Lo definiamo e sempre lo definiremo italiano, per la sua formazione veneziana e per i capitoli di storia politica e artistica che ha condiviso nella sua carriera: Gaetano Pesce era anche però da tempo un cittadino del mondo, con una certa propensione per New York, dove si era trasferito nel 1983 e dove è morto il 4 aprile. 

La sua traiettoria terrena è una sequenza di atti sovversivi, o quanto meno critici, del sistema in cui si è trovato a vivere o ad operare: dalle forme espandibili della poltrona Up 5 che in pieni anni ‘60 evocavano quelle delle dee primordiali aprendo il dibattito sulla condizione femminile, fino alle sedie per Bottega Veneta capaci di definire il paradigma visuale di una stagione della moda contemporanea, passando per il suo provocatorio ponte abitato ideato per lo stretto di Messina. Dall’attività come designer per C&B (Cassina e Busnelli, La futura B&B Italia), alla partecipazione alla mostra pietra miliare del MoMA Italy: The new domestic landscape, a quella di creativo indipendente, Pesce ha sempre puntato a mettere in discussione gli assunti tipologici su cui basare i progetti, basta pensare alla facciata dell’Organic Building a Osaka, un pattern di grandi e scultoree tasche in fiberglass caricate a piante verdi, che a inizio ’90 anticipava di anni tutto un capitolo dell’architettura caratterizzato dal verde verticale, o alla resina dei vasi Fish design, apparentemente statuari e in realtà elastici. D’altro canto, come aveva raccontato a Domus nel 2022: “Quando si scopre qualcosa che è l’opposto di ciò che si è scoperto ieri, si segue una contraddizione, e va bene così. È la vita”.

Immagine apertura: foto Gabriele Zanon. Courtesy Salone del Mobile.Milano 2019