Bowers & Wilkins, l’innaturale bellezza dell’audio che si ispira alla natura

Geometrie liquide e visionarie convivono con un’altissima qualità di riproduzione nei prodotti dello storico brand britannico. Con una missione complicata, l’equilibrio tra tradizione e innovazione: l’intervista.

Bowers & Wilkins nasce come negozio audio in un paesino a due passi da Brighton, affacciato sulla Manica, nell’immediato dopoguerra. Presto il giro di affari si allarga. Arrivano i primi tv e soprattutto le commesse da scuole e chiese del Sussex che hanno bisogno di impianti audio. John Bowers assembla i suoi primi altoparlanti. Prima nel laboratorio di bottega, finché col tesoretto di 10mila sterline che arrivano da un cliente apre una compagnia dedicata solo a quello, la B&W Loudspeakers Ltd, e lascia il negozio. Arrivano i primi grandi speaker, i P1 e P2, le linee audio per la casa, le pubblicità in tv, i primi distributori internazionali. Le acquisizioni. Gran parte di quello che entra, Bowers lo investe in ricerca e sviluppo. È la fondazione di uno dei più incredibili marchi audio della storia, che sopravvive al suo creatore, morto nell’87. La sua eredità sopravvive nel Nautilus, che debutta nel 1993 e diventa il diffusore più celebre dell’azienda; con le sue forme marine e inusuali è al tempo stesso il culmine di un percorso unico dal punto di vista estetico – negli anni lavorano per B&W grandi industrial designer britannici come Kenneth Grange e Morten Villiers Warren –, una apoteosi di ingegneria del suono e l’inizio di una nuova era che si affaccia al “go digital” della musica del nuovo millennio, innescata dalla rivoluzione della musica in tasca dell’iPod e poi dritta fino ai nostri giorni tutti streaming e Spotify, assistenti digitali e audio che fa base sullo smartphone

Bowers & Wilkins Nautilus 800 Series (1998)

Sfogliare il catalogo di B&W oggi è una immersione in un raffinatissimo mondo marino di speaker dalle forme fluide e inattese, poliedri complessi e architetture parametriche da soggiorno che da un lato sono spesso l’esatto contrario di tutto quello che abbiamo imparato sui diffusori nella nostra vita – “casse” a forma di cassa, forme sempre squadrate, geometrie basilari, in un paradossale contrasto alla natura invisibile e naturalmente armonica del suono –, dall’altro sembrano quasi una anticipazione di tutto quello che abbiamo visto con l’esplosione dei dispositivi audio personali nell’ultimo decennio, le forme e i materiali organici, le cuffie stondate e prive di spigoli, gli AirPods. Acquisita nel 2016 da EVA Automation, startup dell’ex CFO di Facebook Gideon Yu, oggi la sede ufficiale di B&W è a Menlo Park, in California. Un segno dei tempi, in un mondo in cui l’audio di qualità è la collisione perfetta tra il giusto hardware e un buon software. Classici diffusori, prodotti dedicati allo streaming (la linea Formation) e cuffie richiedono studio della forma e ottimizzazione totale dell’ingegneristica per perfezionare l’audio, come da tradizione dell’azienda, da un lato, e l’integrazione delle ultime tecnologie dall’altro. Ne abbiamo parlato con Mattia Cobianchi, Senior Transducer Engineer e Giancarlo Valletta, Direttore Marketing e Comunicazione di Audiogamma, l'azienda che distribuisce B&W in Italia.

Quanta importanza ha il software oggi nel design dell'audio?
MC:
Ci sono due tipi diversi di software, quelli che gestiscono internamente le funzioni prettamente audio del dispositivo, e il software che implementa l’interfaccia utente. La disponibilità di chips sempre più potenti rende possibili funzioni più avanzate di adattamento dello speaker alle condizioni di utilizzo, come il riconoscimento delle caratteristiche dell’ambiente di ascolto e la compensazione automatica di alcuni effetti di degrado del segnale in ambiente (Digital Room Correction), il monitoraggio dei parametri di riproduzione sonora in tempo reale e la protezione da sovrapilotaggio...

Dall’altro lato ci sono quelli più legati all’evoluzione dell’esperienza dell’utente, giusto?
La diffusione di servizi di streaming e la preponderanza della musica liquida nella fruizione moderna, anche tramite smartphones e tablets, ha reso le aspettative dell’utente ben diverse dall’audiofilo tipo che usava un lettore CD 20 anni fa. L’integrazione dell’interfaccia utente con gli assistenti vocali ed una connessione alle reti wifi o per il multiroom immediata, e con pochi steps intermedi, sono diventati la norma.

Bowers & Wilkins DM6 (1976)

E domani?
MC:
Ci si può aspettare una sempre maggiore convergenza di varie modalità di fruizione cosi come di dispositivi di infotainment che dovranno riconoscersi e dialogare per usare qualsiasi dispositivo hardware con qualsiasi piattaforma software e servizio di streaming. È possibile che molti dispositivi intermedi come lettori di supporti fisici, convertitori DAC ed amplificatori di potenza scompaiano man mano per lasciare il posto a diffusori acustici “smart” che integrano tutte queste funzioni al loro interno e necessitano solo di una app sullo smartphone per essere configurati ed utilizzati per lo streaming.

Astronavi o creature marine, molti dei vostri speaker hanno forme spiazzanti.
GV:
Le forme del modello Nautilus le abbiamo prese dalla natura e in particolare da una conchiglia. E lo stesso studio compiuto ormai oltre 20 anni fa, lo utilizziamo, seppure semplificato, anche nei diffusori attuali. Bisogna sempre fare i conti con un utilizzo casalingo. Le Nautilus, per esempio, dovevano essere profonde oltre due metri, a sentire il progettista, ma poi sarebbe stato impossibile sistemarle in qualsiasi ambiente. Le nuove serie, e in particolare la 800D3 flagship, è un deciso passo avanti delle prestazioni a tutto tondo, ma nel rispetto di dimensioni gestibili. Anche Formation, la suite wireless appena uscita, nasconde molti ritrovati tecnici avanzatissimi, tra cui i tweeter con condotto Nautilus, e i mid-woofer con membrana Continuum, realizzati con materiali e forme prese dalla natura. 

Quali sono i prodotti che rappresentano meglio cos’è B&W, oggi?
MC:
Il Wedge e le Formation Duo sono i prodotti che mi hanno dato più soddisfazione, in quanto gli obiettivi di progetto sono stati raggiunti in pieno e clienti e stampa del settore hanno recepito in maniera entusiasta questi prodotti. Nel caso del Wedge, avevamo come riferimento il nostro stesso Zeppelin Wireless”che è stato in catalogo per molti anni, la sfida è stata di sorpassare la qualità audio dello Zeppelin in un cabinet più piccolo, il che ha richiesto ulteriori sforzi progettuali soprattutto nel disegno degli altoparlanti ed il raffreddamento delle elettroniche. Nel caso delle Formation Duo, l’obiettivo era di competere con una coppia di casse passive in abbinamento a un buon amplificatore e un convertitore digitale-analogico esterno, a parità di spesa. Ma il design industriale basato su due gusci in plastica rinforzata con fibre di cellulosa,  la scelta di un caricamento in cassa chiusa e gli obiettivi di massima pressione acustica in bassa frequenza hanno richiesto un approccio molto originale al disegno dell`altoparlante medio-basso.

Bowers & Wilkins DM70 (1970)

Come si passa dall’idea iniziale al prodotto finito?
MC: Lo sviluppo prodotto passa tipicamente attraverso tre fasi, una di design industriale, una di fattibilità tecnica e di scelta delle tecnologie da incorporare, ed una di ingegnerizzazione vera e propria. Rappresentanti dei vari team (industrial design, ricerca acustica, sviluppo prodotti, disegno meccanico e processi di produzione) in proporzione diversa partecipano alle diverse fasi, e tutti rimangono coinvolti fino alla fine per la messa in produzione, in quanto alcuni imprevisti possono sempre presentarsi e richiedere una rivalutazione dell’impatto estetico, acustico ed economico di cambiamenti di forma, materiale o processo di assemblaggio.

Avete trovato una forma standard per adattare la necessità al desiderio, ovvero l'estetica del progetto a tutte le sue necessità tecniche per ottenere il migliore audio possibile?
MC:
Abbiamo una serie di condizioni base cui tutte le proposte di design industriale devono sottostare. Alcune fra quelle più importanti sono la minimizzazione del caricamento del tweeter da parte del baffle di montaggio, l’uso di sistemi di disaccoppiamento meccanico per ridurre la radiazione acustica spuria di suoni indesiderati da parte dei cabinets di medi e tweeters, il fissaggio solidale al cabinet degli altoparlanti bassi e mediobassi, l’uso di struttura Matrix ove possibile per irrigidire strutturalmente i cabinets, la selezione accurata delle tele di rivestimento di griglie e pannelli frontali attraverso misure su tubo a onda piana ed in camera anecoica per la massima trasparenza acustica. 

E i materiali che ruolo hanno in tutto questo?
MC:
La scelta dei materiali è fondamentale, come i colori per un pittore, e avere una tavolozza più vasta consente maggiore possibilità di espressione dell’eccellenza tecnica. La conoscenza interna all’azienda nel campo dei materiali è probabilmente seconda a nessuno nel settore hi-fi. Abbiamo negli anni costruito setup di misura appositi per caratterizzare i materiali che usiamo, dalle proprietà magnetiche di ferro dolce e magneti permanenti con bobine di eccitazione e misura ed elettroisteresigrafo alle proprietà meccaniche di rigidità e smorzamento intrinseco di metalli, plastiche e legno testate con sollecitazione forzata di travi o fitting dei modi di vibrazione di strutture complesse, alle capacità di assorbimento acustico di schiume e materiali fibrosi attraverso misure su tubo ad onda piana. Dove non arriviamo con i nostri mezzi, usiamo laboratori esterni.

 

Le forme del modello Nautilus le abbiamo prese dalla natura e in particolare da una conchiglia. E lo stesso studio compiuto ormai oltre 20 anni fa, lo utilizziamo, seppure semplificato, anche nei diffusori attuali.

Quindi in sintesi come definireste l’approccio al design di B&W?
GV:
Il design per noi è funzionale agli aspetti tecnici. Si parte sempre da un progetto di ottimizzazione acustica e su quella si ragiona dal punto di vista del design industriale. Il disegno si sottopone anche al marketing e alla rete vendita, ma l’ultima parola è sempre quella degli ingegneri. Per fortuna le belle forme si sposano “quasi” sempre con le esigenze acustiche.

Com’è organizzata la ricerca in una azienda di punta come B&W?
MC:
Per quel che riguarda il settore di ricerca più importante, quello elettroacustico, c’è un team apposito di 6 persone, che si occupa di sviluppare tecnologie sia “su ordinazione” per alcuni progetti, sia slegati dall’applicazione pratica ed invece destinate a diventare tecnologie a disposizione per coprire esigenze specifiche nel momento in cui si presentano.
Ma all’interno di tutti i vari team di sviluppo prodotto e componenti ci sono anche di volta in volta attività di ricerca legate a prodotti specifici.

Bowers and Wilkins è stata assorbita qualche anno fa da un'azienda di software della Silicon Valley. Come miscelate eredità e innovazione?
GV:
La tradizione rimane ben radicata, del resto certe prestazioni non si inventano. E anzi l’iniezione finanziaria ha permesso di aprire un nuovo centro di ricerca e sviluppo, dove è nata la suite di prodotti Formation che è proprio la fusione tra tradizione e innovazione visto che sono prodotti acusticamente perfetti con una sezione wireless e processore di segnale digitale di livello assoluto.

Bowers & Wilkins 801 Series (1979)

Molti speaker si collegano direttamente al Wifi, sfruttano gli assistenti digitali... Gli utenti non hanno paura per la loro privacy?
GV:
No, i nostri clienti non hanno paura della loro privacy, e noi teniamo particolarmente a questo aspetto, curando in modo maniacale la protezione dei dati sensibili. Tra l’altro gli speaker Formation non hanno telecamera  e microfono, quindi un eventuale pericolo per la privacy riguarderebbe solo la musica ascoltata.

Cosa ne pensate del trend degli auricolari wireless stile Airpods?
MC
: In generale sono a favore di qualsiasi tecnologia che faciliti la fruizione di musica in condizioni in cui precedentemente magari non avremmo mai pensato di poter ascoltare musica. Le uniche preoccupazioni che ho nei confronti dell’ubiquità di dispositivi portatili di quel tipo sono in primis il pericolo di usare livelli di ascolto dannosi per l’udito per far fronte ad una scarsa capacità di isolamento acustico dal rumore di sottofondo. Gli Airpods Pro ad esempio, così come i nostri PI3 e PI4, permettono di personalizzare il fit dell’auricolare per il massimo comfort ed isolamento acustico passivo, ma gli Airpods sono invece sprovvisti di tale opzione. E la cancellazione attiva del rumore è un’altra caratteristica fondamentale per ridurre i livelli di ascolto senza penalizzare la qualità e l’intellegibilità. Un’altra preoccupazione che ho riguarda invece l’effetto di un uso indiscriminato di dispositivi personali in luoghi pubblici, sia dal punto di vista della sicurezza personale (il non sentire un veicolo che si sta avvicinando, una sirena od altri rumori che segnalano un pericolo), sia l’impatto sociale di creare sempre di più soundscape personali che ci isolano dalle interazioni umane con i nostri simili che abitano ed usufruiscono degli stessi spazi pubblici.

E degli speaker portatili che i ragazzini si portano dietro in metropolitana nelle grandi città?
MC:
Valgono in gran parte i commenti del punto sopra, con il distinguo che vedo in questo invece un ritorno alle boomboxes degli anni 80 e quindi una volontà alla condivisione di musica ed esperienze anziché all’isolamento. Una delle funzioni più importanti della musica è la creazione di un proprio “territorio”, e gli speakers portatili possono facilitare le fasce più giovani a sentirsi a proprio agio e padroni di spazi che possono conquistare a suon di musica.

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