Arte da un mondo alieno

Wave UFO, l’astronave aliena di Mariko Mori, è la sua ultima, visionaria creazione artistica, ma nello stesso tempo è anche una sofisticata opera d’architettura. Francesca Picchi descrive l’opera, Stefano Casciani parla dell’artista. Fotografia di Red Saunders.

La balena aliena di Mariko Mori, installata nell’atmosfera rarefatta e sospesa dell’ultimo piano del sofisticatissimo edificio di Peter Zumthor, a Bregenz, è la rappresentazione concreta e sognante di un luogo ideale, astratto dal tempo e dalla storia: uno spazio senza tempo proiettato nel futuro.

All’interno dell’opera sospesa sul confine labile e ambiguo tra scultura di grandi dimensioni e architettura dai contorni biomorfi, si creano le condizioni per cui la prova dell’esperienza si compie: poiché i luoghi, per dirla alla Richard Serra, “hanno il potere di generare pensieri”. Sullo sfondo appare l’allusione al viaggio in luogo immaginario e indefinitamente lontano “che non esiste in nessun luogo”, come l’approdo all’isola immaginaria e felice descritta da Tommaso Moro, capostipite delle rappresentazioni utopiche e del bisogno di far conoscere nuovi mondi a coloro che non li hanno veduti.

Dal punto di vista dei simboli, la balena è l’evidente e rassicurante archetipo del guscio protettore, di cui è ricchissima l’iconografia e l’immaginario dei miti primordiali. E come tale allude alla discesa e al ritorno alle fonti originarie della felicità; così l’onda, cui fa riferimento il titolo dell’opera (Wave Ufo), è nello stesso tempo immagine del movimento intimo dell’acqua, come delle frequenze cerebrali su cui si centra l’esperienza dell’opera. Ignara della vicenda biblica di Giona e del suo viaggio fino alle “estremità della terra” durato “tre giorni e tre notti” nel “ventre del pesce”, Mori dichiara semplicemente di non aver voluto ricorrere a “un’architettura reale. Volevo una forma che provenisse dalla natura, come acqua, fiori… qualcosa che producesse un effetto di meraviglia e un sentimento di pace. Amo molto nuotare e mi piacciono molto i pesci: ma la forma è venuta fuori da sola, non sono partita dal significato della balena”.

All’interno, tre persone per volta (il numero è simbolo di trinità e unione), debitamente agghindate all’esperienza estetica con sensori di Technogel, mettono in condivisione le frequenze delle proprie onde cerebrali, per produrre immagini dai movimenti sincopati che aspirano lo stato superiore della risonanza e del sincrono e rimandare così a un’unione superiore. Insieme partecipano al sogno di un “mondo interconnesso” dove tutti gli esseri viventi (umani, animali, alieni, visibile e invisibile, energie cosmiche e organismi del microcosmo) sono irradiati da un’unica fonte di energia vitale.

Non è importante stabilire se si tratti di un’architettura visionaria, o una prodigiosa lanterna magica, oppure un gigantesco microscopio puntato sul mondo interiore dell’artista, per partecipare alla meraviglia dell’esperienza estetica. L’abilità di Mariko Mori è portare la gente ad accordarsi sulla frequenza del proprio pensiero, per trascinarle nella dimensione del sogno. Leggendo puntigliosamente i crediti che restituiscono la quantità delle persone e delle società coinvolte nel progetto (tra cui è citata perfino la NASA), e che si sono spese alla realizzazione di quest’opera molto complessa per invenzione e perfezione tecnica, emerge una straordinaria abilità a mischiare arti e campi diversi e a fare dell’intervento artistico un perfetto esempio di opera collettiva e una straordinaria occasione per spingere la sperimentazione estetica oltre ogni limite meramente utilitario.

Il progetto (prodotto dal gallerista newyorkese Jeffrey Deitch) nasce da una visione che ha occupato i pensieri dell’artista fin dal 1999, allorché si è dedicata a rappresentare l’idea di ‘togetherness’, di unione universale: una visione provocata da un profondo sentimento di fusione con la natura. “Sebbene l’idea provenga dalla natura, non volevo usare immagini naturalistiche o descrittive. Mi interessava piuttosto mettere in evidenza una relazione intima, segreta. Volevo restituire l’immagine dello spirito o di una certa energia vitale, rappresentarla visivamente”.

Questo sottile lavoro di visualizzazione si avvale di sofisticati sistemi tecnologici (quali real time animation e computer grafica) che hanno aiutato Mariko Mori a materializzare uno spazio dove fosse possibile calarsi, attraverso un’esperienza visiva e sonora, nella dimostrazione della fusione cosmica. La proiezione dura sette minuti, in parte dedicati all’interazione delle onde cerebrali degli spettatori, in parte incentrati su un’animazione in cui le visioni dell’artista e il suo universo di figure astratte e segni biomorfi, di movimenti articolati e colori lunari, prendono le forme di un labirinto iniziatico. Varcando la soglia della balena, attraverso il suo grande occhio-portellone (a ribadire il potere dell’immagine come soglia della coscienza) si accede al “grembo visivo”, in cui prende posto lo spettatore adagiandosi su una delle tre stoie di Technogel collocate sotto la grande cupola-schermo in fibra di carbonio: “Usando la tecnologia e la proiezione su una superficie sferica, cerco di immergere lo spettatore in una dimensione senza tempo, né spazio”, rivela Mori. È solo perché l’unità cosmica è pensabile come un dato originario ed esterno all’uomo, che può essere oggettivata e resa visibile attraverso un’immagine: le forme globulari sono soggette a movimenti pulsanti per effetto dell’attività cerebrale delle persone coinvolte nell’esperimento estetico, che interagiscono con esso. Solo quando le frequenze entrano in risonanza però, ovvero quando le onde alfa (quelle che accompagnano il sogno ad occhi aperti) si sincronizzano e la parte destra e sinistra dei rispettivi cervelli – in genere indipendenti – incominciano a funzionare all’unisono, solo allora i singoli elementi perdono la configurazione a punti per confondersi nella forma di un anello: un evento che si compie raramente, in occasioni molto speciali, il solo a dare compimento simbolico all’unità cosmica evocata dall’opera. Questa parte visiva presuppone l’interazione diretta, fisica, degli spettatori connessi con sensori a un software che elabora in tempo reale i dati provenienti dall’interno del cervello, per restituire un’immagine che non è mai la stessa.

Mori si è servita di un sistema di analisi delle onde cerebrali (IBVA Interactive Brainwave Visual Analizer) messo a punto da Masahiro Kahata. L’ingegnere giapponese ha messo a punto nel corso degli anni uno strumento di rappresentazione delle onde cerebrali su base scientifica in grado di combinare funzioni interattive: cambiamenti nello stato di coscienza generano modificazione delle frequenze delle onde cerebrali che sono lette ed elaborate per visualizzare alterazioni di forma, colore, dimensione di figure geometriche. Mori si è servita dei dati messi a disposizione da questo sofisticato sistema di analisi per elaborare una rappresentazione personale dei diversi stati di coscienza, generati dall’intensità delle frequenze cerebrali. “Ho cercato di semplificare la visione e l’interpretazione dei dati provenienti dalle onde cerebrali. Quando prevalgono le onde alfa il movimento è delicato e di colore blu. L’interfaccia mi ha aiutato a visualizzare il fenomeno della sincronizzazione tra i corpi e l’immagine dell’anello”. Per dare piena manifestazione al concetto di ‘togetherness’, Mori ha approntato un sistema complesso dove architettura, scultura, musica, design, computer graphic, proiezioni video si fondono in un unico progetto che le serve per tradurre in realtà la visione iniziale, nello stesso tempo però funziona da processo di verifica e messa a punto dell’intuizione originaria, il nucleo emotivo di riferimento. Grazie al potere intatto della facoltà visionaria di Mariko Mori (animata da un candore ingenuo e pervaso da un alone di positività), è possibile avvicinarsi a un mondo alieno, astrale e parallelo a quello offerto dalla nostra povera esperienza percettiva.

La traduzione in realtà della visione originaria però è un percorso complesso, frutto di un lavoro di gruppo che punta alla sintesi.
“Il progetto è evoluto, cambiato nel corso della sua elaborazione durata più di due anni. “Tradurre in realtà le visioni, è la parte più complessa, in termini di materiali, di forme, di colori. Io posso produrre immagini, avere idee, ma realizzarle, costruirle è una questione totalmente differente. Rappresenta un ordine completamente diverso di stimoli. Solo per trasportare l’opera, per esempio, bisogna tener conto di molti vincoli, la struttura quindi deve essere leggera, smontabile e via dicendo. Questo progetto è un’opera collettiva. Personaggi straordinari, da ogni angolo della terra, esperti nei campi più disparati, hanno messo a disposizione il loro lavoro.

Tutta l’opera è stata costruita a mano. Si può dire che sia un grande manufatto. E se non ci fosse stato tutto l’impegno, l’amore, la passione per costruirla al meglio, non si sarebbe raggiunta questa perfezione. Ed io non posso che essere grata a tutte le persone che hanno partecipato con grande generosità a questo lavoro”. Per quanto più interessata ai significati dello spazio che ai principi della struttura, Mariko Mori ha lavorato a stretto contatto con Marco Della Torre che da Milano ha guidato l’apparato sperimentale del progetto di architettura e di design. Una forma di collaborazione, quella con gli artisti, che lo studio di Marco Della Torre ha avuto modo di maturare nel tempo collaborando con artisti del calibro di Claes Oldenburg, Vanessa Beecroft, Karsten Hoeller, Charles Ray, grazie anche alla capacità di saper coinvolgere un indotto industriale, come quello italiano, particolarmente versatile e aperto alla sperimentazione nella realizzazione di opere visionarie e di grandi dimensioni. La collaborazione è nata a Milano, nel 1999, con la costruzione del Dream Temple alla Fondazione Prada. Come avviene sempre più spesso per il gigantismo e la sofisticazione scientifica e tecnologica delle opere, un artista non può fare affidamento solo su se stesso e ha bisogno della collaborazione di una squadra di esperti per trovare una sintesi e dare struttura e forme realizzabili alle proprie visioni. È questo il caso dell’animazione e della visualizzazione interattiva della risonanza delle onde cerebrali, ma anche l’esempio della costruzione dell’architettura: una struttura ‘mobile’ di notevoli dimensioni (lunga oltre unidic metri e alta cinque) che, adeguatamente imballata e riposta in otto container, può essere trasferita ed esposta altrove.

Dal punto di vista puramente strutturale il disegno organico della balena ha impegnato il team di Marco Della Torre a sviluppare una struttura che fosse sufficientemente leggera da poter essere portata dalle solette di un museo e nello stesso tempo fosse adatta ad essere facilmente smontata e spedita in aereo. In modo anticonvenzionale un materiale come la vetroresina è stato utilizzato in funzione strutturale per realizzare travi che costituissero la costolatura della balena. La forma originale della sua architettura, che non rientra nei canoni delle strutture classiche, ha richiesto l’elaborazione di una documentazione sperimentale per determinarne il comportamento statico. Il punto era creare una struttura che nascesse dal basamento, fulcro del sistema.

La struttura nasce da un tamburo in alluminio di tre metri di diametro posto alla base della balena da cui parte il fasciame di costole che si irradia tutto in giro costituito di elementi in vetroresina, molto resistenti, indeformabili, cui sono applicati i pannelli dal taglio asimmetrico e irregolare con un sistema di biellette molto ingegnoso. I modelli di trave in materiale composito – un sandwich di vetroresina e schiuma espansa, dove la vetroresina è l’elemento portante resistente – sono stati sottoposti a prove di carico in laboratorio in modo da poterne ricavare le classiche curve di sforzo e deformazione che si usano per i materiali noti.

L’intera opera è stata costruita nei dintorni di Torino dalla Modelleria Angelino, un’azienda dell’indotto dell’automobile. La stessa cura per la sperimentazione ha coinvolto tutti i materiali impiegati. La combinazione di alluminio, magnesio e fibra di vetro non suggerisce la durezza dei materiali. E, infatti, il senso di fluidità dello spazio non si deve soltanto alle forme sinuose e biomorfe della composizione ma anche all’intensità dei materiali: il metallo, la fibra di vetro, il metacrilato, il Technogel sembrano fondersi e fluire nello spazio per creare un’atmosfera sospesa. La pelle della balena, la finitura perlacea che sembra non produrre ombre per irradiare una luce cangiante e astrale, è frutto di una ricerca sperimentale che ha avuto come modello la vernice olografica utilizzata sulle banconote degli euro sviluppata insieme alla ditta di vernici e smalti Lechler di Como. Le sedute (come gli stessi alieni) sono stampati in Technogel, un materiale a metà strada tra stato liquido e solido, grazie alle sue catene molecolari lunghe e libere che gli conferiscono questo stato sospeso e intermedio che allude alla forma dell’acqua. F.P.
Mariko Mori ha curato l’edizione di multipli della sua opera
Mariko Mori ha curato l’edizione di multipli della sua opera
L’installazione interattiva è una sofisticata creazione di alluminio, magnesio, carbonio, Technogel e fibra di vetro realizzata da un fabbrica dell’indotto dell’auto vicino a Torino
L’installazione interattiva è una sofisticata creazione di alluminio, magnesio, carbonio, Technogel e fibra di vetro realizzata da un fabbrica dell’indotto dell’auto vicino a Torino
Lo spazio contenuto all’interno della struttura biomorfa è sufficientemente grande per accogliere coloro che partecipano all’esperienza estetica piuttosto che assistervi passivamente
Lo spazio contenuto all’interno della struttura biomorfa è sufficientemente grande per accogliere coloro che partecipano all’esperienza estetica piuttosto che assistervi passivamente
La struttura lunga undici metri è disegnata in modo tale da essere disassemblata e stipata in otto container per facilitare la spedizione via aria
La struttura lunga undici metri è disegnata in modo tale da essere disassemblata e stipata in otto container per facilitare la spedizione via aria
connessi a sensori cerebrali gli spettatori sono messi in condizione di interagire, attraverso le frequenze dei propri cervelli, con le visioni 
di Mariko Mori proiettate su uno schermo sferico, creando immagini sempre differenti
connessi a sensori cerebrali gli spettatori sono messi in condizione di interagire, attraverso le frequenze dei propri cervelli, con le visioni di Mariko Mori proiettate su uno schermo sferico, creando immagini sempre differenti
La balena è accompagnata da un equipaggio di alieni disposti in circolo, stampati in Technogel
La balena è accompagnata da un equipaggio di alieni disposti in circolo, stampati in Technogel
Se abbracciati, gli occhi degli alieni si illuminano e i cuori battono all’unisono
Se abbracciati, gli occhi degli alieni si illuminano e i cuori battono all’unisono
Le atmosfere sensuali e sospese della Kunsthaus di Bregenz di Peter Zumthor accolgono la ‘prima’ dell’installazione di Mariko Mori attesa, per maggio, a New York dove verrà esposta a cura del Public Art Fund
Le atmosfere sensuali e sospese della Kunsthaus di Bregenz di Peter Zumthor accolgono la ‘prima’ dell’installazione di Mariko Mori attesa, per maggio, a New York dove verrà esposta a cura del Public Art Fund
Le singole opere della serie <i>Connected World</i> sono servite per elaborare lo storyboard per l'animazione di computer grafica proietatta all'interno della balena
Le singole opere della serie Connected World sono servite per elaborare lo storyboard per l'animazione di computer grafica proietatta all'interno della balena

Ultimi articoli di Arte

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram