Il nuovo progetto di Studiopepe è un Desiderio

Ci mancano le stelle: invece di un allestimento, che nessuno potrebbe vedere in questo momento, questa volta le progettiste di Studiopepe hanno realizzato un video.

Studiopepe ci ha abituati a quelli che chiama “progetti manifesto”, che esprimono la loro visione del design e dello spazio. Suggestioni che derivano dal lavoro, che precedono le forme e gli oggetti. Ma, visti i tempi che viviamo in cui sia lo spazio pubblico sia quello domestico sono del tutto cambiati, e non è chiaro se la forma che hanno ora sarà definitiva, non si può fare altro che immaginare. Per questo lo studio ha deciso di provare a guardare in alto: verso il cielo, a partire dall’etimologia della parola desiderio.

La parola desiderio è composta dal prefisso latino de-, che significa “mancanza di qualcosa” e la parola sidus che significa “stella”. Desiderare qualcosa significa letteralmente “mancanza di stelle”, “sentire una mancanza di stelle”, o in altre parole avere la percezione di una mancanza sottintendendo di conseguenza, un sentimento di ricerca appassionata. De-siderio è il nome di una costellazione immaginata, formata da tutti i progetti di product design che hanno realizzato quest’anno, che ha coinvolto ricerca formale e ricerca sui materiali, analisi dei segni e del linguaggio, tutti aspetti caratteristici della loro visione progettuale. Non più un luogo fisico per contenere i progetti ma un’architettura immaginaria nata per mettere in relazione i progetti, raccontati attraverso un video che utilizza il linguaggio poetico e sinestetico tipico dell’arte, creando rimandi, connessioni, dialoghi, analogie.

È uno spazio fortemente simbolico, quello del cielo, per questo il video risulta seducente. Dall’ultimo, celeberrimo, verso dell'Inferno della Divina Commedia, “e quindi uscimmo a riveder le stelle” – che da marzo 2020 è tornato ad essere citato in libri, articoli, mostre – fino ai voli spaziali. Dall’idea di divino alle case su Marte, ma anche più semplicemente risuona in ciascuno di noi come immagine di spazio libero e infinito, a dispetto dell’inquinamento luminoso, perché lo abbiamo visto, il cielo, quando abbiamo potuto.

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