Happy together: l’utopia dell’edilizia per il tempo libero comunitario

La socialità è un elemento imprescindibile per le comunità umane. Ma come si progetta il vivere assieme? Dall’archivio di Domus, una rassegna di progetti su uno dei temi protagonisti del prossimo domusforum del 24 novembre. 

Complici l’aumento della fruizione individuale dell’intrattenimento, dal cinema in streaming allo sport vissuto dal divano, e le ferite psicologiche lasciate dalla pandemia, socialità e collettività oggi non vanno necessariamente a braccetto.

Eppure ci sono stati anni in cui questi due concetti erano visti come inscindibili, tanto da pensarli come parte integrante di progetti edilizi ambiziosi.  

In Italia la rivoluzione industriale già aveva offerto primi esempi di urbanistica inclusiva dal punto di vista dei servizi sociali – ne sono esempi il Villagio Leumann di Collegno, Torino, e l’indotto generato dalla Lanerossi a Schio, Vicenza –, ma è soprattutto con il boom economico che questi modelli si sviluppano, dialogando con psicologia e la politica. È il caso per esempio di INA-Casa. 

La fascinazione per la creazione di quartieri autonomi trovava terreno fertile nell’espansione urbana, rappresentata dai nuovi “quartieri dormitorio”. Al loro interno, lo sviluppo verticale dell’edilizia si rifletteva anche nella visione di un tempo libero da vivere insieme, che coinvolgeva famiglie di migranti – soprattutto in quegli anni da Sud a Nord – per cui progettare servizi e passatempi site-specific.  

Il progetto di Enrico Castiglioni per la chiesa di Sant'Anna, Busto Arsizio.. Foto: Domus 403, Giugno 1963.
Enrico Castiglioni, con il progetto per la chiesa di Sant'Anna, concepisce l'altare come simbolico elemento di aggregazione per la comunità di un villaggio INA-Casa di Busto Arsizio, Milano. Foto: Domus 403, Giugno 1963.

“Ogni cura è rivolta a iniziare una vita comune che riunisca questi gruppi famigliari sradicati dal loro ambiente naturale,” così scriveva Enrico Castiglioni su Domus 403 in merito al suo progetto (mai portato a compimento) per la chiesa di Sant’Anna, pensata per un quartiere operaio INA-Casa da tremila persone a Busto Arsizio.  

Se “per Sant’Anna l’elemento generatore dello spazio è il titolo della comunità riunita intorno all’altare,” si può dire più o meno lo stesso, ma in versione laica, del progetto del parigino Christian Germanaz per un Centre des Arts et Loisirs a Vésinet, a 30 chilometri da Parigi. 

Il Centre des Arts et Loisirs del parigino Christian Germanaz è pensato come il centro polivalente della comunità di Vésinet, Francia. Foto: Domus  555; Febbraio 1976.
Il Centre des Arts et Loisirs del parigino Christian Germanaz è pensato come centro polivalente per la comunità di Vésinet, Francia. Foto: Domus 555; Febbraio 1976.

Come si legge su Domus 555, la struttura su quattro livelli riunisce "nel sottosuolo il parking, il cinema, e la biblioteca per bambini,” e "al piano terreno, la hall d’ingresso con un’agenzia di viaggio, il pub, la biblioteca per adulti e ragazzi, e l’alloggio per il guardiano”. Al primo piano c’è addirittura spazio per una discoteca, il secondo è invece occupato da un teatro con due sale “polivalenti”. 

Nell'anticipare il concept del moderno centro commerciale si nota, però, un occhio di riguardo all’accrescimento culturale degli abitanti.  

Un approccio simile viene adottato negli stessi anni, per citare alcuni interessanti esempi, dalla Olivetti a Ivrea, specialmente con l’albergo modulare Le Serre comprensivo di piscina interna, negozi e servizi destinati all’intera popolazione cittadina, e anche dagli Architetti Nizzoli Associati per il Centro Sociale e Commerciale del Quartiere Paolo VI a Taranto (1971-74). 

Il Centro Sociale e Commerciale del quartiere Paolo VI di Taranto a opera dell'Architetti Nizzoli Associati, 1971-74. Foto: Domus 586, Settembre 1978.
Il Centro Sociale e Commerciale del quartiere Paolo VI di Taranto a opera dell'Architetti Nizzoli Associati, 1971-74. Foto: Domus 586, Settembre 1978.

Articolato su tre ambienti collegati da un tunnel “virtuale”, cioè trasparente, il centro presenta una struttura alta a due piani comprensiva di un cinema e di un centro ricreativo e di due strutture basse circolari con servizi e attività commerciali “necessarie alla vita del quartiere”. A fare da collante tra le forme una piazzetta pensata per diventare all’occasione teatro all’aperto.  

A proposito, quattro anni più tardi, su Domus 586 viene scritto “L’ipotesi progettuale era che la circolarità dei percorsi colleganti le diverse attrezzature sociali, culturali e commerciali diventasse oggetto di autospettacolo per la gente oltreché l’occasione per I progettisti per una “promenade architecturale””. 

Il progetto di Vico Magistretti e Guido Veneziani per una Club House con piscina a Carimate, Brianza. Foto: Domus  384; Novembre 1961.
Il progetto di Vico Magistretti e Guido Veneziani per una Club House con piscina a Carimate, Brianza. Foto: Domus 384; Novembre 1961.

Ad ogni modo, questi modelli edilizi unitari trovano applicazione anche in quartieri non operai, come testimoniato dal progetto di Vico Magistretti e Guido Veneziani per una Club House con piscina, pensata nel 1961 per un complesso residenziale immerso nel verde della Brianza. Un edificio di grande eleganza per un progetto ambizioso di “creazione ambientale” in cui la valorizzazione degli spazi verdi incontra un modello residenziale comunitario, come raccontato sulle pagine di Domus 384. 

Questi piani urbanistici, oggi visti come utopici, erano senza dubbio mossi da ideali nobili, per quanto leggermente paternalistici: l’architetto – moderno filantropo – aveva la presunzione, dall’alto del suo capitale sociale e culturale, di fornire un miglioramento alla vita degli strati più umili della società senza però accorgersi di creare spesso una ulteriore ghettizzazione delle classi sociali. 

Gli interni della Club House di Magistretti e Veneziani per un quartiere residenziale nel verde della Brianza. Foto. Domus 384,  Novembre 1961.
Gli interni della Club House di Magistretti e Veneziani per un quartiere residenziale nel verde della Brianza. Foto. Domus 384, Novembre 1961.

Sforzi, nonostante tutto, affascinanti a posteriori per la loro capacità di promuovere avanguardie architettoniche. Oltre alla chiesa di Castiglioni, merita ricordare il quartiere per dipendenti dell’Eridania, edificato a inizio anni ‘70 a San Pietro in Casale, fuori Bologna. Gli edifici progettati dall’architetto Lorenzo Cremonini, infatti, vennero integralmente verniciati in uno stile a metà tra la psichedelia grafica del film Yellow Submarine dei Beatles e le caleidoscopiche proposte di Superstudio, Archizoom, e Studio 65.   

“Sulle pareti […] arcobaleni spezzati, soli, nuvole, “rovine”, è una mimetizzazione all’inverso, fa scomparire l’architettura ed insieme esalta, nascondendola, questa nuova architettura”, riporta Domus 505. 

Il quartiere per dipendenti Eridania progettato da Lorenzo Cremonini fuori Bologna. Foto. Domus 505,  Dicembre 1971.
Il quartiere per dipendenti Eridania progettato da Lorenzo Cremonini fuori Bologna. Foto. Domus 505, Dicembre 1971.

Con gli anni l’idea di un tempo libero felicemente consumato nel quartiere dormitorio è indubbiamente risultato fallimentare, spesso addirittura incubatore di ulteriore disagio sociale. Gli affascinanti scenari lasciatici in eredità da queste strutture, spesso lasciate all’incuria, però, hanno il pregio di stimolare riflessioni ancora attuali sul ruolo dell’edilizia nello sviluppo organico di una comunità in tempi in cui i confini nazionali sono in discussione ma meno lo è la mobilità sociale.

Immagine di apertura: Edificio di Lorenzo Cremonini nel quartiere per dipendenti Eridania a San pietro in Casale, Bologna. Foto: Domus 505, Settembre 1971

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