Così fan tutte

La ‘chiocciola’ minimalista creata da Zaha Hadid per l’opera di Mozart, eseguita dalla Filarmonica di Los Angeles, non prevarica sugli attori vestiti da Hussein Chalayan: resta una piattaforma statica, se pur significativa, delle lotte di potere dei personaggi.

Nei tre anni nei quali la Filarmonica di Los Angeles, con il ciclo della trilogia di Mozart-Da Ponte, ha appaiato Mozart ad architetti e stilisti moderni (rispettivamente per scenografia e costumi), Amadeus pare aver trovato la consonanza migliore nelle ardite allusioni di Zaha Hadid e nella spontaneità di Hussein Chalayan del recente allestimento di Così fan tutte.

Lo spettacolo “a tiratura limitata” è andato in scena con quattro rappresentazioni nelle ultime due settimane di maggio, facendo seguito all’allestimento del Don Giovanni del 2012 (Frank Gehry e Rodarte) e a quello del 2013 del Matrimonio di Figaro (Jean Nouvel e Azzedine Alaïa). La regia di tutte e tre le opere era di Christopher Alden, con il celebre direttore d’orchestra Gustavo Dudamel come responsabile della parte musicale.

Los Angeles Philharmonic Association – Così fan tutte

Mentre la collaborazione tra Gehry e Rodarte ha collocato il Don Giovanni in un mondo astratto, futuristico e alquanto distaccato, e quella di Nouvel e Alaïa ha trasferito il Figaro in una condizione onirica e magica che mutava a ogni atto in modo spettacolare, Hadid e Chalayan hanno affrontato Così fan tutte con una ludicità indiavolata e diretta che, perfino nei momenti surreali, è apparsa decisamente moderna e legata al presente. Non ci si può aspettare che un’opera del 1790 abbia, diciamo, nei confronti degli stereotipi di genere la stessa sensibilità che la maggior parte del pubblico della Filarmonica di Los Angeles rivendica ordinariamente oggi, e perciò Hadid e Chalayan si sono un po’ divertiti a giocare sulle incoerenze.

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Per farla breve, Così fan tutte si snoda lungo la storia della scommessa di Don Alfonso, scapolo impenitente e filosofo, con due amici più giovani, gli ufficiali e amici fraterni Guglielmo e Ferrando: le loro caste (per il momento) fidanzate, le sorelle Dorabella e Fiordiligi, se i due dovessero andare al fronte, non resisterebbero alle profferte di altri uomini. Don Alfonso convince la cameriera delle sorelle, Despina (femmina pratica, cinica e incurante dell’amore), ad aiutarlo a vincere la scommessa. La trama s’infittisce, ci si traveste, il corteggiamento s’arroventa e il fidanzamento si spezza e poi si riallaccia. Nell’insieme, una commedia romantica settecentesca che Alden, Dudamel, Hadid e Chalayan rendono interessante e divertente per il pubblico moderno.

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Al culmine della rappresentazione la scenografia di Hadid, una ‘chiocciola’ minimalista, in una scena dall’accento erotico che prevede l’implicito denudarsi dei personaggi, si mette a ondeggiare. Il doppio senso suscita grandi risate tra il pubblico, ma per il resto il progetto di Hadid è attento a non prevaricare sugli attori. Restando una piattaforma statica, se pur significativa, delle lotte di potere dei personaggi, la scenografia di Hadid è l’adeguato accompagnamento agli alti e bassi e ai contorcimenti dell’intreccio, nonché il corrispondente arsenale fisiologico. Nella forma la scenografia di Hadid rifugge dall’ornamento artigianale e dalla teatralità esagerata, e appare abbastanza coerente con il resto del repertorio di Hadid. Pur non essendo costrittiva, concede poco allo scherzo. Diciamo che è raffinatamente introversa, più adatta al soliloquio incisivo che alla versatilità del dialogo incalzante. In questo caso la scenografia serve a tenere insieme le numerose parti mobili dell’opera.

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I costumi di Chalayan, d’altra parte, si dimostrano molto più estroversi, diventando sempre più frenetici e maliziosi nello snodarsi del rapporto con la trama e con i personaggi. I costumi non stanno mai fermi. Prima Chalayan ci trae in inganno inducendoci a pensare che i costumi saranno normali, come presi a caso da un quaderno di tendenza contemporaneo: indumenti estivi leggeri e informali per i giovani innamorati e completi ben tagliati per i cospiratori più in età. Don Alfonso e specialmente Despina, tra l’altro, hanno un look particolarmente raffinato e curato nei dettagli: forse un’allusione al loro atteggiamento deciso nella vita come nell’abbigliamento.

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A mano a mano che la trama s’infittisce, però, i giovani ufficiali, variamente travestiti, appaiono sempre più all’avanguardia. Nuotano in acque mentali sempre più torbide, lasciandosi alle spalle la debita innocenza romantica, e i loro costumi diventano decisamente più da passerella che da prêt-à-porter. Un generale indizio, forse, che i giovani ufficiali recitano parti cui non sono abituati, entrando in atmosfere fatte di fantasie gelose e di giochi mentali. Chalayan appare poco preoccupato di suggerire con i suoi costumi un particolare periodo cronologico o una tipologia di personaggio. Mantiene raffinato e aggiornato l’aspetto dei personaggi mentre proseguono la discesa nella delusione e nell’inganno psicologico, indossando appropriatamente lungo questo percorso indumenti sempre più complicati e ‘d’avanguardia’. Analogamente, a mano a mano che i pregiudizi delle due sorelle (in fatto d’amore, di erotismo e di castità, più che altro) si evolvono, altrettanto fanno i loro abiti. Negli snodi fondamentali della trama i personaggi spalancano drammaticamente la giacca, drappeggiandosela sulle spalle, ancora agganciata agli indumenti sottostanti.

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I personaggi di Chalayan si spogliano delle loro pelli e scivolano in quelle nuove in palcoscenico. C’è perfino modo di leggere nel cambio di costumi qualche mescolanza di genere: messo da parte il miraggio della “santa unione” con i rispettivi innamorati le due coppie si incrociano in scena in analoghi, eleganti top senza maniche, che sono secondo me il simbolo del momento del rovesciamento dei personaggi, che abbassano la guardia e permettono alla delusione di radicarli più profondamente nella realtà. Grazie alla regia di Alden l’accoppiamento dei complicati e severi costumi di Chalayan e dell’audace ma non aggressiva spirale bianca di Hadid dà vita a un’espressione visiva dell’opera complessa e in bella contraddizione con quella che sarebbe altrimenti una trama tradizionale, superata.

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Non voglio sembrare di parte, ma ho trovato la collaborazione tra Chalayan e Hadid particolarmente interessante per la chiarezza del rapporto che hanno istituito tra scenografia, costumi, opera e contemporaneità. E il fatto più affascinante è che questo rapporto è di volta in volta intenzionale, calcolato, confuso e discordante. Ci vuole una certa abilità per adattare a ogni situazione il caos mentale, sentimentale e relazionale. È quel che si dice “un gran bel casino”, no? Mi sorprende che l’espressione non sia stata coniata da Mozart.

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Così fan tutte
Wolfgang Amadeus Mozart
Composed: 1789
Length: c. 180 minutes

23–31 May 2014
Walt Disney Concert Hall