Masaccio

Arriva a Milano La Crocifissione, il capolavoro di Masaccio, opera che anticipa la contemporaneità. È esposta al Museo Diocesiano, con un allestimento teatrale e mozzafiato che ricostruisce il Polittico di Pisa, smembrato e in parte disperso.

“E quanto a la maniera buona delle pitture, a Masaccio massimamente, per aver egli prima di ogni altro fatto scortare i piedi nel piano, e cosí levato quella goffezza del fare le figure in punta di piedi, usata universalmente da tutti i pittori insino a quel tempo; et inoltre, per aver dato tanta vivezza e tanto rilievo alle sue pitture, che e' merita certamente non esserne manco riconosciuto che se e' fusse stato inventore della arte. Con ciò sia che le cose fatte innanzi a lui erano veramente dipinte e dipinture, ove le sue, a comparazione de' suoi concorrenti e di chi lo ha voluto imitare, molto piú si dimostrano vive e vere che contraffatte.”

Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1550.

È Masaccio, maestro fiorentino, iniziatore del rinascimento italiano. Dal museo Real Bosco di Capodimonte di Napoli arriva a Milano La Crocifissione. Dal 22 Febbraio al 7 Maggio 2023 il Museo Diocesano Carlo Maria Martini espone un’opera di straordinaria bellezza, di potente magnificenza, uno dei più grandi capolavori dell’arte italiana.

Uno spazio semplice, un fondo oro simmetricamente studiato.
Quattro figure: Gesù, al centro. La Madonna sulla sinistra. San Giovanni, suo discepolo tanto amato sulla destra e la Maddalena, di schiena, ai suoi piedi. Partiamo proprio da Gesù, un po’ scomposto, quasi sgrammaticato, poco reale. La testa incassata nel busto e le spalle troppo in alto rispetto alla realtà. È tutto intenzionale. Masaccio infatti dimostra nel corpo del Cristo sulla croce tutta la sua sapienza architettonica e pittorica, poiché la visione dell’opera del Polittico era presentata per il fedele ad un’altezza di circa cinque metri, la figura di Gesù necessitava dunque di una prospettiva diversa, meno reale nelle forme e più compatta, così da permettere allo spettatore una visione più completa, prospettica. Un escamotage straordinario. 

La madre, la Vergine Maria, resa maestosa dai panneggi così voluminosi, viene raffigurata in un momento di assoluta angoscia. Il volto è disperato, afflitto dalle lacrime e le mani, così strette tra di loro quasi a farsi male, quasi a imprigionare quel dolore così assurdo e innaturale come la morte di un figlio, di suo figlio, del figlio di Dio.

San Giovanni è più delicato, meno feroce il dolore sul suo volto, troppo giovane per un dolore così grande.
Arriviamo all’ultima figura: La Maddalena. L’apice della tavola, un’esplosione di dolore. Eccola, con le braccia alzate, rivolte verso l’alto, così scomposta e disperata. Eccola, l’emozione in un’opera d’arte. Di schiena, poco curante del fedele che la osserva, è lei e la sua umanità a vivere quel momento. I capelli lunghi, tipici della Maddalena, accendono ancor di più il colore delle sue vesti, distogliendo l’attenzione da tutto il resto. C’è solo lei e le sue urla di dolore, solo lei e il suo pianto nascosto, solo lei ai piedi del Cristo.

L’opera, facente parte del Polittico di Pisa, smembrato e in alcune parti disperso, si presenta al Museo Diocesano in un allestimento teatrale che lascia senza fiato, ma soprattutto lascia spazio all’opera. Curato dagli architetti Alessandro Colombo e Paola Garbuglio, l’allestimento prevede una installazione video che ricostruisce a grandezza naturale l’impianto del polittico.

Undici pannelli sono stati rintracciati, grazie alla descrizione che ne aveva fatto il Vasari, in vari musei del mondo, come la National Gallery di Londra, dove è conservata la tavola centrale la Madonna in trono con il Bambino e angeli, lo Staatliche Museen di Berlino, il Museo Nazionale di Pisa o il Getty Museum di Malibu; altri pannelli risultano invece ancora dispersi.

L’esposizione, curata da Nadia Righi, direttore del Museo Diocesano di Milano e Alessandra Rullo, conservatore del dipartimento dipinti e sculture del XIII, XIV e XV secolo del Museo e Real Bosco di Capodimonte, col patrocinio del Comune di Milano, è dedicata ad Alberto Crespi, raffinato collezionista recentemente scomparso che ha donato nel 1999 al Museo Diocesano la sua importante raccolta di quarantuno opere su fondo oro.

Un’opera che anticipa la contemporaneità, che si avvicina all’umano dolore, che in qualche modo potremmo interpretare e trasferire ai giorni nostri come un’immagine social. Privata e vera. Le vediamo ogni giorno quelle scene atroci ricche di sgomento: terremoti, guerre, barche che difficilmente arrivano in porti sicuri, morte e dolore. Un’idea, un progetto che anticipa di gran lunga una contemporaneità che mercifica il dolore ma che, al contrario di oggi, Masaccio glorifica e rende pura e soave nel suo messaggio divino.

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