sintetico non è più un’eccezione, ma una lingua madre emergente. E Fullwarp, nel suo modo così apparentemente casuale, è uno dei primi a saperla parlare.
Tutte le immagini: Instagram / @fullwarp