Lorenzo Damiani, il designer della sorprendenza

Guida all’opera di un designer che recupera la lezione dei maestri italiani del progetto, e la rielabora in modo innovativo, aggiornandola alle esigenze dei nostri giorni. Non a caso, Romanelli lo definiva “inventore”.

Un’azienda – la IB – chiede a un designer – Lorenzo Damiani – di progettare una nuova collezione di rubinetti per il bagno (OnlyOne, 2006). Il designer ci lavora sopra, studia con attenzione per quasi due anni i meccanismi di varie rubinetterie, ma non ne viene a capo. Finché l’idea giusta gli arriva osservando il funzionamento di un joystick: perché non provare ad applicarlo a un nuovo modello di rubinetto che permetta di selezionare la quantità di acqua da erogare e la temperatura desiderata semplicemente con un solo gesto, afferrando il rubinetto e spostandolo avanti e indietro, o a destra e a sinistra?

OnlyOne
Miscelatore monoforo OnlyOne manovrabile come un joystick per ottenere quantità e temperatura d’acqua desiderata. Produzione IB Rubinetti, 2006.
Courtesy IB Rubinetti

Lorenzo Damiani lavora così. Mescola e innova. Riunifica due funzioni che solitamente sono disgiunte, il comando e l’erogazione dell’acqua, facilitando in tal modo la manualità. E così facendo stupisce e sorprende. In un’altra occasione Damiani si trova a progettare una nuova sdraio per Campeggi (Soleil, 2019). In questo caso parte da un oggetto anonimo, uno di quelli che Munari aveva premiato con il Compasso d’Oro a ignoti, e apporta una piccola modifica: trasforma il bracciolo con un piccolo tavolinetto d’appoggio. Anche qui riunifica in un unico oggetto più funzioni. E così facendo economizza gli ingombri e libera lo spazio.

Soleil
Sedia a sdraio pieghevole Soleil, con bracciolo che diviene un comodo tavolino. Produzione Campeggi, 2019.
Courtesy Campeggi

E ancora: la sua attenzione per gli oggetti anonimi si concentra sullo sgabello da tecnigrafo che viene rivisitato nella regolazione in altezza attraverso un ammortizzatore a gas sapientemente custodito all’interno di una delle 4 gambe su cui poggia lo sgabello, che assume una dimensione maggiorata, diventando elemento compositivo primario (Main/et al./2021). Sorprendente. Come quasi tutti gli oggetti progettati da Damiani. Che hanno questo in comune: stupiscono, spiazzano, disorientano. E spesso, subito dopo, ri-orientano.

Main
Sgabello girevole Main, regolabile in altezza, caratterizzato da una delle quattro gambe che diviene custodia dell’ammortizzatore a gas. Produzione et al., 2021.
Courtesy et al.

La loro sorprendenza non è quella conferita a un oggetto da un mago, o da un prestidigitatore: non sono “cappelli a cilindro”. Sono, piuttosto, oggetti capaci di fare cose che non ti aspetteresti potessero fare. Un pouf, da cui ti aspetteresti di potertici sedere, si rivela capace anche di aspirare la polvere dal pavimento. Dei tubi idraulici, da cui ti aspetteresti la tenuta ermetica rispetto al flusso dei liquidi, diventano la struttura modulare di una poltroncina da esterni. Un tavolino rivela in realtà di poter funzionare anche da ventilatore. E la trama di un tappeto si fa anche mappa del mondo.

Un’analoga sorprendenza caratterizza, nel lavoro di Damiani, anche l’uso dei materiali. Gli scarti della lavorazione del vetro diventano ad esempio l’anima preziosa e irripetibile di inediti pezzi unici usciti dai laboratori dei maestri vetrai di Murano: in questo modo rifiuti che potrebbero essere pericolosi si trasformano in elementi preziosi, si fanno memoria storica ed elementi di decoro, proponendo altresì un sistema alternativo di smaltimento dei rifiuti speciali.

Ciotola 152
Ciotola 152 che contiene e isola gli scarti delle lavorazioni muranesi classificati come rifiuti speciali, in base al D.lgs 152/2006. Produzione Luigi Fornasier, 2008.
Courtesy Luigi Fornasier

Questa riflessione sulla possibilità di utilizzare diversamente gli oggetti e le risorse considerate generalmente di scarto, Damiani vorrebbe che conquistasse il modo di pensare delle persone. Beninteso: non siamo di fronte all’ennesima versione del readymade. Damiani non è l’ultimo epigono della poetica del riciclo o del riuso. È piuttosto un alchimista, un chimico, un genetista oggettuale: uno capace di riprodurre sulla grande vetrata del suo studio un arcobaleno personale grazie all’analisi dell’inclinazione del vetro e del modo in cui va bagnato. Ma anche uno che usa il suo sapere e i suoi alambicchi di bottega per sperimentare innesti impensati, per saggiare i limiti funzionali di una tipologia, per esplorare la possibilità di fondere in un solo artefatto più tipi e più funzioni.

Panca metallica Benna, Lorenzo Damiani, produzione Da a, 2015. Courtesy Da a
Panca metallica Benna ottenuta sfruttando l’esistenza di uno stampo utile alla realizzazione di benne a uso agricolo. Produzione Da a, 2015.
Courtesy Da a

Nel suo lavoro parte sempre da idee semplici, e da un’approfondita conoscenza dei materiali, per portarli al limite, per stressarli al massimo, per sperimentare tutte le loro possibilità. Sicuramente non parte mai dalla forma. La forma si concretizza e si definisce in progress, è come se i materiali o l’idea di partenza la chiamassero a sé.

In modo naturale, forse anche inconsapevole, Damiani ha ereditato la lezione dei grandi maestri che lo hanno preceduto. Si riconoscono in lui, ad esempio, la magia e la sorprendenza di un Denis Santachiara (come nell’Airpouf del 2005 per Campeggi, dove la pallina che chiude il foro dell’aerazione quando l’aspirapolvere è in funzione viene fatta galleggiare magicamente nello spazio, come per convogliare l’anelito dell’aria e non farlo disperdere).

Panca metallica Benna ottenuta sfruttando l’esistenza di uno stampo utile alla realizzazione di benne a uso agricolo. Produzione Da a, 2015. Courtesy Da a
Panca metallica Benna, produzione Da a, 2015.
Courtesy Da a

Ma in lui c’è anche – come si è visto – la capacità di trasferire idee da contesti estranei e applicarli in modo inedito all’ambiente domestico, come faceva Marco Zanuso. E c’è l’attenzione di un Enzo Mari nel cercare sempre di procedere in modo giusto ed etico, evitando gli sprechi e stimolando l’utente finale a interagire nella definizione dell’oggetto. Esemplare in questo senso è già uno dei primi lavori di Damiani, la Packlight, progettata nel 1995, quando Lorenzo era ancora studente all’Università, con l’idea di trasformare il packaging realizzato da Osram per contenere e proteggere le lampadine per la grande distribuzione in un vero e proprio apparecchio illuminante, invitando l’utente – con poche istruzioni – a essere egli stesso, in prima persona, protagonista di una virtuosa pratica di riuso e risemantizzazione di un oggetto destinato altrimenti a diventare uno scarto. E se Enzo Mari partiva da un semilavorato industriale per creare quel capolavoro di vassoio che è Putrella, Damiani parte da tubolari cromati per creare un’ampia collezione da bagno e di rubinetti per Flaminia (Fold/2012). Nel caso dei rubinetti, la piegatura non è solo una risultante formale, ma diventa anche struttura e meccanismo: le pieghe sono delle piccole dighe, dei filtri naturali per diminuire la pressione dell’acqua.

Lampada Packlight ottenuta modificando, in modo opportuno, un packaging in commercio. Autoproduzione, 1995.
Lampada Packlight ottenuta modificando, in modo opportuno, un packaging in commercio. Autoproduzione, 1995.
Courtesy Lorenzo Damiani

Non è un caso allora che Marco Romanelli abbia forgiato per lui la qualifica di “inventore”: uno che non si limita a una diligente progettazione su commissione, quanto piuttosto uno che osa, e che produce cose che nessuna committenza avrebbe nemmeno osato pensare. Uno che punta al superamento dell’esistente per procedere oltre. Cosa che Lorenzo Damiani fa, ad esempio, realizzando un tavolino che fa vento (Airtable, 2009). O un feltrino già fustellato da applicare ai piedi delle sedie (Fel3, 2005). Ma anche praticando sistematicamente quella che Romanelli ha definito l’ibridazione tipologica, cioè quella pratica progettuale che lo porta a sintetizzare in un unico oggetto più tipi diversi con funzioni differenti: ecco allora – come abbiamo visto – il tavolino/ventilatore, lo specchio/tavolo, il ventilatore/pouf, la poltrona/valigia.

Feltrino adesivo Fel3, Lorenzo Damiani, produzione Coop, 2005. Courtesy Lorenzo Damiani
Feltrino adesivo Fel3 a misura modificabile caratterizzato dalla presenza di tre anelli concentrici fustellati. Produzione Coop, 2005.
Courtesy Coop

Da questo punto di vista, il suo lavoro rappresenta davvero una delle più clamorose smentite alle lamentazioni di coloro che – in nome di un mitico passato perduto – accusano il design italiano contemporaneo di essere minimalista, frivolo, fatuo e inconsistente. Se si guarda al lavoro di Damiani – così come a quello di altri designer della sua generazione – senza pregiudizi e senza paraocchi, non si può non vedere come la lezione dei Maestri risulti adeguata a un contesto, a una cultura e a una società che non sono più quelle in cui i Maestri si trovarono a operare. Del resto, se non fosse così, Damiani non potrebbe sorprenderci come invece sa fare.

Perché la sua sorprendenza è un mix di intuito e cultura, di tradizione e spregiudicatezza, di conoscenza dell’esistente e di consapevolezza della necessità di andare oltre. Di non poter accettare mai i luoghi comuni, i limiti imposti e le visioni risapute.

Lorenzo Damiani ci accompagnerà sul sito di Domus, proponendo spunti e percorsi, selezionando progetti sia storici sia nuovi e offrendo il suo punto di vista all’interno della sezione design in collaborazione con la redazione.

Immagine in apertura: Lorenzo Damiani. Foto Gaetano del Mauro

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