Crystal Palace

Ospitò la prima Esposizione Universale nel 1851 a Londra: l’edificio è fra i più rilevanti della storia dell’architettura, sia per la scala monumentale che per le innovazioni tecniche in gioco. Tuttavia non fu un architetto a disegnarlo, ma un botanico e costruttore di serre: Joseph Paxton.

Realizzato nel 1851 a Londra, su progetto del botanico e costruttore di serre Joseph Paxton (1801-1865), il Crystal Palace è un edificio chiave della storia dell’architettura non solo per la scala monumentale e le innovazioni tecniche messe in gioco nella sua costruzione, ma perché contestualmente fu il luogo dove si celebrò la prima Esposizione Universale. Il nome dell’edificio si deve ad un articolo dello scrittore e drammaturgo Douglas Jerrold sul settimanale satirico Punch in riferimento al suo aspetto diafano e vitreo.

[Il Crystal Palace] si può considerare la prima costruzione che in modo chiaro annunciò le caratteristiche della nuova architettura, possiamo dire che contemporaneamente si celebra il centenario della architettura moderna
Vista dell’interno del Crystal Palace durante la cerimonia di chiusura dell’Esposizione Universale di Londra del 1851. Da “Dickinson’s Comprehensive Pictures of the Great Exhibition of 1851” (Londra, 1854), conservato alla British Library.

La Grande Esposizione delle Opere dell’Industria di Tutte le Nazioni di Londra venne concepita da Henry Cole (1808-1882), un funzionario pubblico inglese che visitò l’Esposizione di Parigi del 1849, un evento dedicato limitatamente all’industria francese. Entusiasta di ciò che aveva visto, volle trasporre il modello su scala internazionale. Cole riuscì a coinvolgere nella sua idea alcune delle personalità più influenti del Paese, fra cui il principe Alberto. Il gruppo si riunì la prima volta l’11 gennaio 1850 con l’obiettivo di inaugurare la manifestazione l’1 maggio 1951: di qui, l’esigenza di una sede che si potesse realizzare rapidamente.

Per i Paesi partecipanti, le Esposizioni Universali divennero occasioni per esibire gli avanzamenti tecnici della produzione industriale nazionale, il cui primato in quegli anni era conteso principalmente da Regno Unito e Francia. Una competizione questa che già aveva stimolato, fin dagli ultimi decenni del XVIII secolo, una rapidissima evoluzione dell’industria e della produzione in serie. Tali innovazioni furono progressivamente integrate anche al campo della costruzione, aprendo così una stagione di grandi rinnovamenti urbani e di sviluppo di nuove tipologie edilizie; non è un caso che a questo periodo si faccia infatti risalire la nascita dell’urbanistica. Fino ad allora, queste tecniche costruttive erano state principalmente applicate per edifici collettivi con grandi luci, i cui ambienti talvolta richiedevano una condizione ibrida fra interno ed esterno. Fra questi, ad esempio, vi erano le prime stazioni ferroviarie, i mercati coperti e le arcade (o, in francese, i passage). Il Crystal Palace era proprio il manifesto per un Paese che si accingeva a mostrare la propria potenza industriale in occasione della Grande Esposizione.

Il Crystal Palace è ormai un simbolo e, come tale, riassume in sé la storia e la leggenda, è oggetto di critica sistematica e di aneddotica, non meno della scoperta della luce elettrica o della locomotiva a vapore
Foto C.M. Ferrier & F. von Martens, 1851/ Via Wikicommons

A seguito di un concorso indetto il 13 marzo 1850, fu il progetto di Joseph Paxton in collaborazione con l’ingegnere Charles Fox a prevalere sugli oltre 200 progetti pervenuti al Building Comitee, che comprendeva gli architetti Charles Barry e Charles Robert Cockerell. Paxton si distinse in precedenza a Chatsworth, dove realizzò per il Duca di Devonshire la serra denominata Great Conservatory (anche nota come Stove, 1836-1840), che già raggiungeva della dimensioni considerevoli: 100 metri di lunghezza e 30 di altezza. Il Crystal Palace ricalcava il suo impianto dalle basiliche romane, poi cristiane: il braccio maggiore aveva cinque navate a tetto piano, incrociate da un transetto voltato a botte. Quest’ultimo fu progettato in un secondo momento per tutelare gli alberi secolari di Hyde Park, appiglio preservazionista per la pubblica opposizione alla manifestazione londinese.

L’interno della struttura di Paxton in una fotografia conservata al Rijksmuseum (1870-1890 ca)

La costruzione discendeva dalla tipologia della serra e da questa non presentava grandi differenze, fatta eccezione per la sua dimensione monumentale: era infatti il più grande edificio al mondo al tempo della sua realizzazione. Poggiava su sette ettari e mezzo di terreno, era lungo 564 per 120 metri, per 39 metri di altezza. La struttura era stata concepita con un modulo base di rivestimento di 2,44 metri, applicato su una maglia strutturale che variava dai 7,31 ai 21,95 metri. La modularità, associata alla prefabbricazione, fu ciò che garantì un assemblaggio rapidissimo delle componenti direttamente in loco. Per agevolare il cantiere, inoltre, ciascun elemento non superava la tonnellata di peso. In soli quattro mesi, i 92.000 mq dell’edificio furono eretti nel grande parco londinese.

L’esterno della struttura di Paxton in una stereofotografia conservata al Rijksmuseum (1870-1890 ca)

La decorazione e l’allestimento interno furono sovraintese da Owen Jones (1809-1874), architetto, designer e influente teorico che, sulla base degli studi sul pattern e il colore per il Crystal Palace, pubblicò poi il celebre volume The Grammar of Ornament (1856).
Gli oltre 100.000 oggetti esposti, provenienti da tutte le parti del mondo – dalla prima toilette pubblica alle prime biciclette, al più grande diamante del mondo, il Koh-i-Noor – concorrevano a costruire un potente spettacolo attorno ai prodotti d’uso, inaugurando l’inizio il grande rito del consumo.

La cronaca dell’epoca racconta che furono oltre 6 milioni i visitatori a riversarsi nella struttura nel corso della manifestazione, che durò dall’1 maggio al 15 ottobre del 1851. Fra di loro, anche una serie di voci critiche, fra cui William Morris e John Ruskin: nel suo Le pietre di Venezia (1851) Ruskin lo definì come frutto di “un’algebra molto ordinaria”.

Il Crystal Palace a Sydenham. Paul Furst/ Via Wikicommons

Alla conclusione della Grande Esposizione, il Principe Alberto decise di continuare a perseguire l’obiettivo della Grande Esposizione, ovvero l’educazione del grande pubblico, come dei designer e dei produttori industriali, attraverso una nuova istituzione museale. Nel 1852 naque così il Museum of Manufactures, poi South Kensington Museum, diretto da Henry Cole. Oggi è una grande istituzione nota con il nome di Victoria & Albert Museum.

L’edificio in fiamma la notte del 30 novembre 1936 a Sydenham hill/ Via Wikicommons

Dopo la manifestazione, il Crystal Palace fu smantellato e ricostruito nel 1852 nella zona sud di Londra, a Sydenham Hill. Negli anni si tentarono diversi nuovi utilizzi: nel 1911 si tenne qui il Festival of Empire, mentre dal 1920 al 1924 fu l’Imperial War Museum. Per gli alti costi di manutenzione e lo stato di deterioramento, l’edificio fu poi affidato a un gruppo ad hoc, sotto la guida di Sir Herny Buckland, prima di essere rovinosamente distrutto da un incendio il 30 novembre 1936.

Veduta aerea dell’edificio distrutto dall’incendio/ Via Wikicommons

Le citazioni in questo testo sono estratte dall’articolo L’architettura moderna ha compiuto cent’anni di Nino Airaldi, in Domus 265, dicembre 1951.

Immagine di apertura: il Crystal Palace da Nord-Est durante la Grande Esposizione del 1851, da Dickinson’s Comprehensive Pictures of the Great Exhibition of 1851 (Londra, 1854), conservato alla British Library.  

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