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Genghis. Dagli Stati Uniti, attraverso la Russia, fino al Kazakistan: mega progetti per nuove città. Testo Keller Easterling.

Nel giorno dell'inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino, Hu Jintao deve essersi decisamente rincuorato nel vedere che Vladimir Putin era riuscito nel non facile compito di mostrarsi un leader ancora più rozzo di George Bush. La pantagruelica cerimonia inaugurale e il ruolo di primo piano svolto da Putin nell'invasione russa della Georgia hanno infatti sancito la completa riuscita di un riorientamento globale dei media, concentrato non più sulle traiettorie tra est e ovest, bensì tra est ed est lungo un corridoio che collega Pechino ai centri mondiali del petrolio e ai gasdotti dell'Asia centrale.

Nelle terre di Genghis Khan e del Kublai Khan, la violenza diffusa che accompagna i flussi di energia richiama l'impeto dell'antica conquista mongola, mentre i nuovi network di capitali digitali rimandano alle rotte scorrevoli dell'antica Via della seta. Quelli in questione sono tra i territori che intellettuali reazionari come Samuel Huntington affermano essere culle di civiltà contro le quali l'Occidente deve ora innalzare delle nuove/vecchie difese in stile Guerra fredda. È forse per questo che, in occasione delle Olimpiadi, George Bush Junior, George Bush Senior e persino Henry Kissinger sono stati tolti dalla naftalina per inaugurare ambasciate o assistere all'incontro di pallacanestro tra USA e Cina. Attempate ragazze pon-pon di un'inesistente Pax Americana, all'intensificarsi del conflitto tra Russia e Georgia i tre devono indubbiamente aver accarezzato passate memorie della Guerra fredda. Eppure, di solito le potenze globali ci ricordano anche le trappole nascoste nel pensiero simmetrico e binario: esse generano imprevedibili momenti di continuità e rottura tra passate civiltà lasciando intatti violenti anacronismi e pesanti contraddizioni nel loro ingannare, nascondere e tramare. Dubai, per esempio, nel suo tipico modo di occultare messaggi in estetiche sub-testuali di regime, ha ottenuto da tempo il riallineamento dei media ricorrendo a plateali allusioni quali l'Ibn Battuta Mall per ricordare al mondo come i percorsi di esplorazione dell'Estremo Oriente possano aver origine alla Mecca piuttosto che nell'Europa di Marco Polo. Non è un caso che per attirare i riflettori, questo corridoio "paleo-Genghis" ha dovuto fare il verso alle iperboliche e seducenti scenografie di Dubai. L'insistita gentilezza della cerimonia inaugurale dei giochi, che non conteneva tracce della conquista mongola per lasciarsi andare piuttosto a un'agile danza antigravitazionale intorno al globo, è stata il segnale del comando di un nuovo punto focale.

Direttamente collegate a ciascuno di questi oleodotti e a tutte le altre infrastrutture di questo nuovo/vecchio territorio, l'architettura e l'urbanistica sono gli indicatori primari di un riallineamento politico globale: infrastrutture che abitualmente agiscono più rapidamente del diritto internazionale nel determinare uno strumento di governo o di scambio. Popolando quest'asse decentrato e muovendosi tra San Pietroburgo, Astana, la Mongolia centrale e Pechino, gli architetti stanno dando forma concreta a una corrente di petrodollari un po' diversa da quelle di Dubai, spesso neanche così ben camuffata né così accuratamente ripulita da situazioni politiche vischiose come avviene negli Emirati Arabi. Accompagnati da una dovizia di doppi sensi, qui, dove gli ultimi combustibili fossili finanziano l'ultima architettura iperbolica, è possibile trovare programmi per nuove città istantanee, per il più grande edificio del mondo o per il più alto grattacielo d'Europa. E mentre questi Paesi diventano gli ultimi potentati fondati sul carbone, sul petrolio o il gas naturale, i monumenti architettonici e le stelle dell'architettura consegnano aspirazioni utopiche ed ego progettuali adeguatamente datati, tinti a volte di una ritrovata coscienza politica che non di rado appare maldestra e inappropriata.

Uno dei luoghi d'incontro di questa cellula di architetti è Astana, la nuova capitale del Kazakistan in luogo di Alma Ata. Nel 1997, Kisho Kurokawa, scomparso architetto metabolista, progettò un piano generale assiale a cui si è collegata la piramide del Palace of Peace and Reconciliation di Norman Foster. Avvolta da puerili evocazioni di un'ideale armonia, quest'icona religiosamente neutrale si è proposta anche come luogo d'incontro e di ritiro per i leader mondiali. L'opera di Foster sarà presto affiancata dal Khan Shatyry (che si può tradurre all'incirca con "luogo di riposo di Khan"), una tenda in ETFE alta 150 metri, all'interno della quale sarà ricreato un microclima adatto al tempo libero e allo shopping, con ristoranti e spazi verdi. Lungo lo stesso asse, lo studio Foster and Partners ha pianificato di realizzare Central Markets, un agglomerato di torri di varia altezza. In ogni caso se per le discipline progettuali può essere agevole descrivere il design di un edificio, la genetica urbana di Astana segna l'apoteosi di una tendenza più significativa nell'urbanistica globale contemporanea: la crescita di zone franche quale paradigma mondiale della città. Ad Astana, la zona franca giunge persino a fondersi con la capitale nazionale. Come a riconoscere che una separazione tra quello che si suppone essere il centro della legalità e il centro stesso dell'eccezione alla legalità sia in fondo falsa, il presidente Nazarbayev ha creato in tutta tranquillità un'area di circa 250 chilometri quadrati in cui la nazione possa pubblicizzare le sue franchigie quali attrattive di mercato agghindate di orgoglio nazionale e iconografia regionale. Alla stregua di altri poteri planetari, il Kazakistan continuerà ad accrescere le proprie conurbazioni in forma di zone d'affari chiamate 'città'. Alatau IT City, un esempio al di fuori di Alma Ata, segue il modello ormai familiare, presentando torri arricchite di monumentali quanto indeterminate e ibride referenze alle silhouette dei templi dell'Asia centrale e meridionale.

Foster and Partners ha prodotto quella che è probabilmente l'icona più contagiosa per le terre degli oleodotti: l'edificio elevato in altezza come tenda o microclima quale allusione ai movimenti nomadici nelle steppe della regione, nonché alimento di fantasie archeologiche radicate nella fantascienza o di prescrizioni per un design della redenzione. Per quanto finanziati dai petrodollari, questi edifici testano tecnologie verdi e offrono giardini interni a protezione dei rigori dell'inverno, dispensando anche, a titolo di bonus supplementare, iconografie vitaliste dell'architettura utopica del primo Novecento. Il progetto di Crystal Island, concepito per Mosca quale edificio più grande del mondo, adotta un'organizzazione molto simile a quella di Khan Shatyry, salvo il fatto che contiene quasi due milioni di metri quadrati di spazio interno e, coi suoi 450 metri, è alto più o meno il triplo. Sempre a Mosca, la Russia Tower di Foster and Partners presenta altri interni affetti da gigantismo e, poiché tocca quota 600 metri, si è guadagnata la definizione di "torre a ventilazione naturale più alta del mondo". Allo stesso modo, il Khanty Mansiysk in Siberia (280 metri) si presenterà come un microcosmo in forma di torre. I grandi progetti a tenda, la maggior parte dei quali completati nei prossimi anni, sono rappresentati con modalità affini, tra lo sfavillio dei raggi del sole e frecce hi-tech per indicare le speciali tecniche di ventilazione.

Forse, per Foster and Partners, l'ambiguità ambientale delle torri le immunizza da ogni questione etica, specialmente se si considera l'irrilevanza della purezza o dei principi irremovibili nella politica globale. Eppure, molti dei progetti nella regione, per quanto discutibili, sembrano ispirare pause di riflessione di natura spirituale oppure offrire un travestimento a rivincite professionali o a ego feriti. È forse utile ricordare che Foster e Kurokawa, insieme a Rafael Viñoly, hanno messo in atto una decisa presa di posizione di natura etica abbandonando la giuria nel concorso per la torre Gazprom (ora ribattezzata Okhta Centre) di San Pietroburgo. Kurokawa ha preso le distanze dal concorso in quanto esso ignorava deliberatamente il limite di altezza di quarantotto metri in vigore in città. Va anche detto che forse abbandonare una competizione in cui si fronteggiavano i progetti di Massimiliano Fuksas, Herzog & de Meuron, Rem Koolhaas e Daniel Libeskind non deve essere stato motivo di eccessiva ansietà. Nel prosieguo della storia, Koolhaas ha a sua volta annunciato una ferma obiezione per ragioni di principio, invitando gli architetti ad unirsi per rivedere le procedure di concorso. Per i rimanenti membri dellagiuria e il voto popolare on-line, il progetto vincente è stato quello di RMJM, studio scozzese associato all'americano Hillier Group, il quale ha proposto la costruzione del grattacielo più alto d'Europa. Contro il progetto, che prevedeva un'altezza di 396 metri per una torre ovviamente a ventilazione naturale, si sono schierati non solo il World Heritage Fund dell'UNESCO, ma anche gruppi di attivisti di San Pietroburgo. Così, RMJM ha tentato di dimostrare che l'edificio, collocato sulla sponda opposta della Neva rispetto alla cattedrale di Smolny, non è realmente visibile dalla gran parte del centro storico. E quando Putin, del quale San Pietroburgo è la città natale, è stato chiamato in causa, ha preferito rimanere neutrale affermando di aver già abbastanza problemi per conto proprio. Alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici, seduto nel "nido d'uccello", lo stadio firmato da Herzog & de Meuron, Putin aveva effettivamente ben altro a cui pensare.

Koolhaas è comparso in molte riprese aeree. Libeskind, sollevando il manto dello sdegno dalle spalle dei suoi colleghi, è stato protagonista di una presunta conversione, affermando che gli architetti dovrebbero rifiutarsi di lavorare per un regime totalitario come quello cinese. Per quanto riguarda Herzog & de Meuron, la loro collaborazione con l'artista cinese Ai WeiWei è sfociata in un'altra diserzione: durante la fase preparatoria ai giochi, Ai WeiWei ha affermato infatti di aver perso interesse per le olimpiadi e ha criticato le tecniche di autocelebrazione e autoprotezione del governo cinese.

Il cerchio di questa favola "paleo-Genghis" si chiude con un'altra collaborazione tra Herzog & de Meuron e Ai WeiWei a Ordos, nella Mongolia centrale. In questa vasta fascia di territorio cinese, tra Pechino e la Mongolia, pascoli troppo sfruttati si sono trasformati in deserti da cui ora proviene parte della polvere di carbone e di lana che si respira nell'aria di Pechino. Il megaprogetto di Ordos propone l'ormai familiare gigantismo e lo sviluppo di svariate aree commerciali. Il consueto cast di stelle dell'architettura sta fornendo edifici pubblici per una enorme zona amministrativa a pianta assiale, con grandiose sculture che narrano le gesta di Genghis Khan. Il ruolo di Herzog & de Meuron nella vicenda è stato radunare cento giovani architetti per lavorare a una serie di residenze con giardino per un sobborgo artistico di cui Ai WeiWei ha disegnato il piano generale, un museo ed edifici da adibire a studi per artisti. Rimane da vedere se questo progetto offrirà la stessa datata utopia che ha segnato Astana e Crystal Island, oppure le stesse trappole restrittive per l'attivismo di una professione che continua a considerare solo gli esiti della collusione, l'accettazione o il rifiuto.
Foster and Partners, Palace of Peace and
Reconciliation, Astana, Kazakhstan, 2004-
2006 (courtesy of Foster and Partners)
Foster and Partners, Palace of Peace and Reconciliation, Astana, Kazakhstan, 2004- 2006 (courtesy of Foster and Partners)
Foster and Partners, Khanty Mansiysk, Siberia, Russia, 2007 (courtesy of Foster and Partners)
Foster and Partners, Khanty Mansiysk, Siberia, Russia, 2007 (courtesy of Foster and Partners)
Russia Tower, Moscow, Foster and Partners,
2006-2011: under construction (courtesy
of Foster and Partners)
Russia Tower, Moscow, Foster and Partners, 2006-2011: under construction (courtesy of Foster and Partners)
OMA, Gazprom City Competition, St. Petersburg, 2006
(courtesy of the Office for Metropolitan Architecture
- OMA)
OMA, Gazprom City Competition, St. Petersburg, 2006 (courtesy of the Office for Metropolitan Architecture - OMA)
Ateliers Jean Nouvel, Gazprom City Competition,
St. Petersburg, 2006 (courtesy of Ateliers Jean Nouvel)
Ateliers Jean Nouvel, Gazprom City Competition, St. Petersburg, 2006 (courtesy of Ateliers Jean Nouvel)
Massimiliano Fuksas, Gazprom City Competition,
St. Petersburg, 2006 (© studio Fuksas)
Massimiliano Fuksas, Gazprom City Competition, St. Petersburg, 2006 (© studio Fuksas)
Foster and Partners, Palace of
Peace and Reconciliation, Astana,
Kazakhstan, 2004-2006
(courtesy of Nigel Young/Foster and
Partners)
Foster and Partners, Palace of Peace and Reconciliation, Astana, Kazakhstan, 2004-2006 (courtesy of Nigel Young/Foster and Partners)
Foster and Partners,
Russia Tower, Moscow, 2006-2011
(courtesy of Foster and Partners)
Foster and Partners, Russia Tower, Moscow, 2006-2011 (courtesy of Foster and Partners)
Foster and Partners,
Khanty Mansiysk,
Siberia, Russia, 2007
(courtesy of Foster and Partners)
Foster and Partners, Khanty Mansiysk, Siberia, Russia, 2007 (courtesy of Foster and Partners)

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