Fenomeno Mendini

26 modelli in mostra alla Triennale e una performance teatrale diretta da Antonio Syxty offrono molteplici ipotesi di lettura del sistema visivo mendiniano.

Poche persone hanno la capacità d’intercettare e di condizionare lo spirito del proprio tempo come Alessandro Mendini. Da diversi decenni è autorevole e provocatorio riferimento – in modo diretto o indiretto, per affinità o per contrasto – della riflessione e della produzione creativa internazionale: dal design all’editoria, dalla moda alla grafica, dall’architettura all’arte. Dalla metà degli anni Sessanta capta infatti con sensibilissime antenne gli umori del tempo e li traduce, con ensemble variabili, nei tasselli di una personalissima piccola cosmogonia portatile: una “riscrittura” – caleidoscopica, ironica, programmaticamente frammentaria – dell’universo conformato dall’azione umana.

Atelier Mendini, Le Architetture, vista dell'esposizione, Triennale, Fuorisalone 2018
Atelier Mendini, Le Architetture, modello del Groninger Museum, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello della Triennale, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello del Mobel Meyer, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello del polo natatorio Trieste, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello del polo natatorio Trieste, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello del polo natatorio Trieste, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello del Teatro dei Burattini, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello della torre Suncheon bay, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello della torre Suncheon bay, Triennale, Fuorisalone 2018.
Atelier Mendini, Le Architetture, modello della Triennale, Triennale, Fuorisalone 2018.

Una “riscrittura” che si esplicita sub specie di un pulviscolo estetico depositato sul mondo, come nella lettura attenta delle relazioni tra le entità, gli oggetti, i prodotti, gli autori, fino a tradurli in sistema: di volta in volta, un’architettura, una famiglia di oggetti, un catalogo di prodotti, un progetto editoriale… Ogni capitolo del racconto è affrontato con la consapevolezza delle dinamiche temporali connesse alla parabola del gusto: veloce per la moda, media per il design, lenta per l’architettura. Ogni progetto è radicato nel proprio tempo, ma dal tempo si stacca, a sottolineare la propria qualità. Una qualità dunque inattuale, secondo le parole di Mendini, espressione di uno scarto, e scaturita da un “tempo ciclico”, vale a dire dal “ritorno e riflusso d’idee lontane e dall’intreccio stellare di molti e diversi contributi”: è questo l’apporto di Alchimia e degli innumerevoli gruppi di lavoro creati e ricomposti, di progetto in progetto, fino e oltre la costituzione dell’Atelier, che da bottega rinascimentale si è trasformato in imprescindibile partner. Ne risultano “spezzoni di un sistema visivo” nel quale convivono a scala (in)differente passato e futuro, artigianato e industria, citazioni raffinate e ed elogio del banale, in eclettica convivenza. Anche l’architettura gioca a pieno titolo in questo sistema: ma come fenomeno squisitamente espressionista, scaturito “dall’impossibilità di proporre, oggi, significati e ruoli urbani”. Al pari di oggetti, arredi e superfici si offre come supporto tridimensionale su cui riversare quei “frammenti dell’immaginario contemporaneo” elaborato sotto forma di segni, colori, immagini, elementi decorativi, sempre simili, ma sempre diversi.

“Atelier Mendini. Le Architetture”. Teatro dei burattini, Triennale di Milano, 2018

Una mostra alla Triennale di Milano ci presenta l’occasione per conoscere meglio questo aspetto importante del sistema visivo mendiniano: “Abet Laminati. Atelier Mendini. Le Architetture”, curata da Aldo Colonetti, presenta sotto forma di modelli 26 progetti degli oltre 130 elaborati da Alessandro e Francesco Mendini, gran parte dei quali insieme all’Atelier. Una mostra solo in apparenza semplice, che offre molteplici ipotesi di lettura. Integrata da disegni, fotografie e video, consente innanzi tutto di apprezzare la varietà delle architetture accomunate dalla ricerca sui colori e dal gioco delle superfici, grazie anche al ricco catalogo (su progetto grafico dello Studio Sonnoli), e all’appassionata lettura di Peter Weiss. In alcuni casi, come nel notissimo Museo di Groningen o nei più recenti interventi a Trieste (Polo Natatorio Bruno Bianchi) o a Milano (Teatro dei Burattini nel giardino della Triennale) la ricerca dell’Atelier si riversa in rivestimenti e finiture consentiti dalle “agnostiche qualità” di un materiale che ha svolto un ruolo determinante nell’affermazione dei linguaggi espressivi di gruppi innovatori come Alchimia e Memphis: il laminato. L’esposizione sottolinea quindi la lunga collaborazione con Abet Laminati, l’azienda produttrice di Bra, permettendo di apprezzare anche l’evoluzione dei decori e delle tecniche di produzione.
Ma l’aspetto forse più intrigante della mostra, che ha come fulcro visivo la cupola del Museo Universale per Documenta 8 a Kassel, sta nei modelli stessi: non riduzioni di architetture pensate per un altrove in grande scala, ma, come sottolinea Francesco Mendini, “spezzoni di backstage accompagnati sulla scena”, progetti autonomi concepiti idealmente in reciproco rapporto scultoreo, in un’imprevedibile successione temporale.  

Fig2. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig1. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig3. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig4. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig5. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig6. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig7. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig8. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig9. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig10. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig11. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi
Fig12. Foto della performance teatrale “Architettura addio”, Antonio Syxtydi

“Sono un progettista che applica all’architettura e al design certi metodi tipici del comportamento dell’artista; e viceversa, sono un pittore che per dipingere usa certi metodi tipici del progetto”. Ce l’ha ricordato di recente il regista Antonio Syxty, in una performance teatrale di oltre tre ore (articolata in due serate) “Architettura addio”, che distilla i testi dall’imponente produzione teorica di Alessandro Mendini. Chi si aspettasse  una evocazione on stage della magia visuale irridente e variopinta evocata dalla Poltrona di Proust in locandina; o l’apparizione  dello stesso AM in veste d’ironico arlecchino, o ram-Mendino – come fece nel 2006 per il divertissement di Italo Rota e Fabio Novembre “Waiting for Go.”, sarebbe in errore. Sei giovani, tre uomini e tre donne, guidati da Susanna Baccari in una coreografia costituita da un ambiente comportamentale, recitano brani tratti da suoi scritti. Sulla scena, introdotte dal Silence di John Cage, scorrono immagini sgranate in bianco e nero, dettagli dei corpi in movimento dei performer, piccoli gesti compulsivo ossessivi che alludono al “robot sentimentale” e al “corpo innaturale”. Lavorando sulla parola, Syxty restituisce un’immagine concettuale, sorprendentemente aniconica, che restituisce la forza visionaria e corrosiva ai testi di Mendini.

È prevista la riedizione della performance come evento Fuorisalone in occasione del Salone Internazionale del Mobile 2018, sabato 21 aprile presso l’Aula Magna dell’Università Statale degli Studi di Milano, con la presenza di Alessandro Mendini e Antonio Syxty.

  • Atelier Mendini. Le Architetture
  • Aldo Colonetti
  • Abet Laminati
  • 12 aprile – 6 maggio 2018
  • Triennale di Milano
  • viale Alemagna 6, Milano