Spesso, al Salone del Mobile, le luci dei riflettori illuminano soprattutto i designer, i progettisti, la loro energia creativa e i prodotti che grazie alle loro ricerche e alle loro sperimentazioni vengono presentati di anno in anno al mercato. Ci si dimentica, a volte, del ruolo ugualmente imprescindibile e decisivo che nella storia del Salone e nella sua attuale configurazione hanno svolto e svolgono le aziende: se il Salone del Mobile è diventato una cosa molto diversa da una semplice fiera commerciale lo si deve all’intuizione di un gruppo di imprenditori lungimiranti e in alcuni casi anche visionari che – in pieno boom economico, contagiati dall’euforia della modernità che dilagava nel paese e consapevoli della necessità di essere innovativi su tutti i fronti – hanno fatto del Salone uno straordinario medium comunicativo, anticipando quella pratica dell’evento come dispositivo promozionale che in altri settori merceologici diverrà centrale e strategico solo molti molti anni dopo.
Sai quali sono le aziende che hanno fatto la storia del Salone?
Il successo della Design Week milanese si deve anche a un drappello di brand e imprenditori visionari e lungimiranti, che hanno trasformato una fiera di arredamento in un evento di portata mondiale. Ecco chi sono.
Gaetano Pesce, Serie Up, 1969. Courtesy B&B Italia
Gaetano Pesce, Serie Up, 1969. Courtesy B&B Italia
Gio Ponti, Superleggera, 1957. Courtesy Cassina
Gio Ponti, Superleggera, 1957. Courtesy Cassina
Fernando e Humberto Campana, Vermelha, 1993. Courtesy Edra
Fernando e Humberto Campana, Vermelha, 1993. Courtesy Edra
Joe Colombo, Tube Chair, 1969. Courtesy Flexform
Philippe Starck, La Marie, 1999. Courtesy Kartell
Philippe Starck, La Marie, 1999. Courtesy Kartell
Rodolfo Dordoni, Twiggy, 2022. Courtesy Minotti
Rodolfo Dordoni, Twiggy, 2022. Courtesy Minotti
Aldo Rossi, La Cabina dell’Elba, 1980. Domus 646, gennaio 1984
Aldo Rossi, La Cabina dell’Elba, 1980. Domus 646, gennaio 1984
Ron Arad, Soft Big Easy, 1991. Courtesy Moroso
Ron Arad, Soft Big Easy, 1991. Courtesy Moroso
Jean Marie Massaud, Le Club, 2021. Courtesy Poliform
Jean Marie Massaud, Le Club, 2021. Courtesy Poliform
Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro, Sacco, 1968. Courtesy Zanotta
Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro, Sacco, 1968. Courtesy Zanotta
View Article details
- Silvana Annicchiarico
- 11 aprile 2024
La storia del Salone del Mobile è, a suo modo, anche la storia virtuosa di una parte rilevante dell’imprenditoria italiana.
C’erano Poggi, Cassina e Molteni, tra le prime aziende ad aderire. Ma anche – fra le tante – Arflex, Bernini, Tecno e Kartell. Insieme, sotto la guida salda e partecipe di Tito Armellini, le aziende dell’arredo e del mobile scelgono di scommettere sul futuro e di confrontarsi con il mondo. Scelgono di puntare sulla comunicazione non come un optional ma come un asse portante delle proprie attività progettuali e imprenditoriali. Fin da subito (e in particolare dal 1965, quando per la prima volta all’interno dell’esposizione viene creata un’area speciale dedicata al design) il Salone diventa il palcoscenico del Made in Italy nel settore dei mobili e dell’arredamento: non solo vetrina, dunque, ma luogo di un racconto destinato a crescere e a espandersi negli anni, trovando in Milano l’energia propulsiva necessaria per promuovere e diffondere le eccellenze del design italiano.
Sono le aziende che hanno fatto del Salone (e poi, dal 1990, anche del Fuori Salone) la piattaforma di lancio di nuovi modi di vivere e di abitare, che hanno anticipato bisogni e tendenze ancora latenti, che hanno intercettato sul nascere i nuovi orientamenti del gusto dando sempre risposte adeguate alle domande che di volta in volta andavano affiorando tra i consumatori. La storia del Salone del Mobile è, a suo modo, anche la storia virtuosa di una parte rilevante dell’imprenditoria italiana: quella che ha saputo osare e rischiare, che non ha avuto né remore né titubanze nell’investire sulla ricerca e sulla sperimentazione, che ha coinvolto i migliori talenti creativi disponibili sul mercato internazionale e che ha saputo alzare lo sguardo scegliendo il mondo come target di riferimento. Ma è anche quell’imprenditoria innovativa che non ha esitato a offrire gli oggetti usciti dalle proprie fabbriche e dai propri laboratori a una rete di relazioni che ha coinvolto sempre più profondamente non solo i numeri del mercato e gli andamenti dell’export, ma anche i rapporti fra materiale e simbolico, fra funzionale ed espressivo, fra utile e bello.
Il Salone diventa il palcoscenico del Made in Italy nel settore dei mobili e dell’arredamento: non solo vetrina, dunque, ma luogo di un racconto destinato a crescere e a espandersi negli anni.
Le aziende che hanno creduto nel Salone, insomma, hanno prodotto cultura. Con audacia e originalità, irrequietezza e dinamismo, hanno mostrato di saper interpretare i valori culturali della società contemporanea e, in alcuni casi, anche di saperli rimettere in discussione. Hanno reso più abitabili e confortevoli le nostre case, ma hanno introdotto qualità e valore anche nelle nostre vite. E se oggi la kermesse formata da Salone/Fuorisalone/Salone Satellite, nel suo vertiginoso mix di affari, arte, cultura, mostre, spettacoli, installazioni, happening, performances e flaneries, è un unicum al mondo, irripetibile e a suo modo auratico, è perché le grandi innovazioni imprenditoriali, quando hanno coraggio e visione, riescono spesso ad andare anche ben oltre quelle che erano le aspettative di chi quelle iniziative e quelle innovazioni le ha pensate, volute e realizzate. Al Salone è successo questo. Ed è proprio e anche per questo che dobbiamo tenercelo caro, e continuare a nutrirlo con la visionarietà anticipatrice che l’ha fatto nascere ormai più di sessant’anni fa.
Immagine di apertura: Rodolfo Dordoni, Twiggy, 2022. Courtesy Minotti
Pierino Busnelli, insieme a Cesare Cassina, fonda nel 1966 la C&B Italia, che diventerà B&B Italia nel 1973. Sin dagli inizi, con la partecipazione al Salone del Mobile del 1966, Busnelli e Cassina dimostrano una forte propensione all’innovazione, presentando da subito alcuni dei più grandi successi degli anni ’60: i salotti Amanta di Mario Bellini e Coronado di Afra e Tobia Scarpa, ma soprattutto la poltrona Up di Gaetano Pesce, presentata al Salone del 1969 con un allestimento dal forte impatto scenografico predisposto dallo stesso Pesce.
Nel 1972 l’azienda è protagonista di una campagna di comunicazione innovativa che scatena polemiche e discussioni per l’immagine della modella Donna Jordan che posa a seni scoperti sulle poltrone della serie Le Bambole di Mario Bellini. Dopo la separazione da Cassina, Busnelli continua il suo percorso con B&B Italia, ampliando la produzione con Maxalto (dal 1993 Antonio Citterio è il direttore creativo) e altre divisioni. Nel corso degli anni, B&B Italia amplia il suo raggio d’azione, esplorando nuovi settori come l’outdoor design. Nel 2018, entra a far parte di Design Holding, confermando il suo status di leader nel design di alta gamma. La nomina di Piero Lissoni come Direttore Artistico nel 2021 segna un ulteriore passo verso l’innovazione, l’eccellenza e la ricerca di qualità.
Fondata nel 1927 dai fratelli Cesare e Umberto Cassina, l’azienda è sinonimo di eccellenza nell’ebanisteria brianzola. Nata come laboratorio per mobili eleganti, Cassina si distingue negli anni Trenta con arredi innovativi, fornendo persino mobili per transatlantici e per spazi pubblici nel dopoguerra. Pioniera nell’industrial design italiano degli anni ’50, Cassina abbraccia una nuova visione che passa dalla produzione artigianale a quella seriale, unendo tecnologia e artigianalità tradizionale. Cesare Cassina promuove il dialogo tra cultura e design, dando vita a icone come la Superleggera di Gio Ponti e a riedizioni dei “I Maestri” come Le Corbusier. La collaborazione con designer di spicco continua, ampliandosi negli anni ’60 con la fondazione di Flos e C&B.
Nonostante la scomparsa di Cesare nel 1979, l’azienda prosegue nella sua fase sperimentale. Oggi, parte di Haworth Lifestyle Design, Cassina rimane un simbolo di qualità nel design italiano, con Patricia Urquiola come art director dal 2016. Alcuni suoi allestimenti al Salone restano memorabili. Tra i tanti, ricordiamo quello del ’69 dall’effetto scenografico fantastico: grandi sfere sospese su pedane a più livelli contrastavano il rigore delle poltrone di Le Corbusier, mentre l’interazione tra l’ambientazione e le luci, controllate da campi magnetici, creava un’esperienza visiva coinvolgente e dinamica.
Fondata nel 1987 a Perignano (Pisa) da Monica e Valerio Mazzei, l’azienda toscana rilancia la tradizione di famiglia immettendo sul mercato imbottiti dall’immagine fortemente innovativa e realizzati con una rigorosa ricerca sui nuovi materiali. La comunicazione degli eventi diventa spettacolare, contribuendo al rapido successo nazionale e internazionale del nuovo marchio. Capace sia di sperimentare tecnologie avanzate, sia di utilizzare processi artigianali che danno a molti pezzi il pregio dell’unicità, Edra si caratterizza per la cura con cui produce arredi di classica eleganza ma al tempo stesso di affascinante modernità.
La collaborazione con i fratelli Campana e altri designer di fama internazionale consolida la reputazione dell’azienda – che oggi vanta collaboratori come Francesco Binfaré, con i divani Standard e Pack, e Jacopo Foggini, con la collezione A'mare – come realtà unica nel panorama del design italiano. Edra ha introdotto anche una nuova estetica nei cataloghi di mobili, con foto in esterni e luce naturale, facendo dei suoi divani e dei suoi arredi gli attori di un racconto. Tra gli allestimenti più curiosi al Salone, quello del 2010 curato dall’allora art director Massimo Morozzi, che sul tema Barbarians ha costruito un villaggio tribale realizzato con alcuni dei nuovi prodotti aziendali.
Sergio Asti, Cini Boeri, Joe Colombo, Paolo Nava, Rodolfo Bonetto, Carlo Colombo, Gigi Radice: sono solo alcuni dei designer che nel corso degli anni hanno contribuito a trasformare il laboratorio di ebanisteria artigianale fondato nel 1959 dai fratelli Galimberti, nel cuore della Brianza, in uno dei marchi più rappresentativi del design italiano, chiamato ad arredare interni di grande prestigio tra cui, ad esempio, il foyer del Teatro alla Scala. Il marchio disegnato nel 1969 da Pino Tovaglia (lo stesso grafico che ha progettato il marchio Pirelli) e la presentazione al Salone del 1970 di un prodotto innovativo come la Tube-chair di Joe Colombo, formata da una serie di quattro tubi imbottiti a sezione concentrica infilabili l’uno nell’altro, a garantire un facile e veloce imballaggio, sono la dimostrazione concreta della tempestività con cui Flexform sa dialogare con il proprio tempo e porsi con autorevolezza sulla frontiera della ricerca e dell’innovazione. Tra gli allestimenti al Salone del Mobile, da ricordare senz’altro quello disegnato da Achille Castiglioni nel 1984, tutto giocato sul contrasto fra materiali e colori: su un pavimento ricoperto da una moquette in cocco si ergeva una struttura in acciaio coloro rosso papavero.
Fondata a Milano nel 1949 grazie all’intuizione di Giulio Castelli, Kartell è da sempre all’avanguardia nell’uso della plastica. Dopo un inizio dedicato alla produzione di accessori per auto, si dedica a oggetti domestici e ad apparecchi illuminanti, rivoluzionando il concetto di design quotidiano. Al Salone del Mobile esordisce nel 1965 presentando la piccola sedia 4999 di Marco Zanuso e Richard Sapper, primo esemplare di seduta interamente realizzata in plastica e ottenuta dopo una sperimentazione sui nuovi materiali durata più e più anni. Il motto “Materie plastiche e design” riflette la filosofia aziendale, volta a coniugare la ricerca sui materiali e sulle nuove tecnologie con la cura della forma e la cultura della sostenibilità.
Attraverso collaborazioni con designer di spicco come Marco Zanuso e Joe Colombo, Kartell diventa un’icona del design contemporaneo. Oggi, sotto la guida di Claudio Luti, oltre alla produzione, promuove la cultura del design con mostre, pubblicazioni e iniziative editoriali. Tra gli allestimenti più interessanti al Salone del Mobile, quello di Valerio Castelli e Carlo Chambry del 1969, con le pareti dello stand formate da bande elastiche che il pubblico poteva attraversare creando un suggestivo cambiamento di ritmi e volumi.
Nata a Meda nel clima euforico dell’immediato dopoguerra, già negli anni ’60 anni assume l’impronta e le dimensioni industriali che negli anni Novanta, con la seconda generazione, la porterà a un’espansione verso i mercati internazionali. Sobrietà, eleganza e ricercato equilibrio fra tradizione e innovazione sono i tratti distintivi e identitari di un’azienda che interpreta in modo originale il lifestyle contemporaneo e che si colloca ormai fra le eccellenze indiscusse del Made in Italy dell’arredo contemporaneo. Presente al Salone fin dalle origini, ha costruito negli anni una presenza capillare in 80 paesi attraverso 56 flagship store e un network di oltre 300 distributori qualificati in tutto il mondo.
Dal 1997 sino alla morte nel 2023 il ruolo di art director è stato svolto dall’architetto e designer Rodolfo Dordoni, a cui si deve anche il progetto di alcuni dei prodotti più noti di Minotti come la poltrona Twiggy e il divano Dylan. Memorabile lo stand al salone del 2018: per festeggiare i 70 anni dalla fondazione lo stand Minotti ricostruiva la casa di famiglia a Meda, con un camino sospeso al centro della stanza che riproduceva fedelmente, ma in scala oversize, quello disegnato nel 1960 dall’architetto Gigi Radice per la residenza del fondatore dell’azienda e della sua famiglia.
Angelo Molteni – tra i membri del comitato fondatore del Salone del Mobile – nel 1934 apre a Giussano, nel cuore del distretto del mobile della Brianza, una bottega artigianale destinata a diventare, in poco tempo e nel segno della qualità dell’abitare, una delle aziende più avanzate nel settore dell’arredo di alta gamma. In anticipo sui tempi, già nel 1968 Molteni converte la produzione dal classico al moderno, puntando sull’innovazione, la sperimentazione e i dettagli di grande raffinatezza e originalità. Nel decennio seguente si affaccia al Contract, diventando leader nelle grandi realizzazioni “chiavi in mano”.
Tra i suoi designer Gio Ponti, Ignazio Gardella, Luca Meda, Afra e Tobia Scarpa e Aldo Rossi (la cui Cabina dell’Elba viene presentata al Salone del 1980). Tra gli allestimenti più recenti al Salone, quello del 2019 firmato dal designer belgaVincent Van Duysen e ispirato alle case dei grandi architetti della metà del secolo scorso. E’ uno dei marchi che hanno partecipato ininterrottamente al Salone fin dalla sua fondazione.
Nel 1952 Agostino e Diana Moroso fondano un’azienda di imbottiti a Cavallico di Tavagnacco, Udine. L’azienda si distingue da subito per ricerca e innovazione, ma dagli anni Ottanta, quando Patrizia Moroso indirizza la produzione verso il design d’autore internazionale, la Moroso si connota anche per la spiccata sensibilità e apertura verso le culture del mondo, per il desiderio di sperimentare in ogni direzione e per la profonda e dichiarata passione per l’arte. Collaborazioni con designer emergenti come Lovegrove, Arad, Mariscal e Urquiola portano a un catalogo eclettico di grande suggestione.
Ron Arad introduce la metamorfosi dei materiali, mentre altri designer come Grcic, Yoshioka, Dixon, Lovegrove, Wanders e Urquiola contribuiscono alla continua evoluzione dell’azienda verso una nuova semantica dell’abitare, nata dall’ibridazione fra tecnologia e artigianalità. Esempio emblematico della filosofia dell’azienda è lo stand progettato da Patricia Urquiola per il Salone del 2019: di grande semplicità formale, gioca su un elemento bidimensionale come il colore per creare proiezioni geometriche, luci e sensazioni che inducono a una visione tridimensionale, mentre i materiali espositivi sono scelti in funzione della loro valenza pittorica con l’intento di richiamare il lavoro dell’artista cubana Carmen Herrera.
Fondata nel 1970 in Brianza, a Inverigo, come evoluzione di un’impresa familiare artigiana nata nel 1942, Poliform, negli anni, ha saputo unire capacità manageriale e visione progettuale, riuscendo a coniugare la cultura del saper fare con un nuovo modello imprenditoriale basato sul binomio innovazione/creatività. Sotto la guida illuminata dei tre cugini Alberto e Aldo Spinelli e Giovanni Anzani, che per poter guidare meglio l’azienda hanno scelto di coprire la carica di Ceo a rotazione, Poliform ha coinvolto alcune delle migliori firme del design mondiale, da Jean Marie Massaud a Marcel Wanders fino a Rodolfo Dordoni e Daniel Libeskind, con l’ambizione di coniugare eccellenza tecnica, eleganza senza tempo e bellezza contemporanea.
Tra le partecipazioni di Poliform al Salone, una delle più rilevanti è quella alla 27esima edizione del 1987, quando Poliform assieme a Giorgetti, Matrix, Minotti e altri decide di occupare il Padiglione 20C con un allestimento comune, simile a un anfiteatro collocato a semicerchio attorno a una scala centrale, disegnato da Achille Castiglioni e Paolo Ferrari, con la grafica di Italo Lupi.
Fondata nel 1954 da Aurelio Zanotta, è un’icona del design italiano orientata verso l’arte, la cultura e la creatività. La visione del fondatore ha portato l’azienda a creare una collezione eclettica di mobili, che include opere di grandi maestri del design. Zanotta si distingue per la sua capacità di combinare ricerca tecnologica e artigianato tradizionale, producendo pezzi iconici come la poltrona Sacco (presentata al Salone del 1969) e la seduta Mezzadro.
La collaborazione con artisti e designer non convenzionali quali Ettore Sottsass, Joe Colombo, Alessandro Mendini, Andrea Branzi e Carlo Mollino, ha portato alla creazione di una serie di oggetti unici che sfidano le convenzioni e promuovono un nuovo modo di vivere lo spazio domestico. Con oltre 550 prodotti realizzati e una presenza in musei di tutto il mondo, Zanotta rimane un punto di riferimento nel panorama del design contemporaneo. Acquisita da Cassina nel 2023, oggi fa parte del gruppo Haworth Lifestyle Design. Tra gli allestimenti da ricordare al Salone, senz’altro quello del 1973 disegnato da Lomazzi, D’Urbino e De Pas, che rivestirono le pareti con altorilievi ispirati ai disegni di Jean Jacques Rousseau ma realizzati con le pagine della Gazzetta dello sport.