“Utopie Radicali”: 10 anni di progetti rivoluzionari in mostra a Firenze

Il co-curatore Pino Brugellis racconta l’esposizione alla Strozzina che per prima mette insieme il movimento radicale, con 320 pezzi firmati da Archizoom, Remo Buti, 9999, Gianni Pettena, Superstudio, UFO e Zziggurat.

Alessandro Poli (Superstudio), Architettura Interplanetaria. Autostrada terra luna, 1970-1971. Montréal, CCA, Alessandro Poli fonds

Sotto lo sguardo selvaggio di un gorilla con l’aureola, i visitatori scendono le scale di Palazzo Strozzi, a Firenze, per visitare la mostra “Utopie Radicali”. L’immagine nel tondo è una citazione della copertina del numero 367 della rivista Casabella del 1972, realizzata dal direttore dell’epoca Alessandro Mendini e dedicata alla mostra “Italy. The New Domestic Landscape”, a cura di Emilio Ambasz al MoMA di New York: il primo riconoscimento internazionale per gli architetti radicali che, tra il 1966 e il 1976, partendo da questa città, hanno cambiato una volta per tutte il modo di pensare utopia e progetto. 

Casabella del luglio 1972, Alessandro Mendini
Una citazione della copertina del numero 367 della rivista Casabella del luglio 1972, realizzata dall’allora direttore Alessandro Mendini e dedicata alla mostra “Italy. The New Domestic Landscape” a cura di Emilio Ambasz al MoMA di New York.

Alla Strozzina, fino al 21 gennaio, vengono esposti 320 pezzi che comprendono fotomontaggi, video, collage, modellini, porcellane, abiti, progetti, arredi e altro ancora. Oggetti mai visti prima, che in alcuni casi gli autori stessi non ricordavano di avere negli archivi, accostati a elementi iconici, che hanno fatto storia e tornano a segnare l’immaginario contemporaneo. Per la prima volta, sono presentati insieme i lavori di Archizoom, Remo Buti, 9999, Gianni Pettena, Superstudio, Lapo Binazzi – UFO e Zziggurat, grazie alla tenacia dei tre curatori Pino Brugellis, Gianni Pettena e Alberto Salvadori, con la preziosa collaborazione di Elisabetta Trincherini e del team di Palazzo Strozzi.

Annalisa Rosso: Un’esposizione eccezionale, che ha richiesto un anno di lavoro. Come siete riusciti a mettere insieme tutti questi pezzi e questi autori non sempre in accordo tra loro?
Pino Brugellis:
Abbiamo recuperato molti oggetti originali, anche grazie ai rapporti personali che abbiamo con gli architetti radicali, mentre altri li abbiamo rifatti perché non esistevano più. I collage, ad esempio, sono stati quasi tutti distrutti. I radicali all’epoca erano ragazzi, non avevano soldi, e spesso utilizzavano pezzi dei progetti precedenti per fare altri lavori. Noi ne abbiamo ritrovato parecchi intatti: un’occasione unica per capire la tecnica utilizzata. I personaggi in questione sono straordinari. Tra di loro non si sono mai troppo sopportati e questo vale ancora oggi, l’indole fiorentina è quella di essere sempre un po’ guelfi e ghibellini. Ma la mostra è fatta con il loro contributo diretto. 

Quegli anni a Firenze sono stati un big bang dell’architettura, un’esplosione, una sorta di anno zero

Annalisa Rosso: Che atmosfera si respirava 50 anni fa, dal 1966 al 1976?
Pino Brugellis:
Quegli anni a Firenze sono stati un big bang dell’architettura, un’esplosione, una sorta di anno zero. Quando Andrea Branzi ha saputo del progetto di questa mostra ci ha detto: “dovete far emergere il caos energetico che ci dominava”. Speriamo di esserci riusciti. Va detto che il termine “radicale” è stato utilizzato per la prima volta da Germano Celant solo nel 1972, mentre secondo me i lavori più interessanti della radicalità sono quelli realizzati prima del ’73.

Annalisa Rosso: Parlaci della mostra.
Pino Brugellis:
Non mi sono reso conto di tutto il materiale che abbiamo recuperato fino a quando non abbiamo cominciato l’allestimento. Si parte con l’uccisione di Umberto Eco, la foto di un happening di UFO. Ma l’esposizione non è organizzata per epoche o autori, abbiamo lavorato per temi. Ogni sezione rimanda a un’altra: questo è un mondo tutto connesso. Nella sezione dedicata al design ci sono praticamente tutti i pezzi prodotti. In quella delle discoteche c’è anche lo Space Electronic, dove si andava per gli happening e le installazioni, oltre che per ballare. È raccontato con foto e filmati originali che restituiscono la vitalità dell’epoca. In una stanza si trova da una parte la città senza architettura (No-Stop City, di Archizoom), e dall’altra l’architettura senza la città (Monumento continuo, di Superstudio), in un confronto interessante. Altre sale sono dedicate all’architettura interplanetaria e a quella green, con il lavoro dei 9999 che trasforma Firenze in una città-bosco: un lavoro precursore di quello che Stefano Boeri sta facendo adesso.

Annalisa Rosso: Ci sono anche due Urboeffimero di Lapo Binazzi e il suo gruppo UFO.
Pino Brugellis:
La mostra deborda all’esterno degli spazi della Strozzina. Così come nel 1968, durante la contestazione studentesca, Lapo Binazzi e Ufo producevano il dollaro e il missile gonfiabili (Urboeffimero 6 e Urboeffimero 5), e con questi inscenavano azioni di protesta in giro per Firenze, oggi li abbiamo rifatti: il dollaro è sospeso all’interno della corte di Palazzo Strozzi, e il missile si trova all’interno del mercato centrale di San Lorenzo.

Annalisa Rosso: Perché fare questa mostra adesso?
Pino Brugellis:
Io sostengo che il movimento radicale non sia mai esistito all’epoca, mentre invece esiste oggi. Una sorta di virus che ha influenzato un po’ tutti, una fucina di idee da cui attingiamo continuamente, un vocabolario. Mi sembra interessante questo omaggio ai maestri a 50 anni dalla loro nascita. Perché una mostra come questa non è mai stata fatta. 

Titolo mostra:
Utopie Radicali. Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976
A cura di:
Pino Brugellis, Gianni Pettena, Alberto Salvadori
Date di apertura:
dal 20 ottobre 2017 al 21 gennaio 2018
Luogo:
Palazzo Strozzi, Strozzina
Indirizzo:
piazza Strozzi, Firenze

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