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Manincor vineyard in Caldaro

Tre architetti e un viticoltore collaborano al progetto di ampliamento di una cantina vinicola ipogea. Design Walter Angonese, Silvia Boday, Rainer Köberl. Testo Walter Angonese. Fotos Walter Niedermayr.

Penso che il termine 'ampliamento' esprima in modo appropriato l'atteggiamento mentale alla base di questo progetto. Accetta ciò che è preesistente, una prospettiva dialettica che tiene conto di concetti come "storia trasfigurata" e "paesaggio amato". Si voleva infatti raggiungere una sorta di legittimità socio-politica: l'architettura contemporanea non solo come mezzo di autosoddisfazione basato su percorsi astratti, ma come parte di un ambiente 'vivente'. È un'architettura che si fonda su un'esperienza condivisa e che dà forma concreta a tre anni di lavoro e riflessione con e sul vino.

Una storica azienda vinicola (1608), legata alla figura della contessa Enzenberg, aveva bisogno di essere ingrandita per dare spazio a cantine, a magazzini e a un punto vendita. Benché i vini Enzenberg si producano da quattrocento anni, il conte Michael Goëss-Enzenberg, proprietario dell'azienda e viticoltore, considera ancora Manincor come qualcosa di nuovo. E ciò poteva e doveva essere reso evidente attraverso l'ampliamento della cantina: Enzenberg non è soltanto un nobile viticoltore, ma anche il quarto 'architetto'. Il progetto rende giustizia ai parallelismi tra le idee e l'atteggiamento del conte nei confronti della vinificazione e le esigenze degli architetti. Ciò ha contribuito a far sì che l'architettura diventasse "un po' più autentica": soprattutto in questo mondo dell'architettura contemporanea applicata all'industria vinicola, dove spesso si preferisce puntare su considerazioni di carattere scenografico e sulle tecnologie della comunicazione.

La nuova cantina è situata a est dell'antico edificio e rispetta tutte le caratteristiche topografiche del luogo. L'obiettivo era quello di reinterpretare il paesaggio, invece di modificarlo. In superficie emergono così solo elementi individuali, 'ampliati' in rapporto alle parti preesistenti e collegati in modo funzionale al paesaggio circostante (vendita, sala di degustazione, ingresso). Il percorso che porta ai vigneti sovrastanti e le vedute, interne ed esterne, definiscono il concetto spaziale e la struttura dell'edificio. Ne risultano cavità e pareti inclinate, dovute non a un esplicito piacere di un design originale, ma alla topografia del luogo. Costruire sottoterra ha permesso di sfruttare anche le potenzialità geofisiche. Nascondere la costruzione e coltivare le viti sopra è un'operazione che va al di là della cosmesi del paesaggio. Nella profondità del terreno si trovano i locali per lo stoccaggio e le stanze di fermentazione, in collegamento con le vecchie cantine. Il sistema di circolazione dell'aria e quello di umidificazione e di ventilazione assicurano un'umidità ottimale e una temperatura stabile durante tutto l'anno.

In linea di principio, l'architettura ha bisogno di essere "abitabile": è un'altra regola valida non soltanto nel caso di questo edificio. Abitabilità anche da parte di microrganismi (un'ambizione di ogni cantina), una patina progettata ad hoc e il modo di utilizzare l'edificio: questi elementi formano parte del concetto, oltre alla rivendicazione dialettica di concetti come complessità e materializzazione, tettonica, spazio e luce, fenomenologia e pensiero semantico. Per fare di ogni spazio ciò che realmente è: invece di trasformarlo in un'architettura da salotto. Il cemento di alta qualità in qualche modo assumerà la stessa tonalità grigio-beige del luogo, mentre qualche piccolo stratagemma eviterà di renderlo chiaramente definibile come tale. Parti in acciaio arrugginito: non per fare colpo sui contemporanei, ma perché rappresentano la forma migliore di conservazione. Parti nere, progettate per svanire lentamente, come in un teatro o in sintonia con gli esistenzialisti francesi. Una buona illuminazione, sia naturale che artificiale. Il legno soltanto dove ha motivo di esserci, come scaffali o botti. Un concetto botanico di natura restituita. Tutti questi ingredienti dovrebbero bastare a dar sapore al cibo e a tener fede agli impegni architettonici. Dopo tutto, in primo piano dovrebbero esserci i vini della Manincor e non l'edificio.
Il locale per la degustazione sbuca dal profilo della collina artificiale in mezzo ai filari
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Il patio tra l’ampliamento e il palazzo rinascimentale della famiglia Enzenberg
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La cantina di fermentazione
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L’area per il barrique
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