Il ritorno della primavera e l'esplosione dell'estate innescano il desiderio di decantare, tra parchi e giardini odorosi, l’atrofia dell’inverno e le costrizioni degli ecosistemi urbani.
Come Domus ha avuto già modo di raccontare, da sempre il giardino evoca un caleidoscopio di stati d’animo mutevoli a seconda delle caratteristiche del contesto: dalla razionale quiete dei giardini all’italiana, alla sottile tensione che scaturisce dal cimentarsi con il percorso in un labirinto.
In Europa, la tradizione della progettazione del paesaggio è ampiamente diffusa e diversificata: dai parchi scanditi da geometrie rigorose, ai parchi romantici dove l’artificio antropico lascia spazio ad una natura (apparentemente) selvaggia, ai parchi dove intrattenimento, arte e cultura regalano ore possibilmente spensierate all’aria aperta (Jupiter Artland; Tschumi, Parc de La Villette).
Non estranee alle diverse latitudini sono inoltre le suggestioni simboliche, come se il contatto con la natura fosse l’incipit di un percorso catartico che conduce ad una possibile diversa coscienza di sé e del mondo. Così, alla simbologia del labirinto minoico – ottocentesco (Glendurgan Gardens; Giardini di Marqueyssac) o più recente (Longleat Hedge Maze; Peace Maze Castlewellan) – si aggiungono quella celtica (Birgit’s gardens) e massonico-esoterica (Quinta da Regaleira), quella onirico-surreale (Gaudì, Parque Güell; Bosque de Oma; Lost Gardens Of Heligan; Parc d'en Garrell) e cosmologica (Jencks, Garden Of Cosmic Speculation).
In ogni caso, l’obiettivo è celebrare la natura, sia attraverso l'intelletto sia attraverso i sensi; compreso il senso dell’umorismo (The Gnome Reserve).