Elementi architettonici: la porta

Dalle origini all’uso contemporaneo: storia della porta.

Il termine “porta” indica l’apertura praticata in un muro per consentire passaggi o l’imposta mobile con la quale si chiude un vano. La porta è un elemento semplicissimo nella sua concezione, eppure, dai significati ambivalenti: permette ingressi e insieme consente di uscire da uno spazio limitato; la porta assicura privacy e sicurezza e, allo stesso tempo, è ciò che garantisce libertà e apertura. Grazie a questo carattere dialettico la porta si è guadagnata nel corso del tempo un valore simbolico inesauribile e, infatti, compare negli ambiti più disparati: nella letteratura, nell’arte, nella filosofia, nel cinema e anche nella musica. Basti pensare alle porte del “viaggio” dantesco che mutano le proprie dimensioni in base al luogo a cui permettono l’accesso; o alla Porta dell’Inferno di Auguste Rodin che racconta sulla propria superficie la storia dantesca e il cui volto brulicante è stato a sua volta magistralmente descritto da Rainer Maria Rilke ne Il diario Fiorentino; o alle porte di Renè Magritte e Marcel Duchamp: La risposta imprevista del pittore belga è una porta che sebbene chiusa permette passaggi nel meraviglioso ed enigmatico spazio notturno dell’ignoto; mentre la Porta di Rue Larrey 11 di Duchamp è una porta che mediante la condivisione dello stipite tra due cornici esprime la sua duplice essenza: è sia aperta che chiusa.

Anche in ambito architettonico la porta si è conquistata un ruolo di assoluto rilievo: è un elemento secondario, strumentale – se considerato in rapporto alla complessità di un’architettura – eppure costituisce il primo contatto con chi entra negli edifici: tramite la porta si accede ad altri “mondi”. Le porte delle cattedrali romaniche e gotiche declinano questa riflessione: esse sono letteralmente prese d’assalto dai corpi delle eterogenee figure scolpite nelle strombature, sul frontespizio, sulle arcate.

Anche in ambito architettonico la porta si è conquistata un ruolo di assoluto rilievo: è un elemento secondario, strumentale eppure costituisce il primo contatto con chi entra negli edifici

Si tratta di porte i cui elementi che le definiscono declinano sotto il profilo simbolico la natura dei rispettivi spazi: sono il volto degli edifici. Nel corso del Rinascimento le porte fanno il loro ingresso in numerosi trattati che evidenziano come sono soprattutto le decorazioni delle porte, ciò che definisce il vuoto del passaggio, ad essere oggetto di molteplici variazioni. E se Vincenzo Scamozzi in Dell’idea dell’architettura universale fa ricorso, in linea con tutta la trattatista rinascimentale, alla sfera organica; e se Vitruvio e Palladio sottolineano come le porte devono essere adeguate all’importanza e alle caratteristiche delle costruzioni, oltreché alle “qualità” del committente; di tutt’altra natura sono le indicazioni di Sebastiano Serlio che dedica addirittura un intero libro del suo trattato alle porte: Il libro estraordinario è un vero e proprio catalogo di porte che possono essere utilizzate dagli architetti in base ai diversi gusti, al pari di quelle che compaiono in un catalogo dei nostri tempi. La Golden Door di Louis Sullivan a Chicago o la Grande Porta di Olbrich a Darmstadt derivano il proprio carattere simbolico dalle cornici e dagli elementi artistici che le definiscono, mentre l’industrializzazione e la standardizzazione aprono la strada a un altro genere di variazioni: in aderenza con il rispettivo periodo storico, le semplici ed economiche “porte di casa” a pannelli delle Siedlungen di Bruno Taut, ad esempio, sono dotate di diverse colorazioni dei telai e dei pannelli poiché pensate all’interno del più ampio compito "non estetico, ma etico" di rendere più vivibili i quartieri operai.

Quando la porta riappare alla Biennale di architettura di Venezia del 2014 inclusa tra gli “Elements of architecture” essa si è ormai “smaterializzata”: tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI, le porte declinano i caratteri di trasparenza, di flusso e di connessione propri dei nostri tempi e contemporaneamente incorporano strumenti di sicurezza sempre più raffinati.

Eppure ciò, ancora una volta, non esclude sfaccettate eccezioni che ne evidenziano le inesauribili variazioni. La porta della Bremer Landesbank di Caruso St. John Architects, ad esempio, si inserisce all’interno della lunga tradizione di ingressi inquadrati da grandi cornici in cui però i particolari simbolici e artistici sono oggi venturianamente sostituiti da una scritta; numerose sono le porte del Community Centre di Aires Mateus a Grandola eppure la sua porta d’ingresso si differenzia dalle altre: è arretrata rispetto alla muratura e sopra di essa si sviluppa un incavo che anticipa le qualità spaziali dell’edificio a cui permette l’ingresso: la porta è il volto dell’edificio stesso; ambivalenti sono le porte della Weekend House di Kazuyo Sejima e Rue Nishizawa: si uniformano in tutte le loro caratteristiche dimensionali e materiche a quelle di una costruzione che fa dell’introversione il suo carattere eppure, quando la casa è abitata, le porte diventano grandi finestre che ne svelano l’interno; senza porta è la Cappella a Oberrealta di Christian Kerez: in effetti "alle origini” la porta era semplicemente un’apertura praticata in un muro per consentire passaggi.

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