Che cosa succederà alle città?

A domusforum 2020 non si parlerà solo di architettura. Perché solo una visione olistica sostenibile può dare una risposta alla sfida della pandemia.

Johnny Kennaugh

Che cosa succederà alle città? Quale sarà il loro futuro? È la domanda a cui, per il terzo anno consecutivo, Domus cercherà di rispondere. L’appuntamento è con domusforum - the future of cities, previsto a Milano per il 4 Novembre 2020. Fra i molti ospiti invitati, ce n’è uno inatteso e non desiderato che ha cambiato tutto: il Covid-19.

Fino all’inizio del 2020 le città rappresentano ancora il 3 per cento della superficie terrestre, e sviluppano il 70 per cento del Pil globale. Fino a ieri le città erano il luogo dove, come ha scritto Saskia Sassen, la globalizzazione avveniva localmente, dove vi scambiavano da millenni esperienze e valori, storie e prospettive. Ma adesso? Che succederà adesso?

In questi mesi tutto sembra messo in discussione. Crollano gli scambi, le presenze, i viaggi e i progetti, cambiano i settori e le borse registrano un’incertezza mai vista. Gli stati decretano l’annullamento delle regole di salvaguardia e del debito, che si sviluppa a livelli mai visti prima senza una guerra.

Il numero dei morti della pandemia non giustifica questa realtà, ma la psicosi e il sistema di tutela, che è scattato in tutto il mondo, rappresentando uno degli effetti positivi della globalizzazione, ma rendono le cose molto complicate. E al momento senza una vera prospettiva.

Intanto, al rientro delle vacanze i contagi aumentano. "Il primo giorno di lockdown nei Paesi Bassi, sono andato al supermercato e mi sono reso conto di come fosse il punto debole del distanziamento sociale: le regole sono troppo difficili da mantenere", ha dichiarato al sito del World Economic Forum l’esperto di architettura urbana olandese Harm Timmermans. È per questo che la visione architettonica diventa cruciale nel futuro delle città post Covid, perché occorre rivedere tutte le funzioni sociali per consentire le attività normali in sicurezza che adesso sono inibite da architetture e design che non sono state pensate per fare i conti con un nemico invisibile ma insidiosissimo. Per la salute fisica ma soprattutto mentale.

Immagine di Maksym Kaharlytskyi

A domusforum 2020 dunque non si parlerà solo di architettura, ma anche di politica, economia, educazione, filosofia attraverso e i contributi degli speakers, protagonisti come sempre di tutti questi campi del sapere. L’emergenza pandemica infatti interroga tutte le discipline, che devono integrarsi per ripensare la vita aggregata. La visione olistica e sostenibile resta infatti l’unica possibilità di andare avanti e trovare una soluzione. Una visione che Domus conosce fin dalla sua fondazione, perché dal lontano 1928 riflette sulle discipline umanistiche e il sapere politecnico attraverso il design, l’architettura e l’arte.

Un appuntamento da non perdere, che secondo lo spirito del tempo sarà fruibile fisicamente ma anche in streaming. Perché la sicurezza è il primo requisito per qualunque idea del futuro.

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