“Autore di successo di alcune delle più interessanti e discusse opere di questi ultimi anni, il giovane Jahn si è dimostrato prolifico produttore di immagini, soprattutto nell’ambito di quella particolarissima tipologia della città americana che è il grattacielo. Continuando la tradizione storica di quella che può essere giustamente considerata la culla dell’edificio alto – Chicago – Jahn ha nel breve giro di pochi anni prodotto una impressionante mole di proposte architettoniche, molte delle quali, realizzate, sono state oggetto di diverse valutazioni critiche e di contrastanti pareri.”
In questo modo, Fulvio Irace introduce nel dicembre 1985 – su Domus 667 – tre progetti di Helmut Jahn, architetto scomparso l’8 maggio 2021 nella sua città adottiva, quella con cui si legò maggiormente legato a livello professionale.
Nato nel 1940 a Norimberga, in Germania, Jahn si trasferisce giovanissimo negli Stati Uniti, per proseguire i suoi studi in architettura iniziati alla Technische Universität di Monaco di Baviera. Nel 1967 inizia a lavorare nello studio Murphy Associates, dove fa presto carriera, fino a diventare il direttore. L’evoluzione del suo percorso la possiamo studiare sulle pagine di Domus. Il suo nome compare per la prima volta nel 1976, come progettista di una “Arena a Kansas City”. Nell’aprile 1981, il nome dello studio C.F. Murphy Associates cambia in Murphy/Jahn. Negli anni successivi sono svariati i progetti a cui i direttori di Domus hanno voluto commentare e dare visibilità.
Tra le opere di maggiore successo ci sono senza dubbio il James R Thompson Center di Chicago (in copertina), lo United Airlines Terminal One dell’aeroporto di Chicago (O’Hare International Airport), il Sony Centre di Potsdamer Platz a Berlino, e l’aeroporto Suvarnabhumi di Bangkok.
Ripubblichiamo su domusweb.it una selezione di alcune immagini e disegni per omaggiare quell’architetto che “è riuscito a soddisfare il bisogno di ‘immagine’ del pubblico e la necessità del ‘monumento’ delle città, sfornando a getto continuo gradevoli prodotti d’arte urbana, in cui l’accurato calcolo del rivestimento edilizio si accompagna a una certa ricerca d’effetti a sorpresa.”