Gli auricolari che non devi mai ricaricare

Gli Urbanista Phoenix si affidano alla ricarica solare per non avere mai bisogno di essere attaccati alla presa elettrica. Li abbiamo provati: ecco com’è andata.

Si fanno riconoscere subito, i nuovi auricolari Urbanista Phoenix, che inaugurano simbolicamente una nuova fase del gettonatissimo segmento dell’audio mobile. Non soltanto per le forme curate nel dettaglio degli auricolari stessi, o per la particolare colorazione della variante rosa, delle cuffiette e della custodia, che diverge sia dal bianco standard tanto sia dalle tinte aggressive a cui ci hanno abituati grandi e piccoli produttori di AirPods & similia.

La scatoletta di ricarica delle Phoenix è inedita: più grande di quelle a cui siamo abituati, con un lato quasi interamente ingombrato dalle celle solari che servono a ricaricare la batteria interna. Un cordoncino per appendere il case al collo o allo zaino è un esplicito invito a non infilarlo in tasca, ma lasciarlo sempre esposto alla luce, in modo che la batteria si ricarichi senza ricorrere alla corrente. Autonomia complessiva prevista: 32 ore di riproduzione, tra le migliori in circolazione. 

Phoenix con le cuffie a ricarica solare Los Angeles, sempre di Urbanista

Urbanista è un brand di Stoccolma che si è fatto largo nel mare magnum dei dispositivi audio personali – cuffie e auricolari – soprattutto grazie ai chiari richiami al gusto scandinavo nei colori e nelle forme, un design industriale cool ribadito da una immagine coordinata fresca, chiaramente ispirata a quella dei brand di moda più millennial, e molto urbana, come può suggerire già il nome. Per il resto, quelli di Urbanista sono prodotti di prezzo medio affidabili e con una qualità audio discreta.

Questo almeno fino alla fine del 2021, quando l’azienda cambia passo annunciando un paio di cuffie totalmente innovative, le prime a ricarica solare. Le chiama Los Angeles, un nome perfetto: richiama subito alla mente il sole, la libertà di movimento, e aggiunge quel senso tocco di hype che non fa mai male. Sarebbe sbagliato considerarla solo una mossa stravagante, per farsi notare sul mercato: nei prossimi anni, vedremo probabilmente sempre più dispositivi con ricarica solare. L’ha fatto anche un colosso come Samsung per il suo telecomando, inserito da Domus tra i 20 oggetti simbolo dell'anno passato. E chissà che sulle prossime Galaxy Buds…

Auricolari Phoenix, Urbanista. Courtesy Urbanista

“Praticamente non le ho mai ricaricate, forse solo una volta”, racconta un dipendente di Exeger, la startup che crea Powerfoyle, le celle solari che usa Urbanista sui suoi prodotti. Una tecnologia di qualità, capace di “trasformare la luce indoor e outdoor in energia pulita”, come si legge sul sito, anche tramite piccole superfici; fondamentale anche la particolare qualità di Powerfoyle di adattarsi a forme diverse, anche curve, essenziale per posizionarlo su un paio di cuffie o sopra lo scatolotto degli auricolari. Il contesto della chiacchierata totalmente informale con Exeger era l’IFA 2022, dove Urbanista presentava agli addetti ai lavori i Phoenix. Abbiamo cercato di raggiungere Exeger per raccogliere dei quote ufficiali sul prodotto attraverso Urbanista, ma l’azienda ci ha rimandato alla pagina di info del suo sito.

Dall’IFA a oggi, passando attraverso l’altra grande fiera di elettronica di consumo, il CES che si tiene ogni gennaio a Las Vegas, le Phoenix hanno fatto incetta di premi – 5 in tutto e in entrambi i casi come migliore nella loro categoria. Certo, in un segmento in cui la ripetitività è quasi un mantra, sono una boccata d’aria fresca tale che ricevere premi erano quasi prevedibile.

Qualche settimana di uso intensivo lascia però qualche rimpianto. Non perché gli auricolari non siano affidabili: anzi, sono estremamente efficienti e danno il meglio soprattutto durante le chiamate. Il suono è discreto, in linea con una fascia di prezzo media (i Phoenix vengono 150 euro), con un suono un po’ chiuso e i bassi talvolta poco rotondi. La app non offre grandi personalizzazioni, ma molti dati interessanti sui livelli di ricarica ottenuti con la luce, che viene misurata anche in minuti di riproduzione guadagnati.

Auricolari Phoenix, Urbanista. Courtesy Urbanista

Quello che lascia più perplessi del dispositivo è sicuramente che il pannellino di ricarica solare sia solo su un lato della custodia, e bisogna stare perennemente attenti che sia esposto alla luce del sole… provare gli auricolari in gennaio tra Milano e Parigi di certo non ha aiutato: nonostante intensi sforzi di portarli sempre al collo nel verso giusto, nel giro di 15 giorni d’uso risultano solo 30 minuti scarsi di ricarica solare dalla app. In più, a differenza del telecomando Samsung, che raccoglie energie dalle onde del router, l’esperienza di ricarica indoor con i Phoenix è pari a zero o quasi… e poi l’ovvio punto di vista del consumatore: con tanti ottimi auricolari intorno alla stessa fascia di prezzo dei Phoenix, alcuni con una autonomia simile – intorno alle trenta ore – con una veloce ricarica wireless o con il cavo, molti con caratteristiche tecniche e di suono forse migliori, perché comprare quelli di Urbanista?

In conclusione, è davvero encomiabile che Urbanista metta questi auricolari sul mercato a un prezzo accessibile intorno ai 150 euro, ma immediatamente si rimpiange l’assenza di un modello Pro – migliore audio, migliori controlli, sistema di ricarica smagliante e di cui dimenticarsi. Quest’ultimo, soprattutto: perché la UX a cui queste cuffie devono per forza ambire, per avere senso, è la totale assenza del pensiero della ricarica da parte di chi le usa.

Non si tratta di capire se ci arriveremo, ma quando. La strada appare spianata e contiamo di ricordarci di questi auricolari, tra qualche anno, come una prima volta importante. Nel frattempo, siamo ricorsi alla porta Usb-C per ricaricarli dalla presa di casa.

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