Pouya Khazaeli Parsa: villa in Iran

L'ultima opera dell'architetto iraniano è presentata da Kamran Afshar Naderi, docente all'Università Azad di Teheran e socio fondatore della rivista Me'mar.

Pouya Khazaeli appartiene alla generazione dei giovani architetti che ha avuto un ruolo determinante nel movimento progressista dell'ultimo decennio, la cui conoscenza ci permette di comprendere meglio il lavoro qui presentato. Si tratta del fermento culturale più autentico e più vivo degli ultimi 50 anni dell'Iran, che ha investito vari settori artistici e culturali (cinema, letteratura, pittura, musica, teatro, architettura, ecc.). Potrebbe apparire paradossale ma, proprio nel momento di maggiore chiusura politica, gli intellettuali, gli artisti e i letterati iraniani hanno avuto un risalto maggiore sullo scenario culturale internazionale. Molti architetti iraniani, uomini e donne, sia che esercitino nel Paese o all'estero, hanno avuto importanti riconoscimenti internazionali, come Farshid Mousavi, Mehrdad Yazdani, Nader e Hadi Tehrani, le sorelle Hariri, Bahram Shirdel, Nasrin Seraji, Reza Daneshmir, Abbas Riahifard.
Esistono molti giovani architetti tra i 30 e i 40 anni che lavorano nel Paese e che creano opere di alto contenuto architettonico. Nonostante le difficoltà burocratiche, economiche e tecnologiche dell'Iran, queste realizzazioni sono comparabili a quelle pubblicate dalle riviste di architettura internazionali. La forza motrice dell'attuale movimento culturale è la determinazione del ceto iraniano più colto di uscire dal proprio guscio e di comunicare con il mondo esterno.
Per questo gli iraniani esplorano qualsiasi mezzo a loro disposizione utile a portare il loro messaggio al mondo. Non è un caso, infatti, che il persiano sia la quarta lingua più utilizzata in internet. Gli studenti universitari divorano le poche risorse bibliografiche internazionali a loro disposizione e dedicano tanto tempo alla ricerca in rete per conoscere le tendenze, le opere realizzate e per partecipare alle competizioni internazionali. Le numerose riviste di architettura del Paese hanno dato un contributo significativo a creare questo legame tra la realtà architettonica e il mondo esterno. Per questi motivi, la nuova generazione di architetti ha deciso di rompere con l'architettura dello stato – retorica, storicistica e priva di creatività – imposta dalle organizzazioni statali, che controllano non solo le opere infrastrutturali e i servizi pubblici (ospedali, scuole, università), ma anche gli alberghi, i cinema, i centri culturali, le industrie etc.

I giovani hanno cominciato con piccoli edifici, come case, condomini e uffici per clienti privati. In seguito, vedendo i risultati, anche gli amministratori pubblici hanno apprezzato le abilità dei giovani 'disobbedienti', tanto da affidare loro alcuni importanti progetti pubblici (cinema, musei, biblioteche, scuole). Negli ultimi cinque anni, contemporaneamente alla relativa apertura verso i giovani, abbiamo avvertito una maggiore attenzione da parte di questi ultimi nei confronti della cultura e della tradizione locale.
I giovani, pur rimanendo sui binari dell'architettura contemporanea, hanno sfruttato la cultura autoctona per diversificarsi sullo scenario internazionale e per creare opere con un tocco di originalità.

Il volume bianco, compatto e geometrico dell'edificio si staglia nel contesto delle case di tipologia tradizionale

È in questo contesto che si collocano i lavori di Pouya Khazaeli Parsa, il giovane architetto iraniano, che con quattro realizzazioni indipendenti, delle quali solo due edifici veri e propri, ha già ottenuto importanti riconoscimenti ed è apparso su numerose riviste locali e internazionali.
La prima realizzazione di Khazaeli, apparsa su Domus (n. 906, settembre 2007), era una villa lecorbuseriana nel Mazandaran (regione iraniana sul Mar Caspio). Il secondo lavoro era una capanna di bambù realizzata con un budget inferiore a 1.000 euro, influenzata dal periodo trascorso nell'ufficio di Shigeru Ban, prima di intraprendere la libera professione. La capanna apparve su Domus (Bamboo Structure, n. 927, luglio/agosto 2009) e vinse il primo premio indetto dalla rivista di architettura Me'mar nello stesso anno.
L'ultima realizzazione è un'abitazione monofamiliare per il weekend che si trova nel villaggio Darvishabad (anch'esso sul Mar Caspio).

Il piano dell'abitazione è fortemente caratterizzato al centro dalla presenza dell'elemento a imbuto, che crea un collegamento tra il cielo e il suolo

Si tratta di una casa 'oggetto', che rispetta le regole dell'architettura minimalista internazionale, ma che stabilisce anche un legame sottile con la tradizione architettonica locale e con le tipiche abitazioni iraniane. La sensibilità verso l'architettura della regione si evince anche dal fatto che la costruzione poggia su 4 pilastri per evitare l'umidità del terreno. In questo caso l'architetto, con il semplice gesto di piantare pilastri su assi ortogonali di una casa a pianta quadrata, evita una banale riproduzione della capanna indigena con pilastri angolari.
Lo spazio domestico è organizzato intorno a un vuoto rappresentato da un imbuto di vetro che cattura la luce solare e la introduce al centro della casa. Khazaeli sostiene che questo elemento sia ispirato alla tradizione architettonica iraniana, nella quale la maggior parte degli spazi è organizzata intorno a un vuoto chiamato 'hayat' (cortile o patio centrale). Al piano abitativo si accede tramite una scala dritta e stretta che enfatizza lo spazio aperto della casa, divisa per lo più dai divisori mobili. Così l'edificio conserva la flessibilità tipica delle case tradizionali, nelle quali le principali funzioni (dormire, mangiare, trascorrere tempo insieme) possono essere collocate in punti variabili, a seconda della stagione o del momento della giornata.

La verticalità di prospettiva creata dalla lanterna di luce richiama una qualità spaziale tipica dell'architettura persiana

Il tetto è sfruttato come l'estensione dello spazio domestico, un altro richiamo alle case persiane. Questa sorta di cortile non è aperta verso l'area circostante, bensì è chiuso da un muro alto che lascia soltanto la vista verso il cielo. In questo modo, la vita privata della famiglia non viene disturbata da sguardi indiscreti e lo spazio del terrazzo simula l'intimità dei cortili centrali delle case tradizionali.
Questo piccolo lavoro di Khazaeli è rappresentativo del percorso adottato da vari giovani architetti iraniani alla ricerca della loro identità autoctona e, al contempo, internazionale. Kamran Afshar Naderi

Al primo piano, la percezione dello spazio viene sensibilmente modificata dall'apertura o chiusura delle porte interne a soffietto

Villa a Darvishabad, Iran

Progetto: Pouya Khazaeli Parsa
Localizzazione: Darvishabad, Mazandaran, Iran
Committente: Nastaran Shahbazi
Struttura: Peyman Khezri
Fotografia: Mohsen Jazayeri, Mehrdad Emrani
Film: Mehrdad Emrani
Superficie lotto: 400 mq
Superficie lorda della casa: 240 mq
Completamento: ottobre 2010

Il tetto-terrazzo, protetto da alti muri, è concepito come il grande cortile di un'abitazione tradizionale