Parma. L’architettura nascosta nel design di Sottsass

Una retrospettiva al CSAC di Parma, nell’abbazia cistercense di Valserena, chiude l'anno di Sottsass: una proiezione in quattro dimensioni del processo creativo del designer italiano.

Ettore Sottsass Junior, Senza titolo. Composizione con elementi di arredo, senza data (1939-40), pastello a cera, china acquarello su carta (mm 340 x 493) applicata su carta (mm 420 x 595) (Esame di architettura degli interni. Arredamento e decorazione, Scuola Superiore di Architettura, Politecnico di Torino, 1939-40)

L’anno di Sottsass sta per concludersi e, con il 2017, finiranno anche le molte celebrazioni per il centenario della nascita di questo carismatico personaggio. Alcune code di comete resteranno visibili fino alla prossima primavera, perché la fatica di aver concepito articolate e ricche retrospettive merita un tempo di fruizione che supera le caselle del calendario. E merita un’attenzione speciale anche l’occasione di poter mettere a confronto diverse visioni, approcci a volte complementari, altre discordanti, sempre necessari. L’impressione è che una sola mostra, un solo libro, una sola conferenza non potessero esaurire l’energia che ancora scaturisce dal racconto su e dell’architetto di origine austriaca, ma di formazione sabauda, che ha coniugato libertà espressiva e rigore metodologico, ironia e conoscenza storica alla pratica progettuale di una lunga e feconda carriera. Dal Met Breuer alla Triennale, passando per il Vitra fino ad approdare, ora, al CSAC – Centro studi e archivio della comunicazione di Parma – che pochi giorni fa ha inaugurato “Ettore Sottsass. Oltre il design”, restituzione critica al pubblico del ricco archivio che lo stesso autore aveva affidato nel 1979 alle cure di Arturo Carlo Quintavalle e che è stato oggi trasformato in un dispositivo visivo grazie al lavoro di un appassionato gruppo di storici, critici e curatori

Vista della mostra “Ettore Sottsass. Oltre il design”. Photo Paolo Barbaro
Vista della mostra “Ettore Sottsass. Oltre il design”. Photo Paolo Barbaro

La mostra, suddivisa in 14 sezioni tematiche è, in prima istanza, un’occasione per visitare l’abbazia cistercense di Valserena che, dal 2007, ospita il CSAC e, da due anni, dopo il restauro dell’elegante chiesa monastica, ha inaugurato una, non facile ma suggestiva, sede espositiva. Anche per la solennità del luogo, questo percorso di scoperta tra i disegni di Ettore Sottsass appare più composto rispetto ai salti virtuosi e ironici o alle tinte pop che altre mostre ci hanno restituito. Usando le parole di Francesca Zanella, presidente dell’archivio, questo “è un catalogo esploso”, un’opera collettiva fatta di sguardi autoriali precisi e, ci pare, una proiezione in quattro dimensioni del processo creativo che ha permesso a Sottsass d’influenzare in maniera incisiva la cultura italiana degli ultimi 60 anni.

Ettore Sottsass Junior, Stazione nuova piazza Vittorio, Senza data (1934-39), tempera su carta applicata su carta, mm 360 x 253, in basso a destra sul recto “Sot-sas”
Ettore Sottsass Junior, Stazione nuova piazza Vittorio, Senza data (1934-39), tempera su carta applicata su carta, mm 360 x 253, in basso a destra sul recto “Sot-sas”

Sia il catalogo cartaceo (Silvana Editoriale) sia l’allestimento procedono in senso cronologico, per raffronti e paragoni, facendo risuonare, come in un coro polifonico, le stesse note di un canto a più voci o, per meglio dire, le stesse forme in un disegno a più scale. Ci sono però anche i temi, che qui vengono raccontati partendo dal periodo di studi al Politecnico – con disegni degli anni Trenta – capaci di svelare la matrice architettonica che sta dietro a molti, insospettabili progetti, e che funge da metronomo di una produzione che grazie a questo percorso appare più logica e sistematica. Ci sono, poi, i maestri, primo fra tutti Spazzapan, poi Emilio Scanavino, Mauro Reggiani, Hsiao Chin, Arnaldo Pomodoro, Pinot Gallizio e Gastone Novelli, raccontati, forse in maniera un po’ didattica, ma rivelati attraverso raffronti diretti, agoni di opere poste le une di fianco alle altre, carta su carta, per illustrare il mondo visivo da cui Sottsass trasse ispirazione e che qui ritrova una propria collocazione non solo d’intenti ma anche di effetti e di affetti, nonostante la mostra rifugga dalla mera evocazione emozionale. Il quarto elemento è l’archivio stesso, protagonista dell’ultima parte del percorso espositivo, nella Sala delle Colonne, in cui segreti scomparti, cassetti e teche sono stati aperti al pubblico per rievocare, secondo un principio foucaultiano noto ai conservatori, “ce qui, hors de nous, nous délimite”. Un disvelamento dei sensi concettuali, per usare un ossimoro ben rappresentato da Sottsass ma anche da Branzi, Munari e dagli altri designer con cui viene messo a confronto in questa ultima sezione. Emerge l’immagine ben sostanziata di un uomo passionale, rigoroso, un osservatore minuzioso e preciso, capace di assimilare culture, tecniche, linguaggi tutti restituiti in percorsi che s’intersecano in molti punti.

E sono proprio questi punti d’intersezione a essere stati messi in luce nell’allestimento, dispiegato nella grande chiesa secondo il senso del transetto, con rimandi orizzontali che s’inseguono da una parte all’altra delle temporanee cappelle di pannelli bianchi, inframezzati da voluminose tele calate sulla navata centrale – unica concessione al gioco leggero in ambiente sacro. Curato da Elisabetta Terragni, che insieme al grafico Daniele Ledda, ha operato una scelta di minimo disturbo del percorso rispetto alle opere esposte. Piccole calamite sorreggono i quasi 700 fogli accorpati secondo titoli che potrebbero essere usati anche in un convegno scientifico: “La formazione: il disegno e i linguaggi”, “Il progetto degli interni”, “Colore e superficie”, Strutture e luce” fino a “Mostra come autobiografia” e “Libro come autobiografia” a dimostrazione della volontà di mettere in evidenza le relazioni e gli eterni ritorni di un percorso radiografato in vitro. Eppure, alla fine di questo viaggio, che richiede allo spettatore un’attenzione quasi religiosa, ci si ritrova improvvisamente più vicini a Sottsass, e ritornano alla mente le parole che scrisse per il suo maestro e che qui verrebbe voglia di dedicare a lui: “Tanto mi piaceva di sentire Spazzapan raccontare e trarre fuori i ricordi con tanta attenzione e cura, quasi da quella silenziosa e ferma, chiara luce dorata dello studio, da quell’odore dolciastro di quadri e fogli, quasi da sotto gli spazi nascosti dietro alle cornici, e i mucchi di disegni e scegliere le parole e le inflessioni della voce, affinché evocare quelle lontane esperienze fosse più preciso, tornito e insieme morbido e sfumato e desse poi a me l’eco di quello stesso amore, che io potessi amare come lui si ricordava e provava a ricordare”.

Ettore Sottsass Junior, Disegno per Il pianeta come festival, 1972
Ettore Sottsass Junior, Disegno per Il pianeta come festival, 1972
Titolo mostra:
Ettore Sottsass. Oltre il design
Date di apertura:
18 novembre 2017 – 8 aprile 2018
Sede:
CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione
Indirizzo:
Abbazia di Valserena, via Viazza di Paradigna 1, Parma

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