Carnevale

Da tempi antichi l’arte celebra questa festa in cui i ruoli sono sovvertiti, raccontandone le diverse sfumature: lo fanno in maniera esemplare due opere dipinte a distanza di pochi decenni, Al Carnevale e L’abbraccio di Pierrot.

“Carnovale, Carnasciale, o Carnesciale, come noi vogliam dire è lo stesso tempo di feste” recitava in prosa Giovan Battista Fagiuoli, poeta e drammaturgo italiano vissuto tra il XVII e XVIII secolo. Eccolo! È arrivato: il Carnevale. “Una celebre Adunanza, un po’ di Discorso allegro, una Cicalata giocosa” cantava sempre Fagiuoli. Una festa tanto celebre in Italia, a Venezia o Viareggio, quanto in Brasile, a Rio de Janeiro. Carri allegorici, folle incredibili, musica e colori sgargianti, ma soprattutto maschere.

Tanti gli artisti che hanno celebrano questa festa così antica, i primi festeggiamenti ci riportano infatti all’antichità con le dionisiache greche o i saturnali romani, diventando poi una festività cristiana che si conclude con la quaresima.

Un periodo di lussuria, soprattutto gastronomica, che arriva prima del periodo di astinenza durante la quale a nessuno era concesso mangiare carne. La parola Carnevale deriva infatti dal latino carne levare, ovvero eliminare la carne. Durante questo periodo veniva sovvertito l’ordine sociale e tutti sii nascondevano dietro una maschera. Tutti erano “qualcuno”.

Carnevale, Eugene de Blaas, 1870-79
Al Carnevale, Eugene de Blaas, 1870-79

Eugene de Blaas (1843- 1931), artista italo-austriaco, dipinse tra il 1870 e il 1879, Al Carnevale. L’opera si sviluppa in orizzontale attraverso una balconata, elemento tipico dell’artista. Siamo a Venezia, il grande arazzo che pende dal balcone riporta due grandi leoni che tengono una stemma araldico, simboli della Repubblica.

Donne, uomini, bambini chiacchierano tra di loro, alcuni più partecipi alla festa che si tiene sotto di loro, altri, nella parte centrale, fermi in un momento intimo, un corteggiamento forse, che viene rappresentato con il personaggio principale posto di spalle, disinibito, poco formale, che parla ad una donna, più adulta di lui, seduta. Forse chiede la mano della ragazza che lo segue nella linea del balcone, più interessata ai festeggiamenti che al momento e al ragazzo.

Confermano il momento le tre ragazze, che sempre seguendo la linea dettata dalla balaustra, vengono ritratte come nel fare pettegolezzi mentre una, più distante dalle due, porta le mani giunte verso il capo, come a sospirare per la scena d’amore. La sua è un’opera romantica, retorica e manierata, che viene dipinta attraverso una spigliata e colorita fantasia dettata dal momento di festa.

L’abbraccio di Pierrot, Guillaume Seignac, 1895-1900
L’abbraccio di Pierrot, Guillaume Seignac, 1895-1900

Guillaume Seignac (1870-1924), dipinge il carnevale in una maniera meno narrativa, più significativa forse, ma sicuramente più intima e audace: L’abbraccio di PierrotNessun dettaglio descrive il luogo, tutto si concentra nei due personaggi. Il soggetto è nascosto e appare appena dietro la donna vestita con un abito di un giallo vivace. È seduta. L’immaginazione ha poco campo libero. Sensuali, complici, divertiti.

Il Pierrot non conserva nulla delle sue caratteristiche malinconiche, tutt’altro, è audace, sicuro, passionale. La scena è descritta da un turbinio di sensazioni che si concentrano soprattutto nel gesto che compie il Pierrot: morde. Troppo nascosto è il suo volto per poterla solo baciare, la mimica facciale lo rende quasi cattivo. Troppo forte è il gesto del suo braccio che avvinghia la donna e le stringe il seno, un gesto nascosto, con un escamotage straordinario, dalle mani della sua amata: una gioca in maniera disinvolta con il ventaglio, l’altra stringe il braccio del Pierrot. Lo frena? Forse no visto il suo sorriso, la maschera nera nasconde solo gli occhi.

È un giro di linee e forme che parte dalle mani, un gioco centripeto e centrifugo dettato dalle braccia, dalle vesti, dalla gorgiera del Pierrot che porta l’abbraccio fino a quel morso erotico e sensuale. Il carnevale è anche questo. Un gioco sensuale dell’esser chi si vuole senza svelarsi poi tanto.

Un proverbio italiano dice: L’amore di carnevale muore in Quaresima.

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