di Federica Lavarini
L’optical art, detta “op art”, e l’arte cinetica sono nate all’inizio degli anni Sessanta in Europa, tra Parigi e Zurigo, quest’anno celebrano il sessantesimo anniversario del loro massimo riconoscimento internazionale: la mostra “The Responsive Eye”, curata da William Seitz, al MoMa di New York nel 1965. Ma esiste anche un famoso museo dedicato all’opt art, ad Aix-en-Provence, e uno a Bratislava. Queste opere sono quotate centinaia di migliaia di dollari e guardandole potremmo perfino avvertire un senso di vertigine. Eppure, la moda, l’architettura e il design, soprattutto se pop, da tempo se ne sono appropriate come fonte di ispirazione.
Alcuni dei principali esponenti di questo movimento, quasi centenario, sono ancora oggi vivi e più attivi che mai. Julio Le Parc, nato nel 1928 a Mendoza, in Brasile, dopo “Julio Le Parc. The discovery of perception”, la più ampia retrospettiva mai presentata in Italia, conclusa il marzo scorso a Palazzo delle Papesse di Siena, espone ora a Madrid la personale “En Movimiento” alla galleria Albarrán Bourdais e la Tate Modern di Londra gli dedicherà una grande mostra dall’11 giugno 2026 al 3 Maggio 2027.



Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia

Julio Le Parc. The Discovery of Perception, 13 settembre 2024 al 16 marzo 2025, Palazzo delle Papesse, Siena, Italia
Milan Dobeš, nato a Přerov (Repubblica Ceca) nel 1929, fino al 7 settembre presenta “Milan Dobeš. A Celebration of Colour, Light and Movement” al Museum of modern art di Olomuc. Così, l’anglosassone Bridget Riley, nata a Londra nel 1931, famosa per aver introdotto l’uso del bianco e nero in questa corrente artistica, è presente in una collettiva al Museo Barberini di Potsdam e in una prossima personale alla Galleria Hazlitt Holland-Hibbert di New York con un titolo che richiama la mostra del MoMa.
Il più famoso esponente dell’opt art resta probabilmente l’inventore di questa corrente artistica, l’ungherese Victor Vasarely. Nato a Pécs nel 1906, studia pittura sotto con Sándor Bortnyik, allievo della Bauhaus e parte del gruppo di avanguardia ungherese Ma. Negli anni Trenta si trasferisce a Parigi e lavora come grafico, iniziando ad approfondire la letteratura scientifica. Dopo le famose Zebre, nel dopoguerra Vasarely fa conoscere le forme ovoidali della serie Belle-Isle e, negli anni ‘50, dopo il periodo “Black&White” con le opere Photographismes e Naissances, dà vita alla serie Planetary Folklore degli anni Sessanta arrivando all’apice nel periodo “Vega” con le sue immagini più illusionistiche. Nel 1973, Victor Vasarely istituisce la fondazione omonima ad Aix en-Provence e, nel 2019, il Centre Pompidou gli dedica la grande antologica “Vasarely. Le partage des formes”.

Nelle loro ricerche e sperimentazioni questi artisti fanno uso delle leggi ottiche della visione e la loro produzione rappresenta il culmine nella storia della teoria del colore, inventando “una relazione totalmente nuova tra l'osservatore e l'opera d'arte” affermava Seitz in occasione della mostra al MoMa.

Negli anni Sessanta, Le Parc, assieme ad altri esponenti, fonda a Parigi il movimento Grav (Groupe de Recherche d'Art Visuel) con lo scopo di “democratizzare l’esperienza artistica” attraverso un incontro non mediato tra spettatore e opera d’arte. Spettatore che è sempre stato al centro della produzione artistica di Le Parc, per il cui lavoro ha ricevuto anche il Gran Premio internazionale alla pittura alla XXXIII Biennale Arte di Venezia nel 1966. Inizialmente, l’artista di origini brasiliane faceva uso soltanto di bianco, nero e grigio; in seguito, vi aggiunse uno spettro di altri quattordici colori. Era affascinato dall’arte in movimento, su cui torna anche con le recenti Sphère Bleu foncé (2013) e Sphere verte (2016) che, assieme alle famose serie pittoriche “Alchimie”, composizioni di piccoli puntini disposti in perfette gradazioni di colore, riesce a suscitare l’illusione del movimento e della luce.

Milan Dobeš, nella sua più grande retrospettiva al Museum of Modern Art di Olomoc, racconta anche la sua non semplice biografia a causa delle tensioni legate alla Guerra Fredda. Mentre studiava all’Accademia d’Arte di Bratislava subì diversi attacchi da parte della stessa istituzione culturale a causa del suo, inesistente, “background capitalista”. Grazie a un docente che stimava le sue capacità, fu in grado di portare a termine il percorso e, inventando la scusa di doversi sposare con una ragazza francese con cui teneva una corrispondenza epistolare, riuscì a trasferirsi a Parigi per tre mesi. Qui frequentò la scena artistica più vivace dell’epoca e, per guadagnarsi da vivere, vendeva dipinti con scene di strada.

La svolta avvenne nel 1966 grazie, paradossalmente, a un’iniziativa da parte dello stesso regime paranoico che voleva controllare tutti i suoi cittadini. Infatti, venne invitato a esporre alla Casa dell’Amicizia cecoslovacco-sovietica a Praga, in Piazza Venceslao: l’evento attirò 56.000 visitatori e l’attenzione di importanti storici dell’arte come Frank Popper e Udo Kultermann. Da qui iniziò l’ascesa di Dobeš: la partecipazione alla prima rassegna post-bellica sull’arte cinetica al Van Abbenmuseum di Eindhoven, a Documenta Kassel 4 nel 1968 e ad Ars 69 ad Helsinki.
Fino ai tempi più recenti, quando la sua opera Target è stata esposta, assieme ad altre, al Grand Palais di Parigi nel 2103 in una grande rassegna dedicata all’arte cinetica. Dobeš lavora attraverso la creazione di un equilibrio tra luce e movimento, tra grafiche “op art” e sculture cinetiche, tra illusione ottica e colori minimali, trasformando la realtà dello spazio e portando lo spettatore in un’altra dimensione.

Per Bridget Riley, invece, la sua ascesa nel mondo dell’arte trova slancio con l’opera grafica “Fall”, che divenne così celebre al punto da essere scelta come copertina del catalogo della mostra”The Responsive Eye” suggellando il grande seguito di pubblico suscitato dalle opere dell’artista britannica. “So che i miei dipinti dichiarano assolutamente tutto e nulla è nascosto in alcun modo” dichiarava Riley del suo lavoro, la cui semplicità è pari alla difficoltà da parte del nostro occhio di fissare troppo a lungo l’opera. “Chi guarda è assegnato a diventare spettatore attivo all’interno di un'arena in cui nulla è stabile e tutto contribuisce ad una generale impressione di flusso” osserva Paul Moorhouse, curatore della National Portrait Gallery di Londra e del catalogo della mostra a lei dedicata dal gallerista David Zwirner a Londra nel 2014, nonché autore della biografia “A Very Very Person. The Early Years”.

“Il mio lavoro si è sviluppato su una base di un'analisi e una sintesi empirica, in altre parole sull'esperienza. Mi sorprende come molte persone debbano vedere il mio lavoro come una celebrazione del matrimonio tra arte e scienza. Non ho mai fatto alcun uso di teoria o dato scientifico” ha affermato Riley. A conferma di quanto William Seitz scriveva nel catalogo di “The Responsive Eye”: “[...] deve essere enfatizzato che queste [opere] sono creazioni di artisti, non ricerche di scienziati o tecnici. Alcuni di questi pittori e costruttori si mostreranno procedere freddi e pianificatori come computer, altri sono poetici, musicali o mistici. Questi due estremi talvolta coesistono. Tuttavia, nessuno di questi segue sistemi o regole, bensì scoprono leggi intrinseche attraverso l'esperienza creativa”.
Immagine di apertura: Milan Dobeš, Waves, 1960. Courtesy Svetlik Art Foundation