Come Panorama quest’anno ha unito arte e rigenerazione urbana a L’Aquila

Il progetto espositivo quest’anno conta oltre 100 opere e più di sessanta artisti, ma soprattutto entra in dialogo con la città e la sua storia, anche quella recente e più tragica legata al terremoto del 2009.

“Faccio la turista nella mia città”, così una signora commenta Panorama, passeggiando di sabato mattina per L’Aquila in Corso Vittorio Emanuele, la via principale della città. La mostra-evento diffusa nel capoluogo abruzzese, curata quest’anno da Cristiana Perrella, si differenzia dagli altri, tanti eventi diffusi in contesti urbani. Oltre a coniugare arte contemporanea, moderna e antica, è la sola a prevedere la collaborazione, in spazi non solo privati ma anche pubblici, di una sessantina tra le più autorevoli gallerie d’arte attive sul territorio italiano (nazionali e non), unitesi nel consorzio Italics, dal nome tanto evocativo quanto ambizioso. 

Panorama L’Aquila, 2023. Photo Luca M. Fontana, Alessio Tamborini. Courtesy Italics

Nato il 25 aprile 2020 da un’idea di Lorenzo Fiaschi, di Galleria Continua, e Pepi Marchetti Franchi, di Gagosian, quest’originale pseudo-collettivo – formato da diverse e ben distinte individualità – mira a dare corpo a progettualità che permettono l’incontro tra l’arte, il patrimonio culturale e paesaggistico italiano e comunità. In questa cornice si inserisce proprio Panorama, l’appuntamento annuale di punta di Italics, che quest’anno, dopo le precedenti edizioni svoltesi a Monopoli (2022) e Procida (2021), ha scelto di estendersi, tentacolare, nel centro storico de L’Aquila.

Rispetto alle precedenti edizioni per la prima volta il progetto si misura con una città dalla storia recente e passata importante (e così tragicamente ingombrante), dove le oltre cento opere dialogano con venti luoghi espositivi: dai musei della città ai palazzi nobiliari privati normalmente non accessibili (come Casino delle Delizie Branconi e Palazzo Rivera) fino allo spazio pubblico, appropriandosi persino del cielo con lo striscione aereo di Maurizio Nannucci Let’s talk about art (2023). Tra gli elementi fondamentali vi è la riapertura di alcuni importanti edifici della città restaurati dopo i gravi danni subiti dal terremoto del 2009, così come l’ospitalità, in via del tutto eccezionale, di quelli ancora in fase di ripristino. 

In città sono numerosi i centri di ricerca ed esposizione dedicati al contemporaneo e tutto il territorio ha una lunga tradizione storica e culturale, non solo il capoluogo: in numerose sedi espositive si è tenuto conto della grande eredità culturale del luogo. Lo confermano le opere Colonna persa con ombra (2001) di Spalletti e Crocifisso (1954-55) di Lucio Fontana, collocate nella restaurata Santa Margherita in Forcella, dal pavimento in cotto locale, e nella Cappella dello storico Palazzo Nardis, ma anche l’azzeccatissima installazione di Massimo Bartolini all’Oratorio di Sant’Antonio dei Cavalieri de Nardis, dove un carillon di grandi dimensioni suona in dialogo con uno dei pochi organi del Seicento ancora perfettamente funzionante. Passando a sedi più contemporanee, l’Auditorium di Renzo Piano ospita tra le altre cose l’anteprima della pellicola di Wim Wenders dedicata alla figura di Anselm Kiefer.

Il tema della voglia di vitalità della città è emerso in primo luogo nell’impegno di trasformare in sedi espositive anche negozi di dischi, caffè e botteghe della città. Accade ad esempio negli interventi di Luca Trevisani che, collaborando con il panificio Førma Bakery, ha sfornato tutti i giorni pane d’artista (Panpestato, 2023) e ha ospitato le sue sculture di pane create con le suole di scarpe in un’ex calzoleria, ahimè oggi sfitta. Un ciclo di performance ha contribuito inoltre alla vivacità urbana ed espositiva; particolarmente toccante, in merito, l’intervento di Darren Bader antipodes:quartets, un concerto animato da differenti sonorità svoltosi letteralmente tra le impalcature dell’ex studio d’artista Marcello Mariani. 

Infine, parlando di rigenerazione urbana e progettualità sociale, non è mancato all’appello Ugo La Pietra, abruzzese d’origine (nato a Chieti). Per la sua capacità di ricerca di equilibrio tra ambiente e opera e di ripensamento dei luoghi urbani, al di fuori di rischi di musealizzazione, Panorama ha conferito all’artista, architetto e designer – un pensatore libero e visionario, dal fare quasi antropologico – l’Italics Oro, riconoscimento che ogni anno celebra il legame tra un artista e il territorio.

Sono state parole semplici quelle pronunciate dalla signora aquilana. Eppure, nella corsa tra una sede e l’altra, diventano spunto di riflessione sull’impatto generato dalla manifestazione. Sono significativi i due interventi che verranno donati dagli artisti alla città e al Museo Nazionale d’Abruzzo (MuNDA): l’espressivo mosaico in esterno dalle linee dinamiche Enigma della Materia (2023) di Alberto Di Fabio e l’opera di Gianni Caravaggio, una bandiera scevra da ogni nazionalismo ed egemonia che solo si identifica con i colori del paesaggio appenninico che circonda e sorregge la città (Bandiera naturalizzata, L’Aquila, 2023).

Panorama L’Aquila, 2023. Photo Luca M. Fontana, Alessio Tamborini. Courtesy Italics

Spicca anche il lavoro di Giuseppe Stampone, nativo abruzzese che nelle sue opere ripercorre a suon di tratti di penna Bic la storia artistica della regione (ricalcando il concetto nel titolo Aprutium, 2023). Meno diretti ma altrettanto incisivi sono gli echi più trasversali presenti nei lavori tessili (Xanî Xanî Xanî, 2021) e fotografici (The Owl’s Made a Nest in the Ruins of the Heart: Film Still I, 2021) dell’artista iraniana Shadi Harouni, che riflettono sulla crescente crisi abitativa e migratoria frutto di promesse politiche infrante, e in quelli della statunitense Eleanor Antin, una serie fotografica di grande formato “Roman Allegories” (2004) che riflette con sarcasmo sull’idea di rovina in una contemporaneità in declino. Tra memoria e oblio, permanenza e provvisorietà, si ritrova anche Il Sogno dello Spigolo (2023) di Paolo Icaro. Il lavoro è pensato ad hoc per il cortile interno del settecentesco Palazzo Ardinghelli, sede del Maxxi (che attualmente espone in mostra i meravigliosi lavori di Marisa Merz e Shilpa Gupta) e consiste in un ironico spigolo adagiato su due cuscini. “Sento di partecipare allo spirito di ricostruzione”, afferma Icaro, consapevole che ci sia ancora molto lavoro da fare a L’Aquila.

Ed è con questo stimolo simbolico che si chiude questa breve rassegna. Secondo quanto dichiarato sul sito dell’Usra - Ufficio Speciale per la ricostruzione dell’Aquila, il completamento della ricostruzione per l’intero territorio è previsto entro il 2024, ma basta guardarsi intorno per vedere sostegni e impalcature in ogni scorcio. Panorama non può certo da sola rigenerare il tessuto urbano e sociale dell’Aquila, ma senz’altro può catalizzare l’attenzione su questa città, puntando i riflettori sul processo, lento seppur in atto, di riqualificazione e rigenerazione senza retorica, attraverso il potere immaginativo e relazionale dell’arte.

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