Con Domus a casa di Dino Gavina, negli anni ‘80

Cosa potrà essere la casa di uno dei più grandi produttori internazionali di design del dopoguerra? Un magazzino di oggetti utili. Questo e altro veniva mostrato a Domus dal fondatore di realtà come Gavina e Flos, nel 1982.

La presenza nelle nostre case di un grande numero di icone del design si deve spesso a figure di collegamento tra il pensiero e la pratica, che sono tutt’altro che secondarie: a Dino Gavina e alla sua azienda bolognese colleghiamo la messa in produzione delle sedie Bauhaus di Marcel Breuer, come degli arredi di Le Corbusier e Perriand, o uno dei pezzi di debutto più dirompenti nella storia della produzione del design, come la poltrona Sanluca di Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Uomo di idee e di ramificate relazioni, fondatore prima di Gavina Spa, di cui Carlo Scarpa è presidente – e autore del negozio che mai manca nelle passeggiate alla scoperta di Bologna – poi di Flos, Gavina accoglie a casa sua Domus nel momento in cui il direttore è un’altra grande figura di art director, oltre che di designer e critico: Alessandro Mendini, che proprio in quegli anni sta portando in casa Alessi rivoluzioni che segneranno un’epoca. Senza alcuna magniloquenza o velleità celebrativa, questi sono il “magazzino di oggetti utili”, la “casa nella casa”, e il mondo del design che Gavina racconta a Domus nel settembre del 1982, sul numero 631.

Domus 631, settembre 1982

Una casa dentro un’altra

Un cubo, dove tenere vestiti, letto e alcune cose, per potere utilizzare il resto della casa come un “magazzino di oggetti utili”. Mobili di progettisti storici, opere d’arte, libri e fo tografie: questi gli ingredienti con cui ha organizzato la propria abitazione bolognese Dino Gavina, che ci racconta in questa intervista le sue teorie sul design, l’abitare, l’arredo.

Cosa rappresenta per lei la sua casa?
Dino Gavina: La casa è il rapporto con la luce, col sole. Se dovessi fare una casa con un architetto gli chiederei una stanza con una terrazza, per poter stare al sole d’estate, nudo, e d’inverno, per poter vedere il cielo e le nuvole che si muovono.

Come ha organizzato gli interni?
Penso a cose che servono, ma non ho mai messo un “mobile”.

Che differenza c’è?
C’è differenza: molta gente compra i mobili perché sono belli. Ogni volta che ho avuto bisogno di qualcosa l’ho portato a casa, per cui questa non è una casa ma una specie di magazzino.

Esistono oggetti “sentimentali” e oggetti rigorosamente funzionali. Negli oggetti di casa sua sembra che le due cose collimino.
Se collimano vuol dire che va bene. Ci sono qui degli oggetti che sono un ricordo: per esempio c’è una scultura di Luigi Fontana che certamente non serve, ma Luigi è stato un mio carissimo amico.

Che rapporto ha con le creazioni sue o degli architetti che le sono vicini?
Non lo so, cosa vuole che sappia di queste cose?

Non è possibile non saperlo: quando lei si sveglia al mattino e vede quel tavolo, ha un rapporto con quel tavolo o le è indifferente?
Sì, mi piace, anzi, l’ho messo lì apposta perché mi piace lavorare in quel posto, e per me lavorare significa fare delle cose divertenti.

Domus 631, settembre 1982

Come vede il futuro nei prossimi anni?
Non cambierà niente. Forse andremo sempre peggio. Questo non è pessimismo, è una constatazione. Noi viviamo in una situazione di assoluta stupidità. Gli uomini bravi sono moltissimi, solo che sono tutti in disparte.

Quali sono i suoi architetti preferiti?
È abbastanza difficile rispondere. Il primo che mi viene in mente è Louis Kahn, perché è un poeta. Poi ci sono tutti i grandi maestri di questo secolo. Potrei pensare alla scuola di Vienna, Wagner. Ogni giorno scopro un uomo grande e mi chiedo come è possibile che io sia così ignorante da non averlo conosciuto prima.

Lei è curioso?
Non ho le curiosità che ha in genere la gente, ma mi accorgo che sono curioso perché mi piace approfondire i problemi. Sulle persone non ho nessuna curiosità.

Mi dà una definizione della parola “design”?
Mi sembra che sia già definito nella parola. Dovrei rispondere in modo così banale che non mi sembra il caso di rispondere. Il design deve essere quello che tutti sappiamo: deve avere una funzione precisa, rispettare le regole di costruzione.

Lei rappresenta chi ha prodotto il design migliore in Italia?
Questo non lo so, non mi sono mai accorto di essere stato bravo, di essere stato capace di fare qualcosa; non ho mai avuto l’obiettivo di fare qualcosa. È capitato, così, lavorando seriamente, che qualcuno come lei mi dicesse che faccio queste cose. So solo di aver lavorato con serenità e contemporaneamente di aver giocato tutta la vita. Sento che le cose si fanno bene solo quando si riesce a farle con la gioia dentro, per cui tutto è come un gioco, anche se il risultato finale non è tale.

Come vede l’arredo contemporaneo?
Non è una cosa che mi interessa tanto! Deve essere spontaneo, come viene viene. Non ci deve essere nessun progetto preciso

Quali sono i suoi amici artisti?
Lucio Fontana, Ettore Colla, di cui non si parla molto, ma credo che sia stato il più grande scultore italiano, e poi Beppe Capogrossi, il gruppo Enne, e poi tutti i cinetici, i francesi, ho avuto rapporti un po’ con tutti.

E i suoi amici non artisti chi sono? Cosa fa quando non lavora?
Mi sembra di non far mai il mio mestiere quando lavoro e di farlo sempre quando non lavoro. Ho frequentato per tanti anni Carlo Scarpa. Quando ero a Parigi ero sempre a casa di Man Ray; sono stato con lui anche dopo che era morto.

Domus 631, settembre 1982

Cosa rappresenta secondo lei il design italiano all’estero?
Un gran nome senza un grande merito. No, forse il merito c’è: andando in giro per il mondo è difficile trovare qualcuno che sa fare le cose come noi. In Italia qualche piccola azienda come la mia è riuscita a portare avanti qualcosa, anche solo a livello di indicazione. Io ho tentato di fare tante cose che fossero altrettante indicazioni. Questo è un risultato; altrimenti a cosa serve lavorare? Più di due volte al giorno non si può mangiare, ho una bicicletta per andare a respirare dell’aria buona...

La sua passione qual è, oltre alla bicicletta?
Respirare.

Se dovesse cambiare città quale sceglierebbe?
Se non fosse stata distrutta da questa spaventosa ondata terrificante di questi ultimi anni mi sarebbe molto piaciuta Napoli. Se lo si sa cogliere a Napoli c’è un clima di altissima civiltà.

Cosa le piace di Napoli?
La gente, come si muove, come parla, come ti raccontano le cose, potrei raccontare delle cose fantastiche di Napoli, fino a domattina... però in questo momento la situazione è drammatica.

E dell’oriente cosa pensa?
Penso all’oriente tradizionale, purtroppo però devo constatare che è stato occidentalizzato. Avremmo dovuto essere noi a seguire loro e non viceversa. I giapponesi hanno una civiltà e una serietà straordinarie. A me le tecnologie non interessano molto. Sono più legato a cose apparentemente meno importanti.

Mi sembra di non far mai il mio mestiere quando lavoro e di farlo sempre quando non lavoro.

Dino Gavina

Domus 631, settembre 1982

Cosa significa dormire dentro questa “scatola”, dentro questa stanza, dentro questa casa?
Sento di essere abbastanza isolato, leggo bene... Non è un posto fatto per essere protetti. Tutti pensano così ma non è vero. Per un po’ di tempo ho dormito con un letto nell’ambiente aperto: la stanza era brutta con un letto lì in mezzo. Allora ho pensato di fare un cubo dove tenere i vestiti e le cose, in modo da poter utilizzare il resto della stanza per fare altro. Poi ho sempre amato molto viaggiare in wagonlit. Adesso costa troppo... così sono sempre in viaggio.

Per lei la casa è un elemento fondamentale nella vita?
Non ci ho mai pensato, ma adesso che me lo chiede credo di sì. A volte ho proprio il desiderio di poter entrare a casa mia e poter stare un giorno fra i libri che non ho ancora letto, fra le cose...

Si identifica con questo spazio?
Certo. Qui si dorme benissimo. Ha provato? Si mette il cuscino lì... Leggo, mi addormento, mi sveglio, rileggo. Un amico o un’amica possono dormire lì.

Ha paura del futuro?
No, non so cosa voglia dire.

Ama di più la debolezza o la forza nelle persone?
Non so. Apprezzo la semplicità, il cuore; il cervello viene infinitamente dopo.

Quando entra in case che non conosce quali sono le cose che la attraggono di più?
Ho sempre il desiderio di mettere via delle cose, mai di aggiungerne. Mi colpiscono le cose oscene. Mi viene una rabbia terribile di dover vivere in locali pubblici orribili, di girar per le strade distrutte da questi strani tipi che vengono chiamati architetti o geometri.

Che cosa è il gusto secondo lei?
È una parola che non uso mai. Il gusto è gusto.

È ottimista o pessimista?
Sono sempre stato un grande ottimista.

Ultimi articoli d'archivio

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram