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      Gli Assoluti: 20 sdraio imperdibili

      Gli Assoluti: 20 sdraio imperdibili

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      Roma, il nuovo ingresso per la Domus Aurea firmato Stefano Boeri Architetti

      Sedia pieghevole in tessuto (sdraio), 1850

      Concepita originariamente per essere utilizzata sul ponte delle navi durante le crociere, la sdraio ha trovato fortuna anche nella vita a terra, diventando l’icona per eccellenza dell’arredo da spiaggia e adattandosi persino alla vita sui balconi delle città, dove rievoca un immaginario legato all’ozio e alla libertà vacanziera. È del resto la sua stessa struttura a determinare la sua (non) missione d’uso: non permettendo di stare dritti con la schiena, la sdraio è poco incline a favorire le attività lavorative, ma diventa perfetta per la lettura o il riposo. Che tendono peraltro a prolungarsi vista l’impossibilità di rialzarsi prontamente, con uno scatto, una volta fagocitati dalla sua tela.

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      Tripolina, Joseph Beverly Fenby, 1855

      Disegnato nel 1855 e brevettato in Inghilterra nel 1877, il modello di Beverly Fendy ha conosciuto una popolarità che ha trasceso le frontiere per aprirsi a numerosissime repliche, che spiegano i tanti nomi con cui è stata chiamata: sedia da safari, sedia da ufficiale – negli Stati Uniti venne infatti commercializzata a partire dal 1895 come sedia pieghevole per uso militare - fino a campaign chair. L’appellativo di Tripolina con cui è nota in Italia deriva dal suo utilizzo durante la campagna in Libia. Nel dopoguerra, questa sedia con struttura in legno, giunzioni metalliche e seduta in tela sfilabile conoscerà un’ulteriore diffusione e troverà in Cesare Viganò e in Gavina alcuni tra i suoi più noti produttori.

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      Sedia Adirondack, Thomas Lee, 1903

      Archetipo della sedia da esterni americana e tra le prime rustiche lounge chair, la Adirondack Chair è anche un po’ un caso da manuale per quanto riguarda il furto intellettuale nel campo del design. Progettata da Thomas Lee, che la testò con la sua famiglia durante una vacanza e la finalizzò in una versione a undici pezzi, fu successivamente brevettata da un suo conoscente a cui Lee aveva presentato il modello, Harry Bunnell, sotto il marchio di Westport Chairs. che conobbe un grandissimo successo e venne adattata nel corso del ‘900 in una moltitudine di versioni dal comfort potenziato con schienale concavo e seduta sagomata.

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      Indian Chair, Wilhelm Kienzle, Maple & Co.1928

      Ispirata da un modello anonimo inglese e sviluppata in un contesto storico segnato dalla pervasività delle conquiste coloniali, la Indian Chair dello svizzero Wilhelm Kienzle fa della praticità il proprio tratto distintivo. Leggera, pieghevole e facilmente trasportabile, si presenta con un tratto epurato nobiitato dall’uso di legno e cuoio. Eppure, è nell’astuzia di alcuni dettagli – ad esempio il fermo metallico che tiene in tensione il bracciolo in pelle – che la sua ingegnosità trova un vero motivo di originalità. La pulizia e l’estremo funzionalismo di questo modello influenzeranno tanto Le Corbusier e Charlotte Perriand che Eileen Gray nella produzione delle loro sedute dei primi anni ’30.

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      Butterfly, Antonio Bonet, Juan Kurhan e Jorge Ferrari Hardoy, 1938

      Grande classico del design estremamente longevo e tuttora commercializzato in una pletora di versioni, la Butterfly chair è un altro emblema dell’arredo da esterni informale. Caratterizzata da un telaio in metallo verniciato saldato e da una seduta sfilabile - che ricorda la Tripolina - realizzata in cuoio o in tela di cotone, ha una struttura che asseconda molteplici posizioni del corpo sfruttando la diagonalità dell’asse della sedia. Originariamente concepita per gli interni dell’edificio Charcas a Buenos Aires da Antonio Bonet, Juan Kurchan, and Jorge Ferrari Hardoy, tre architetti argentini allievi di Le Corbusier riuniti come Grupo Austral, fu inclusa nel catalogo Knoll a partire dal ’47 e distribuita negli Stati Uniti con grande successo commerciale. Altro caso di fiuto commerciale scarsamente rispettoso per i creatori, dunque, come testimonia una lettera che Hardoy scrisse a Edgar Kaufmann Jr, il primo che nel 1942 aveva portato due esemplari negli Stati Uniti lasciandone una al MOMA, l’altra nella casa dei suoi genitori, la Fallingwater di Frank Lloyd Wright: “we have received, in two years, the miserable sum of $11.37”.

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      Lettino, Aino Aalto, 1938/39

      Che il contributo di Aino Aalto all’opera del marito Alvar fosse ben più rilevante di quanto inizialmente documentato è ora lo stesso nipote della coppia, Heikki Aalto-Alanen, a raccontarlo in un libro, The Complicated Love Story of the Aaltos. Da sola, Aino continuò a lavorare anche dopo il matrimonio, e non solo sui più celebri prodotti in vetro per Iittala. Nel caso di questo lettino outdoor della fine degli anni ‘30, l’ispirazione le arriva dalla vita rurale finlandese, da cui eredita una pratica sensibilità domestica che combina ad un gusto già orientato, dopo il sanatorio di Paimio e il lancio di Artek, all’essenzialità del modernismo.

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      Chaise longue, Joaquim Tenreiro, 1947

      Uno dei più celebri pezzi del modernismo tropicale brasiliano, questa chaise longue dall’assetto personalizzabile valorizza la bellezza dei legni locali e fa dell’incrocio geometrico tra una mezzaluna e la linea zigzagante della seduta una sintesi di grande eleganza, anche grazie al ricorso alla paglia di Vienna.

      Cabreúva, ftessuto, paglia di Vienna.. Dimensioni 62 x182 x 67,5 cm

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      Acapulco Chair, ’50

      Icona degli anni ’50 oggi ritornata di moda, la Acapulco chair vanta un’origine scarsamente documentata che chiama in causa le amache messicane, qui riproposte attraverso una trama di corda vinilica annodata su una struttura metallica ovale che favorisce il passaggio della brezza sul corpo nelle stagioni calde.

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      Sdraio Spaghetti, Francesco Favagrossa, Fiam, ‘70

      Gli spaghetti hanno più volte ispirato l’immaginario del design italiano, trovando espressione in pezzi iconici come la celebre Spaghetti Chair di Giandomenico Belotti per Alias e la sdraio Spaghetti di Francesco Favagrossa per Fiam. Quest’ultima, progettata negli anni ’70, è diventata un simbolo popolare delle estati italiane (e non solo) grazie alla sua enorme diffusione. La sdraio pieghevole con poggiapiedi integrato si distingue per il tondino in PVC che avvolge la struttura metallica, accogliendo il corpo. Un’anatomia accogliente a cui si unisce poi una certa idea dell’estate, nostalgica e popolare, e delle sue spensierate sieste in vacanza.

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      Qasar (Nguyen Manh Khan), inflatable armchair, Qasar France, 1969

      Pioniere degli arredi gonfiabili, questo ingegnere con esperienze nel settore automotive sperimenterà l’utilizzo del pvc per dare vita ad una linea di arredi da utilizzare sia in ambiente indoor che outdoor. Commercializzati sotto il suo nome d’arte e divenuti popolari nei primi anni ’70, andranno progressivamente in disuso nei primi anni ’80 non solo per l’affermazione di presupposti di comfort più elevati, ma anche in seguito all’importante aumento delle materie prime dovuto agli shock petroliferi.

      PVC. Dimensioni 80x65x77 cm

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      Panto Pop, Verne Panton, Verpan, 1969

      Sedia impilabile dalla forma rotonda che condivide lo stesso gusto per le geometrie sinuose delle altre creazioni di Panton, le Panto Pop furono inizialmente presentate durante la celebre Visiona 2, allestimento promosso su una barca dalla Bayer durante la fiera del mobile di Colonia e luogo privilegiato delle sperimentazioni pop di Panton.

      Materiale plastico. Dimensioni 81x54x30 cm.

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      Jasper Morrison, Thinking Man’s, Cappellini, 1988

      Sedia da contemplazione, come il nome stesso sottolinea, questa seduta combina tubolare metallico e profilato piatto e fa di curiosi dettagli - la curva che fonde gambe e bracciolo come disegnata a mano libera, o l’appoggio rotondo alla fine del bracciolo – la vera cifra di un prodotto oramai iconico.

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      Tropicalia, Patricia Urquiola, Moroso, 2008

      Riprendendo i codici delle sdraio da esterno con struttura metallica e filo in pvc, Urquiola esalta il disegno degli intrecci di cui sperimenta la sovrapposizione cromatica per esaltare la natura tropicale e quasi lisergica della seduta.

      Acciaio inox o verniciato, filo tecnopolimero. Disponibile nella versione sedia, seduta con braccioli e lounger.

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      Voido, Ron Arad, Magis, 2005

      Rilettura ultramoderna e colorata del dondolo in chiave outdoor, è realizzata in polietilene e si distingue per la purezza della forma del monoblocco resa intrigante dall’equilibrio tra pieni e vuoti.

      Polietilene stampato in rotational moulding, disponibile anche in versione per esterno. Dimensioni 58x78x114 cm.

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      Grand Pouff, Fatboy, 2000

      Icona del pouff informale degli anni 2000, questo grande rettangolo imbottito si presta ad assecondare tutte le posizioni del corpo ed a resistere alle sollecitazioni atmosferiche del mondo outdoor.

      Microbiglie di polistirene, nylon. Dimensioni 140 x 180 cm

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      Alex, Alessandro Mendini, Ecopixel, 2010

      Continuando, mutatis mutandis, la ricerca sul pointillism della celebre poltrona Proust, Mendini rivisita le regole del gioco offrendo una risposta ad uno dei problemi che più affliggono oggi l’ecosistema mondiale: l’inquinamento da plastica. Realizzata in collaborazione con Ecopixel, la lounge chair è realizzata in polietilene a bassa densità, di cui il 55% riciclato, ed è interamente riciclabile grazie alla bassa temperatura necessaria per la sua fusione. Incredibilmente grande anche il pixel alla base di questa inedita puntinatura, pari a 24x24mm.

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      Transwood, Campana Brothers, Estudio Campana, 2011

      Emblema di un design vitale, che gioca con l’assemblaggio come risposta creativa alle restrizioni del contesto e con l’insubordinazione come riscatto fantasioso ai dogmi del design, Transwood riprende i codici delle sedie da esterno in midollino per stravolgerli in una prospettiva comunitaria. Sulla stessa linea di Transwood, la serie Transplatic propone un gioco di riappropriazione non dissimile che ingloba la vera icona popolare globale tra gli arredi da esterno, la sedia monoblocco in plastica bianca.

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      Curt, Bernhard Burkard, 2011

      Emblema dell’informale sviluppato in sole due dimensioni, astutamente concepita come supporto essenziale, trasportabile e riposizionabile, Curt ha bisogno della collaborazione di un muro per poter essere utilizzata. La finitura antiscivolo dei piedi assicura di non ritrovarsi dolorosamente a terra in maniera tanto repentina quanto inaspettata.

      Faggio o betulla.

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      O., Marcel Wanders, Moooi, 2017

      Rivisitazione della poltrona a dondolo in formato circolare, O. permette di sperimentare molteplici posizioni, esaltando lo spirito ludico dell’interazione tra la persona e l’arredo. Anche la comodità fa comunque la sua parte: l’anello interno di O. è dotato di un morbido strato cuscinetto per rendere più il piacevole la sosta prolungata.

      Polietilene. Diametro 164 cm.

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      Tebunginako, Thomas Coward e Nicole Lawrence, 2021

      Una doppia metafora del rischio imminente dovuto al cambiamento clinmatico. La sdraio prende il nome di un isola del Pacifico sommersa dall'avanzata delle acque., mentre il metallo surriscaldato dal sole della struttura si rivela troppo caldo per accogliere chi ha intenzione di sedersi. Un monito, questo, rispetto alle conseguenze nefaste dovute al nostro gusto per un consumismo appariscente ed inconsapevole.

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