La storia della cover di Domus 763, il “cimitero tecnologico” di Alan Fletcher

Tante le copertine memorabili nate dalla collaborazione tra Domus e il grande grafico britannico. Una in particolare, però, è assolutamente sorprendente, ricorda Giuseppe Basile, per più di trent’anni anni art director della rivista.

Alan Fletcher è stato per diversi anni design consultant di Domus, ed è stato naturale chiedergli di progettare le copertine durante quel periodo di collaborazione.

In un primo momento però Alan non riteneva fosse una buona idea essere l’autore di tutte le copertine, “ai lettori a cui non piace la mia grafica non piaceranno le copertine, meglio di volta in volta affidarla a più designer” diceva. Ma in quel periodo si era scelto di non fare copertine legate agli articoli trattati di mese in mese, ma che esse raccontassero gli argomenti e gli ambiti della ricerca che Domus svolgeva. Quindi per dare continuità e chiara leggibilità a questo racconto era necessario che fosse interpretato da un unico progettista. E questo convinse Fletcher.

Alan Fletcher esplorò tutte le tecniche di comunicazione grafica, disegno, fotografia, tipografia e forme molto vicine all’arte come il collage. Stupende furono le sue opere calligrafiche, magistralmente realizzate sia con colori e pennello, sia con elaborati pennini e inchiostro. Mise insomma alla prova la sua capacità artistica e le sue risorse creative per non cadere nella ripetitività, che poteva, come lui asseriva, non accontentare tutti i lettori che da sempre seguono Domus.

Domus 763 settembre 1994
Copertina Domus 763 settembre 1994

Questa sorta di effetto sorpresa era sentito moltissimo anche da noi in redazione e ci portava tutti i mesi alla trepidante attesa dell’elegante ma sobrio plico contenente il nuovo artwork. Molte di queste copertine furono memorabili, ma ce n’è una su tutte che vorrei raccontare qui, quella dedicata alla tecnologia, che arrivò in redazione nel luglio del 1994.

Da anni vedevo Alan Fletcher raccogliere dai tavoli, dalle scrivanie e dai luoghi più disparati delle vecchie e consumate matite, per poi chiedere educatamente di poterle tenere, un vezzo pensavo sino a quel momento.

La sorpresa fu grande quando, aprendo il plico inglese, vidi un’immagine subito familiare, la fotografia di una cornice delle dimensioni 100cm x 70cm circa, dentro la quale erano state magistralmente montate centinaia di matite usate, sino a ricoprirne completamente lo spazio, creando uno stupendo effetto visivo e cromatico. Portava con sé, quella copertina, anche un senso di dolcezza e affetto interiore molto poetico, il vedere questi oggetti che erano stati partecipi di tante idee, progetti, appunti e accompagnato le vicissitudini personali e professionali di molte persone e che ora riposavano (alcune esauste) tutte insieme e in colorata allegria.

Alan Fletcher. Foto © Primoz Korosec
Ritratto di Alan Fletcher. Foto © Primoz Korosec. Courtesy Alan Fletcher Archive

“Questo è il mio cimitero tecnologico, scriveva su una lettera allegata”, e aggiungeva, “ho fatto molta fatica a finire questo lavoro perché le matite sono scomparse dai tavoli, tutti utilizzano tastiere, per favore utilizzate un dettaglio di questa immagine complessiva (e indicava precisamente quale nel suo art work, NdR) per la copertina di settembre”. Era l’opera stupenda di una persona che ci ha allietato la vita con i suoi progetti e straordinario sense of humor.

Immagine in apertura: Alan Fletcher, Cimitero Tecnologico, Settembre 1994. Courtesy Alan Fletcher Archive

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