È giusto cancellare London, il libro di Butturini accusato di razzismo?

Pubblicato a fine degli anni Sessanta, amato da Martin Parr, opera radicale del fotografo “contro” italiano, in pieno BLM il libro ha scatenato fortissime polemiche per un accostamento tra le foto di una scimmia e quella di una bigliettaia afrobritannica. 

“È stato uno dei grandi protagonisti italiani della fotografia “contro”: contro le ingiustizie, contro le diseguaglianze sociali, contro il razzismo, contro le guerre, contro le morti bianche sul lavoro, contro i manicomi a fianco di Basaglia, contro l’occupazione delle terre del popolo Saharawi.” Così Gigliola Foschi, curatrice ed esperta di fotografia, descrive la figura di Gian Butturini (1935-2006). Ed è importante partire da qui, perché recentemente il fotografo è stato oggetto di un attacco virulento, imprevedibile, ma significativo. 

L’attacco ha riguardato un dittico comparso in un libro fotografico, London, del 1969, ripubblicato nel 2017. London è il primo dei suoi libri: alla fine degli anni Sessanta, dopo anni di attività come grafico pubblicitario, Butturini sceglie infatti di cambiare vita. Il passaggio è sancito da un viaggio a Londra passato a esplorare la città, concentrandosi sui suoi abitanti: donne, uomini, bimbi, coppie di ogni età che amoreggiano, giovani che manifestano contro la guerra in Vietnam, ragazzi abbrutiti dall’eroina, figli dei fiori ritratti come profeti di una nuova, più giusta società; homeless male in arnese, costretti a muoversi portando con sé ciò che possiedono, ma dotati della dignità di filosofi antichi. Bambini con l’aria per bene che sorprendono perché a uno sguardo attento il blazer rivela la presenza di una piccola spilla con la croce uncinata. 

London, Gian Butturini, 1969

Nel libro indagine documentaria e rielaborazione grafica si coniugano a fini espressivi; le immagini sono variamente trattate: definite o sgranate, primi piani e visioni d’insieme, scontornate, abbinate tra loro, alternate a segni grafici o a testi tra i quali la poesia Europe! Europe! di Allen Ginsberg, sulla disumanizzazione della vita nelle metropoli. In termini di linguaggio il libro è dunque in linea con le sperimentazioni più avanzate del periodo e manifesta la consapevolezza che intenzioni radicali devono corrispondere a nuove soluzioni formali. Mentre la narrazione, perfettamente coerente, riflette la tensione del momento e la consapevolezza politica e sociale dell’autore, la sua vicinanza ai movimenti di liberazione e di contestazione, il suo desiderio di fare controinformazione approfondita, la sua affinità con gli ideali della Beat Generation. Se questo non bastasse, la sua posizione e i criteri di scelta vengono esplicitati nelle due brevi, chiarissime pagine scritte da lui stesso a mo’ di introduzione. 

Martin Parr considera il libro esemplare e nel 2017, a quasi 50 anni dalla prima pubblicazione, dopo aver inserito Butturini in mostre e fotolibri, decide di ristamparlo, affidandolo alla casa editrice italiana Damiani. 

Avviene però l’imprevisto. Una studentessa britannica, Mercedes Baptiste Halliday trova offensivo un passaggio del libro in cui Butturini accosta due foto: quella di un bigliettaia afrobritannica che scorge, sfiancata dall’esistenza, nel gabbiotto di vetro della metropolitana; e quella di un’icona del tempo, il gorilla Guy Fawkes dello zoo di Londra; nella sua presenza l’autore vede il simbolo del protervo carattere postcoloniale britannico. Tanto più che il nome Guy Fawkes costituisce un monito nei confronti di chiunque possa covare pensieri eversivi: Fawkes è infatti il militante cattolico che nel ‘600, nell’ambito della fallita Congiura delle Polveri, aveva tentato di uccidere il sovrano. L’animale, che, come scrive Butturini nell’introduzione del libro, “riceve con dignità imperiale sul muso aggrottato le facezie e le scorze lanciategli dai suoi nipoti in cravatta”, era arrivato allo zoo negli anni ’40, all’età di un anno, e in gabbia era destinato a trascorrere il resto della sua esistenza. 

Gabbie sociali e gabbie materiali, strumenti entrambi di mortificazione e di segregazione, sono dunque il motivo del dittico. 

Butturini stesso doveva attribuire a questo dittico una particolare importanza critica se proprio su di esso si focalizza, motivandolo, nella succinta introduzione al libro.

“Save the book London by Gian Butturini”, Spazio d’Arte Scoglio di Quarto, Milano

Sta di fatto che le due foto, considerate offensive, decontestualizzate in ogni senso, vengono veicolate sia in rete sia nel mondo reale. Butturini è accusato di razzismo. Tale è la pressione della polemica che Martin Parr si vede costretto a dimettersi dalla direzione artistica del Bristol Photo Festival e a chiedere che il libro venga non solo ritirato, ma mandato al macero. 

Si può pensare a un effetto collaterale della campagna di Black Lives Matter che, allora nella sua fase più acuta, ha avuto, tra le sue implicazioni, la plateale demolizione di molte statue. Anche se, come evidenzia Tiziano Butturini, figlio di Gian, “questa foto non è stata un errore ma l’esempio più duro di critica sociale.” 

Evidentemente il libro è stato una vittima. Raccontarne la storia è importante. Così come va sostenuto lo sforzo dell’Associazione Gian Butturini di salvarlo dal macero, sebbene una distribuzione sia ormai impossibile. Tanto più che la scelta di distruggerlo fa riemergere le peggiori memorie novecentesche. Apprezzabile la mostra organizzata da Gigliola Foschi presso la galleria Scoglio di Quarto di Milano.

È però fondamentale superare queste considerazioni per andare oltre; oltre i ragionamenti più irreprensibili, oltre i distinguo più corretti, oltre l’aspirazione all’universalismo che caratterizza il pensiero più aperto: tutte le vite contano. 

Per comprendere il movimento Black Lives Matter occorre riconsiderare la storia, la base coloniale su cui sono stati costruiti non solo il benessere, ma lo sguardo degli occidentali. 

E pensare che gli Stati Uniti, dove fino alla guerra civile persone di colore non erano nemmeno considerate cittadini e dove Black Lives Matter è nato, su questa riconsiderazione della storia sono tuttora spaccati. È sulla base del colore che tutto questo è avvenuto ed è sulla linea del colore che muove la rivendicazione.

Più in dettaglio, va considerato che da tempo immemore persone di colore vengono associate all’immagine della scimmia. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, risale a pochi anni fa l’episodio di Roberto Calderoli che dà dell’orango al ministro Cecile Kyenge alla festa della Lega Nord di Treviglio. 

Ritratto di Gian Butturini

Tutto questo non toglie nulla all’impressione di una rivalsa basata sulla semplificazione, se non su una incresciosa manipolazione. Si deve pretendere che una figura come Butturini sia riabilitata, rispettata negli intenti e compresa negli esiti. Così come in altre situazioni analoghe occorre puntualizzare, evidenziare, caso per caso. Ma è bene rendersi conto delle contraddizioni, della tensione culturale, e del fatto che la sensibilità si modifica e che la linea che separa il bene dal male si sposta continuamente. Probabilmente Butturini stesso se ne sarebbe reso conto. Intanto, la mostra digitale “Save the book. London by Gian Butturini” è stata prorogata al 31 gennaio”.

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