La Neue Staatsgalerie di Stoccarda raccontata a Domus da James Stirling

Nel 1984, il grande architetto inglese aggiungeva il suo iconico progetto al panorama culturale di una Germania in trasformazione: un saggio di architettura non semplicemente postmoderna.

Sono poche le figure che attraversano capitoli e capitoli della storia, e in tutti riescono a spendere parole che diventino iconiche: James Stirling in architettura è una di queste, dagli esordi nel moderno inglese, al rapporto critico con radicalità, utopie e sogni tecnologici vari, fino al postmoderno più smaccato proseguito fino agli anni '90.

Il suo postmoderno però da subito si era collocato su un livello di raffinatezza raramente pareggiato, intimamente britannico nel modo di utilizzare l'ironia e sottrarsi agli inscatolamenti delle categorie teoriche. La Neue Staatsgalerie di Stoccarda, costruita a cavallo tra i '70 e gli '80, è fatta di un'ironia esercitata su una classicità che viene studiata con attenzione ma continuamente discussa: si rompono le simmetrie, entrano a gambatesa elementi del moderno, del pop-radical e persino dell'high-tech. È un'architettura che con le sue forme commenta tanto il patrimonio classico quanto la città, la sua storia e la sua evoluzione, e così la raccontava lo stesso Stirling a Domus sul numero 651, nel giugno del 1984, poche pagine dopo un suo scambio col direttore di allora, Alessandro Mendini.

Die Neue Staatsgalerie Stuttgart

Nel 1975 siamo stati invitati a partecipare a due concorsi riservati nella Germania Occidentale: il primo è stato il Museo di Dusseldorf. Qui, un padiglione d'ingresso alla maniera di quelli neoclassici appare come proiettato da una sorta di vuoto circolare quasi a simbolizzare e a rappresentare l'intera immagine dell'edificio; il museo vero e proprio, invece, è come sepolto nell'edilizia del centro storico, in modo da minimizzarne l'impatto.

L'edificio principale fa riferimento a un linguaggio “astratto”, la struttura d'ingresso è piuttosto di tipo “rappresentazionale”, legata, cioè, alla tradizione, alla storia e alla consuetudine: torse anche all'archeologia e alla memoria, dal momento che prima della guerra un edificio pressappoco della stessa dimensione occupava il suo posto nel contesto urbano e assolveva alla stessa funzione. Ancor'oggi mi dispiace di non aver potuto realizzare questo progetto: il primo nella nostra serie di progetti museali, Dusseldorf, Colonia, Stoccarda. È strano pensare a come, a volte, i progetti seguono una sorta di progressione in serie: e mi riferisco soprattutto ai nostri edifici universitari di Leicester, Cambridge e Oxford. Il secondo concorso cui abbiamo partecipato in Germania è stato quello per il Museo di Colonia. Le coppie dialettiche “rappresentazionale/simbolico” e “astratto/tecnico” vi appaiono egualmente combinate: il peristilio d'ingresso e la corte interrata erano di due elementi simbolici che si riferivano alla presenza della Cattedrale. 

Il sistema degli impianti di scale mobili e l'auditorium polifunzionale erano invece un chiaro riferimento a quegli aspetti ingegnereschi dei ponti sospesi e delle vicine strade ferrate. La disposizione simmetrica e monumentale dei nuovi edifici era un omaggio alle torri della Cattedrale lungo l'asse dell'Hohenzollern Brücke nel momento in cui attraversa il Reno.

Domus 651, giugno 1984
Domus 651, giugno 1984

Il terzo concorso, poi, l'abbiamo vinto. Tra le principali caratteristiche del vecchio e del nuovo contesto, vorrei ricordarne alcune. Si è cercato, innanzitutto, di preservare al massimo il carattere e la struttura dei vecchi edifici, mantenendo le caratteristiche ambientali dell'area. Stoccarda ha molto sofferto dalle distruzioni belliche: ma molto di più, forse, dai tentativi di ricostruzione successiva.

Ecco perché, quando gli edifici di nuova costruzione si affacciano direttamente al filo stradale – come ad esempio, la struttura teatrale sulla Eugenstrasse e quella amministrativa sulla Urbanstrasse – si è cercato di dimensionarli in scala, in allineamento e nei materiali degli edifici circostanti. Il vecchio museo (1837) è un edificio neoclassico, dalla pianta ad “U”. Il percorso d'entrata descrive una specie di semicerchio, enfatizzato al centro da un'urna classica poi rimpiazzata nel XIX secolo da una statua equestre. Il nuovo edificio ripete grossomodo la sagoma del precedente: al posto della curva d'ingresso, vi si trova però una corte circolare. L'immagine della statua è in qualche modo ripresa dal padiglione d'accesso, in posizione di simmetria assiale rispetto alla pianta. L'ala dell'edificio destinata alla sezione teatrale ripete, nella scala e nei materiali usati, l'analoga struttura della vecchia galleria.

Tra i requisiti richiesti dal bando di concorso, c'era anche la richiesta di una terrazza sopraelevata di tre metri rispetto alla quota della Konrad-Adenauer-Strasse, tale da contenere all'interno un capiente parcheggio. Il bando prevedeva anche la creazione di un passaggio pedonale pubblico di attraversamento dell'intera area – una richiesta assai democratica presente in molti concorsi tedeschi, ma che, sfortunatamente, non aiuta molto a preservare l'entità unitaria dei blocchi urbani.

Domus 651, giugno 1984
Domus 651, giugno 1984

Il Museo di Stoccarda, nei suoi dettagli combina insieme elementi moderni ed altri tradizionali: questi ultimi però sono usati in maniera moderna. È il caso ad esempio della teatrale sagoma terminale, che non è una cornice usata dappertutto, ma solo un segno adoperato per distinguere e definire l'area delle sculture. Allo stesso modo, vi si trovano assemblaggi di pensiline costruttiviste usate per definire una gerarchia degli ingressi.

Naturalmente, oggi non sarebbe certo possibile ricorrere ad un classicismo, per così dire, diretto: in tal senso, il pantheon centrale, invece di essere uno spazio riassuntivo, è un vuoto – una entità non spaziale; non una cupola, ma un luogo aperto sotto il cielo. La pianta è assiale ma con frequenti compromissioni: elementi aggiuntivi si sovrappongono alla pianta libera e il passaggio pedonale aperto al pubblico attraversa in maniera tortuosa l'asse centrale. L'apparentemente monumentale è così sminuito e ridimensionato dal deliberatamente informale. L'ambivalenza del fronte principale corrisponde all'ambiguo carattere della Konrad-Adenauer-Strasse più simile a un'autostrada che a una vera e propria strada. Al posto di avere una facciata, il prospetto recede dal filo stradale, offrendo ai movimenti d'ingresso attraverso l'edificio una serie di percorsi accidentali.

Alcuni dettagli contribuiscono a definire il carattere “informalmente monumentale” dell'intero complesso; la giustapposizione di mura in pietra e di strutture metalliche altamente colorate, usate come possibile antidoto alla monumentalità espressiva delle tessiture. All'interno, il rivestimento in gomma verde – usato in alternativa ai più usuali pavimenti in marmo levigato – ci ricorda che il museo è anche un luogo di pubblico intrattenimento. La gomma, inoltre, ci è sembrata possedere più appropriati valori acustici.
Altri contributi all'aria di informale assemblaggio provengono dalla ricorrenza di colorate strutture per gli ascensori, dalle lampade d'illuminazione, dai piani curvati dei banconi…

La griglia d'illuminazione a soffitto della Kunsthalle può forse aiutarci a ricordare che, come negli shopping mails, oggi la realtà di un museo è data anche dall'esistenza di lati mercantili dell'arte e delle mostre. Da un punto di vista storico, la qualità dell'architettura è stata sempre considerata un elemento di grande significato. Tuttavia, con l'avvento dell'architettura moderna, hanno preso il sopravvento sugli aspetti artistici quelli legati ai dati sociologici, funzionali, speculativi.

Domus 651, giugno 1984
Domus 651, giugno 1984

Ironicamente, in coincidenza con la perdita di certezza nell'architettura moderna, la convinzione di uno stato di benessere e di elevati standards commerciali sta conoscendo un graduale declino; mentre d'altra parte, sta prendendo di nuovo quota l'antico desiderio della qualità e della rispondenza al contesto. Per molti architetti che hanno lavorato ricorrendo al vocabolario astratto dell'architettura moderna – Bauhaus, International Style, o come volete chiamarlo – questo linguaggio ha finito col diventare troppo ripetitivo e semplicistico, troppo ristretto, anche; ecco perché guardo di buon occhio al tramonto della fase rivoluzionaria del Movimento Moderno. Io penso, d'altra parte che l'architettura sia sostanzialmente evoluzionista e che, sebbene ogni tanto avvengano delle rivoluzioni (il Movimento Moderno fu una di queste), nondimeno esse sono certamente delle evenienze singolari e minoritarie. Oggi siamo in grado di volgerci al passato riguardando tutta la storia dell'architettura come uno sfondo unitario, che comprende anche il Movimento Moderno, l'High Tech e tutto il resto.

Gli architetti si sono sempre guardati alle spalle per andare avanti: come i pittori, i musicisti, gli scultori, anche noi dovremmo essere in grado di includere nelle nostre opere elementi astratti ed elementi figurativi…Finalmente liberi dal fardello dell'utopia, ma carichi di maggior responsabilità nel campo della rappresentazione civile, guardiamo con fiducia a un futuro meno condizionato, capace di produrre opere più ricche di memorie e di valori associativi lungo la linea di una continua evoluzione dell'architettura.

Figurativo e Astratto, Monumentale e Informale, Tradizionale e High Tech…spero che siano leggibili tutti insieme in questo nuovo complesso di Stoccarda.

London Office:
Associates - Ulrich Schaad, Russell Bevington, Peter Ray. Assistants - Alexis Pontvik, John Tuomey, John Cannon, Markus Geiger, Paul Keogh, John Cairns, Ulrike Wilke, Alfred Munkenbeck, Peter Schaad, Shinichi Tomoe, Chris Macdonald.
Stuttgart Office:
Associate - Siegfried Wernik. Assistants - Tortimi Tafel, Rudolf Schwarz, Pia Riegert, Laszlo Glaser, Jochen Bub, Heribert Hamann, Christian Ohm.
Consultants:
Quantity Surveyors: Staatliches Hochbauamt 1, and Davis, Belfield & Everest. Structural Engineers: Boll and Partner in conjunction with Ove Arup and Partners. Mechanical and Electrical Engineers: Eser Dittman Nehring and Partner in conjuction with Ove Arup and Partners. Building Physics and Acoustics Consultants: Oskar Gerber and Partner.
The Client:
Land Baden Württemberg, Staatliche Hochverwaltung, (Leader) Professor Herbert Fecker. Site Management: Staatliches Hochbauamt 1 Stuttgart, (Leader) Klaus Wilkens and Hermann Reichenecker. Bauleiter: Hans Eckenreiter.

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