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Disegnare l’aria: dal salvagente all’abitare, 22 microstorie di progetti gonfiabili
Denis Santachiara Pisolò, Campeggi, 1997
Con la sua visione tecnologica ma leggera del design, Santachiara propone da subito soluzioni innovative e audaci per l’ospitalità nell’abitare temporaneo e contemporaneo. Dentro un contenitore un po’ sgabello e un po’ tavolino di servizio si trova un involucro e un motorino elettrico che gonfia e, invertendo il flusso, sgonfia un materassino per un amico che fa tardi e non sa dove andare.
Courtesy Campeggi
Jan Dranger, divano Innerling, Ikea, 1997
Sviluppato da Ikea con un brand all'epoca nuovo, SoftAir, questa idea di sedute gonfiabili, sperimentate dalla metà degli anni '90 fu un insuccesso clamoroso anche se oggi è celebrato nell’ideale museo dei “grandi errori” che Ikea stessa pubblica nella sua storia. Gli oggetti, risultavano sì leggeri, ma instabili, elettrostatici (attiravano la polvere) e con un odore poco piacevole. Va dato merito al coraggio imprenditoriale e al pensiero innovativo del sistema di gonfiaggio, ottenibile anche con un asciugacapelli o un’aspirapolvere e non più con accessori dedicati.
Courtesy Ikea
De Pas, D’Urbino, Lomazzi, Blow, Zanotta, 1967
La più citata e copiata innovazione del design pneumatico per la domesticità allargata (da usare dentro casa ma soprattutto fuori, all’aperto, su un prato, sull’acqua) come le visioni di quei giovani progettisti negli anni ’60 che invitavano già tutti a vivere il pianeta con un’altra vicinanza e un’alta sensibilità.
Courtesy Zanotta
Matali Crasset, chaise decompression, 2000
Un esercizio di gran stile, condotto da una delle designer più innovative e raffinate di inizio millennio. Disegnare una semplice e asciutta sedia di legno o un invitante oggetto morbido e confortevole? Perché limitarsi quando la fantasia, insieme alla tecnologia, ci possono dare entrambe le soluzioni: il sedile per la seduta rimane immobile ma tutto intorno è uno spettacolo d’aria d’artificio.
Courtesy Rendez-Vous Dèco
Nick Crosbie, Egg Cup, Inflate Design, 1995
Tanto è delicato un uovo, quanto ha bisogno di protezione. E cosa meglio di un piccolo e pratico salva-porta-uovo, accessorio funzionale e sorridente per iniziare la giornata “senza paura” e con il gusto giusto.
Courtesy Inflate
Nick Crosbie, Jar Stopper, Inflate Design, 1997
Il detto popolare “il diavolo fa le pentole ma non fa i coperchi” – anche se la morale è un po’ diversa – ci torna utile per pensare a quando abbiamo un contenitore ma non la sua chiusura. E quindi se il diavolo non fa le chiusure, un bravo designer come Crosbie invece, ne fa una che va bene (quasi) per tutto. Gonfiare per credere.
Courtesy Inflate
Moreno Ferrari, Armchair Jacket, C.P. Company, 2000
In un lavoro più ampio dedicato agli abiti “Trasformabili”, dove diverse giacche impermeabili (o parti di esse) diventano di volta in volta un aquilone, uno zaino, una tenda, con l’evoluzione della collezione e l’uso della tecnica gonfiabile, altri impermeabili diventano materassini e una seduta. Ogni cucitura, ogni piega, ogni tasca, ogni elemento di chiusura non è mai pensato fine a sé stesso e l’abito non è un semplice capo di moda, ma l’abito come l’abitare, è pensato come la prima casa del corpo.
Courtesy Archivio C.P. Company
Anna Haupt and Terese Alstin, Hövding/Invisible Bike Helmet, 2010
Un casco serve soprattutto quando si “casca” e quindi: perché portare sempre, sperando di non cascare, un oggetto ingombrante sulla testa? Come progetto di laurea, che coincideva con una nuova legge sull’obbligatorietà dell’uso del casco per bambini, si aprì il dibattito anche per la sicurezza degli adulti e così le due designer “inventarono” questo airbag da indossare come un collare e che in una frazione di secondo, solo se serve, diventa un casco semi-integrale che protegge il capo dagli urti. Quando non serve protegge comunque il collo dagli sbalzi termici, nell’uso quotidiano della bicicletta.
Courtesy Hövding
University of Tokyo, PoIMo, 2020
Un mezzo di trasporto trasportabile. Al di là del gioco di parole, questo prototipo a metà tra monopattino e scooter ha un corpo gonfiabile da cavalcare che si installa su un minitelaio motorizzato elettrico. Non ha bisogno di parcheggio, perché si sgonfia, si ripiega e si ripone in uno zaino, vicino alla scrivania.
Courtesy The University of Tokyo & mercari R4D
Fredrik Tjærandsen, Balloon Dress, 2019
È il progetto di tesi del giovanissimo e già acclamato Tjærandsen, in cui l’abito è letteralmente come una prima pelle, aderente lungo un corpo un po’ costretto. Pieghe piatte o appena accennate, ad un certo punto acquisiscono volume e un altro valore, gonfiandosi all’inverosimile fino a diventare un pallone che contiene lo stesso corpo, che ora può muoversi in uno spazio prossemico ideale, protetto come in una bolla colorata.
Courtesy Fredrik Tjærandsen
Snowcrash, Glowblow, 1997
Una lampada il cui paralume gonfiabile cambia volume e, quindi, flusso luminoso. Nata da un collettivo scandinavo che alla fine dello scorso millennio sperimentava tutte le tecnologie possibili per il mondo del design, rimane uno dei primi esempi in cui l’aria ha un effetto positivo sulla luce di una lampada da terra.
Courtesy Bukowskis
Front, Surface Tension Lamp, 2012
Una minimale fonte luminosa sospesa crea piccole e grandi bolle di sapone cangianti che fanno vibrare l'ambiente e lo riempiono di sorpresa oltre che di luminosa poesia. E anche quando scoppia la sorpresa, rimane una luce puntuale al servizio dello spazio, in attesa che la sorpresa si riaccenda.
Courtesy Front Design
Uto Balmoral, Wonder, Seletti, 2021
È pura ironia mista a design, come Seletti ci ha ormai allegramente abituato: dalla smorfia sul viso al palloncino rigido, dalla lampadina che si accende colorando l’ambiente fino al designer che è una invenzione, e si definisce “un personaggio provocatoriamente creato per essere lui stesso prodotto”.
Courtesy Seletti
Michael Rakowitz, paraSITE, 1998
Una ricerca tra arte e design che porta a un progetto sociale. Un parassita buono che propone mini alloggi d’emergenza per persone senza tetto. L’involucro è fatto con sacchetti di plastica da riciclare che disegnano un rifugio che si gonfia grazie agli scarichi di aria calda dei vari impianti cittadini. L’aria da così volume e struttura all’involucro e contemporaneamente lo riscalda, per sonni più o meno tranquilli di persone nella tormenta.
Courtesy Michael Rakowitz
Basic house, Martín Ruiz Azúa, 2001
Chiusa sta in una tasca, aperta e piena d’aria disegna un ambiente minimo, una “casa basica”. Utilizzando le coperte isotermiche d’emergenza, che hanno due superfici diverse - argentate e dorate - per due funzioni differenti, e che sono facilmente ripiegabili perché spesse pochi decimi di millimetro, il designer disegna una pelle cubica di circa due metri per due con un foro circolare che sventolato cattura l’aria e non la lascia uscire, mantenendo per un certo tempo, pur effimero, un volume che protegge le azioni all’interno.
Courtesy Martín Azúa
Tilo Ahmels, Wickelfisch, Basel, 2002
Un oggetto per lo svago e per la promozione dell’uso acquatico della città di Basilea, dove d’estate migliaia di residenti e turisti si tuffano nel Reno e si lasciano cullare dalla dolce corrente, lungo i ponti della città storica. Un esempio di come il design è un ottimo strumento per la società, che può produrre un oggetto tanto simbolico quanto pratico che tutti i cittadini posseggono ed estraggono appena il sole scalda le rive del grande fiume. È una borsa colorata a tenuta stagna e a forma di pesce, in cui riporre i propri indumenti e che richiusa crea un “cuscinetto d’aria” natante che galleggia e sostiene il nuotatore fino all’uscita dall’acqua.
Courtesy Tilo Ahmels
Livialein, Threebaloon, 2010
I palloncini sono giochi semplicissimi ma tanto magici per tutti i bambini, quindi Livia Rossi pensa bene di progettarne uno che non si gonfia mai da soli ma in compagnia. Anche perché spesso la forza fiato necessaria non è sufficiente e deve passare per gli adulti, così invece l’unione fa la forza e fa anche il divertimento.
Courtesy The Index Project
Lorenzo Damiani, Arianell’aria, 2016
Un puro oggetto estetico che può anche concedersi una funzione, una presenza che invita al gioco e strizza l’occhio all’arte contemporanea. Nella scatoletta si trova un palloncino sgonfio munito di magnete che ferma su una base il volume gonfiato ad aria, a misura variabile. È un elemento d’arredo permanente per una azione temporanea, per giocare in libertà, anche solo con l’immaginazione.
Courtesy Subalterno1
Junya Ishigami, Balloon, Museum of Contemporary Art, Tokyo, 2007
Un oggetto architettonico teorico, puro e flottante, una struttura leggerissima d’alluminio che occupa lo spazio espositivo a mezz’aria e si sposta oscillando secondo le presenze dei visitatori, rendendo omaggio all’autore, giovane genio creativo della scuola giapponese dell’architettura contemporanea.
Courtesy © junya.ishigami+associates. Foto Yasushi Ichikawa
MAIO, Floating, Biennale Architettura di Chicago, 2017
Sono colonne d’aria, galleggianti e staccate da terra, che attivano lo spazio e la discussione intorno alle ricerche di architettura, come elementi di allestimento anticonvenzionale, che continuamente riconfigurano gli spazi e si relazionano con le altre presenze più tradizionali, normalmente statiche, dell’architettura.
Courtesy MAIO Architects
Matteo Ghidoni – Salottobuono, Teatrino, Triennale di Milano, 2018
Un grande pallone aerostatico, alto come il Palazzo dell’Arte, segnala la presenza sul fronte del museo di un piccolo teatrino, contenuto e concentrato, coperto con un telo colorato che ombreggia e oscilla dolcemente mosso dal vento insieme ai rami degli alberi intorno. Dentro, una cavea gradonata intima ospita pubblico selezionato e attento alle interviste dei grandi protagonisti della Milano Design Week 2018. Oppure, sempre aperto, diventa luogo si sosta o di dibattito informale sempre a disposizione del pubblico dell’evento.
Courtesy Salottobuono
Leonardo da Vinci, “Salvagente”, 1487-1490
In alcuni disegni dei Codici di Leonardo si trovano rappresentazioni di strumenti per “navigare” a corpo libero o, come in questo caso, quale “modo di salvarsi dalla tempesta”. Non è dato sapere se Leonardo lo pensasse rigido (in essenze lignee o fibre vegetali intrecciate) o gonfiabile (con pelli o budelli animali), ma è la prima rappresentazione nota della storia dell’arte e della tecnica che ci riporta questo oggetto nella sua forma più archetipica.
Courtesy leonardodavinci-italy
