5 progetti per capire l’architettura-poesia di Junya Ishigami

Una selezione dei più ambiziosi progetti ancora in corso dello studio Junya.Ishigami+Associates accompagnati dal racconto di Hervé Chandès, direttore generale della Fondation Cartier, sul visionario architetto giapponese.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1065, febbraio 2022.

La prima cosa che ho conosciuto di Junya Ishigami è stato il nome. Da lì è cominciato tutto. Ho sentito parlare di lui per la prima volta nel 2007, durante un viaggio a Tokyo, così sono andato a visitare la sua installazione Balloon al MOT, il museo di arte contemporanea.

Sono rimasto incantato da quella struttura così grande che, nonostante il suo design stravagante, appariva leggera come una nuvola.

Casa per la madre

  

Qualche tempo dopo, ci siamo incontrati di persona e, da quel giorno fino all’apertura della sua mostra “Freeing Architecture” alla Fondation Cartier nel 2018, siamo sempre rimasti in contatto, incontrandoci una volta all’anno, per condividere idee e immaginare progetti.

Sin dal primo appuntamento, infatti, sentivo che avremmo collaborato, era come se ne avessi la prova. Non perché mi avesse colpito particolarmente un aspetto teorico del suo lavoro, si trattava più che altro di un’intuizione, difficile da spiegare, alimentata anche dalla lettura dei suoi libri che permettono di immergersi nella sua mente poetica. Nelle sue pubblicazioni, infatti, tutti i disegni sono mondi in miniatura che incorporano elementi naturali, quali nuvole e foreste, nel progetto architettonico.

Casa e ristorante Noël

  

Alla Biennale di architettura di Venezia del 2008, visitando il padiglione del Giappone, ho avuto un altro incontro sorprendente con i suoi disegni. All’interno della struttura, Ishigami aveva concepito una mostra di disegni realizzati a matita direttamente sulle pareti.

Mentre le esposizioni di architettura hanno spesso una struttura didascalica, il suo approccio sembrava eludere qualsiasi tipo di retorica: aveva scelto di trasferire tutto il suo immaginario direttamente sul muro, svincolandosi così da ogni supporto materiale intermedio. Il risultato era semplicemente bello. I tratti, delicati ed elaborati, illustravano la sua visione e rispecchiavano il suo modo di pensare l’architettura.

Centro Culturale

  

Ricordo anche la sua mostra “How Small? How Vast? How Architecture Grows” (2010), alla galleria Shiseido di Tokyo, a conferma della mia sensazione che prima o poi avrebbe progettato qualcosa per la Fondation Cartier. Ne avevamo già discusso diverse volte, senza però arrivare al dunque. Nel 2009, per esempio, l’avevo invitato a progettare la mostra della collezione della Fondation Cartier al Grand Palais di Parigi.

Era un intervento ambizioso: aveva messo insieme una grande quantità di lavoro e concepito una scenografia spettacolare per lo spazio del Palais. Enormi pareti di mattoni dovevano essere distribuite su livelli diversi nella parte superiore della navata. Per spostarsi da una stanza all’altra, il visitatore doveva passare attraverso una minuscola porticina. C’era qualcosa di favoloso in questo intervento: pareti cosmiche trasformavano il soffitto del grande ambiente in una volta celeste.

Cappella della Valle

  

La mostra, purtroppo, non è mai stata realizzata, ma in quel frangente Ishigami ha rivelato un aspetto della sua personalità che apprezzo molto: un’ironia pungente che ben si combina al suo approccio creativo aperto. Ogni suo progetto nasce da una ricerca ispiratrice e, nel prendere forma, determina sempre qualcosa di potente.

Quando, nel 2010, gli ho parlato dell’idea di una mostra nell’iconica sede della Fondation Cartier di Jean Nouvel, non lo stavo contattando solo come direttore artistico, ma anche come portavoce dell’edificio, come facilitatore dell’incontro tra un progettista e un’architettura. Ishigami è un grande ammiratore di Nouvel e la Fondation Cartier è uno dei suoi edifici preferiti: questa coincidenza, oltre un intenso sforzo collaborativo, si è concretizzata in una mostra che è riuscita a coinvolgere ogni tipo di pubblico.

Foresta Kindergarten

  

Con la personale “Freeing Architecture”, Ishigami ha ampliato la sua ricerca di nuove definizioni di architettura. Osservare lui e la sua squadra creare e assemblare i modelli in loco è stato straordinario: ognuno di essi contribuiva a dare senso al progetto generale. I modelli erano contestualizzati, inseriti in un ambiente popolato da alberi, animali e oggetti, pensati alla stessa scala dei suoi occupanti. La mostra, completata dagli schizzi, ha offerto una moltitudine di scenari, favorendo un’immediata empatia e intimità con la visione dell’autore. L’architetto giapponese ha dimostrato così tutta la sua capacità d’immaginazione al di là dei confini della scala architettonica, con il tocco sottile di uno spirito quasi naïf.

Come artista, Ishigami crea mondi differenti, capaci di reinventare il nostro modo di abitare. Come architetto sensibile, non ha solo liberato l’architettura: credo abbia anche reso più libero il modo di esporla.

Immagine in apertura: Cappella della Valle, Bailuwan, Shandong, Cina, 2016-in corso. Courtesy Junya.Ishigami+Associates

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