NY Elevated Landscapes

 

In una città dove il verde urbano è concentrato in un unico grande parco, oggi il landscape design trova spazio sui tetti e sulle coperture. Testo di Tim Richardson. Foto di Peter Mauss e Joel Sternfeld. A cura di Joseph Grima e Karen Marta.
 
Guardare senza toccare
Tim Richardson

Improvvisamente, l'architettura del paesaggio è diventata una presenza importante a New York. È un elemento chiave per i tormentati e ultra-politicizzati tentativi di creare nell'area di Ground Zero un memoriale capace di aiutare la rinascita del commercio. E allo stesso tempo si tratta del mezzo più adatto per quello che potrebbe diventare il 'vero' memoriale dell'11 settembre: la discarica Fresh Kills, ovvero l'isola dove sono stati portati tutti i resti (e quindi anche quelli umani) di Ground Zero. Forse le qualità dell'architettura del paesaggio - diffuse, rappresentative e ambigue a confronto con le certezze oggettive dell'architettura edilizia - sanno esprimere meglio oggi l'umore della città. Ken Smith appartiene a una nuova generazione di architetti paesaggisti – guidata da Martha Schwarts a Boston, con la quale Smith ha lavorato per diversi anni – che hanno abbandonato le certezze del naturalismo europeo e i pietismi del Modernismo cooperativo americano per realizzare opere caratterizzate da un uso esuberante di colori, materiali artificiali, scale surreali, senso dell'umorismo, motivi ripetitivi e commenti arguti sulla storia e la cultura. Si tratta di un nuovo stile di design basato sulle idee piuttosto che sui progetti o sull'utilizzo architettonico di materiali rigidi. In generale, si ritiene che un singolo concetto o elemento visivo dovrebbe influenzare ogni aspetto dello spazio. L'idea di Smith di creare uno spazio doppio sul tetto del MoMA si basa sul concetto di mimetizzazione, inteso come commistione tra lo stile urbano e il paesaggio naturale, oltre che come commento alle qualità inevitabilmente artificiali di qualsiasi progetto di paesaggio urbano realizzato dall'uomo, che poi è proprio ciò che maggiormente interessa i concettualisti del paesaggio. I giardini non sono infatti accessibili al pubblico, ma possono solo essere ammirati dall'alto, da un'angolatura molto scoscesa. La loro funzione principale è dunque quella di essere una sorta di parterre in senso barocco (il progettista ironizza sui tradizionali giardini seicenteschi come l'Het Loo in Olanda). Come spiega Smith: "Questo giardino è una simulazione della simulazione della natura". Dispiace soltanto che i nuovi giardini possono essere ammirati solo da coloro che lavorano negli edifici che sovrastano il museo e non dai visitatori. Ciononostante, è possibile osservarli da lontano, dal bar sul tetto del Peninsula Hotel, all'incrocio tra la 5th Avenue e la 55esima (utilizzando un binocolo). L'amorfa planimetria dei giardini del MoMA, basata su un modello di mimetizzazione, è costituita da una grande quantità di frammenti di vetro blu oltremare, frammenti di marmo bianco, plastica nera riciclata, topiari in plastica verde e legno di bosso e coni cavi in plastica bianca e nera. Divisori color carne in polistirene fanno sì che questi giardini artificiali si arrampichino intorno ai numerosi condotti fissi e ai lucernari. In mancanza di un budget per l'irrigazione e il mantenimento, i nuovi giardini devono essere realizzati con materiale leggero, economico e inerte. Il risultato ottenuto è divertente, originale e affascinante da vedere; inoltre è stato realizzato su una scala sorprendentemente ampia. La natura temporanea (o "a lenta decomposizione") dei materiali, che dureranno probabilmente meno di 10 anni, è uno degli aspetti più controversi di questo nuovo concettualismo. Gli artisti sostengono però che se un progetto ha avuto successo, niente vieta di rinnovarlo. Smith si è un po' allontanato dalla metodologia concettualista, insistendo sul fatto che la sua opera non cela alcun significato specifico e che non era sua intenzione suscitare alcuna reazione emotiva, premeditata o prevista. A domande su questi aspetti del progetto, Smith risponde scuotendo le spalle e assumendo un'espressione benignamente beffarda. Qui il 'concetto' ha semplicemente un fine decorativo. Si tratta quindi di un' interpretazione aperta, spinta fino alla vacuità? In ogni caso, è sicuramente strano trovarsi di fronte a un architetto o a un paesaggista che non professi alcuna missione umanistica o alcun obiettivo didattico. A prima vista, il progetto per la High Line appare in completa antitesi rispetto a quello dei giardini pensili del MoMA. Si tratta infatti del progetto di uno spazio pubblico naturalista ed ecologico. In una città povera di aree verdi (un unico enorme parco nel centro dell'isola – molto amato ma forse eccessivamente sopravvalutato – non è sintomo di una buona pianificazione urbana), il paesaggio è improvvisamente balzato ai primi posti delle priorità estetiche. Il fatto che il dibattito relativo a questo progetto si sia finora espresso solo in termini quasi esclusivamente sentimentali testimonia un atteggiamento di generale ingenuità nei confronti del paesaggio a Manhattan. Finora non si è mai parlato del fatto che in un paesaggio l'ecologia non debba per forza essere collegata all'autenticità. Il concorso di design pubblico, a cui hanno partecipato 720 progetti, è stato vinto dalla partnership formata dagli studi di architettura di New York Field Operations (che si è anche assicurato il progetto Fresh Kills) e Diller Scofidio + Renfro. Il mantra alla base del loro progetto è "Crea qualcosa di semplice, selvatico, calmo e lento", epiteti raramente utilizzati a Manhattan. I lavori dovrebbero cominciare alla fine dell'anno e il progetto dovrebbe essere completato nel 2010. La Field Operations, che ha condotto un'indagine ecologica nell'area della High Line, è arrivata alla conclusione che valeva la pena di preservare l'atmosfera "surreale e da altro mondo" e il carattere ecologico della natura selvatica della linea ferroviaria. Il progetto finale non sarà quindi un'esperienza narrativa basata su episodi discreti, ma un'ampia variazione sui temi ecologici con aree diversificate: un "balcone vegetale", un giardino pensile, un bosco di sommaco, una vista sul fiume, un giardino di farfalle, una riserva naturale, un ponte scoperto e una grande area per eventi all'aperto. Ci saranno 12 ingressi, ognuno con un suo stile personale, e i visitatori che guarderanno verso l'alto dalla strada con i lavoratori che si affacceranno dagli uffici vedranno una copertura boschiva che fluttua a 15 metri sopra il livello della strada. Il progetto vincitore della High Line non è particolarmente innovativo. I suoi aspetti strutturali rispecchiano in modo molto convenzionale lo stile Modernista e ormai, da Le Corbusier in poi, l'idea più diffusa è che il miglior completamento paesaggistico per questo tipo di struttura debba essere un paesaggio intatto o addirittura vergine, come per esempio un'area boschiva, un frutteto, un parco che conduce verso la tipica casa inglese, oppure prati ondeggianti e fiori perenni che bilancino le linee nette dell'architettura. Il problema di un approccio di questo genere nel contesto lineare della High Line è la mancanza di un centro architettonico e l'assenza di una qualità narrativa o episodica. Il concetto principale è che i vari spazi verdi si fondono uniformemente uno nell'altro. Ecco come la pensano gli architetti: "Un progetto unitario, ma flessibile, permette graduali passaggi e modifiche dell'ambiente e un'esperienza senza frammentazioni". Sebbene sia facile a dirsi, questo proposito è arduo da mettere in pratica. Si presume, per esempio, che le diverse aree verdi confluiscano una nell'altra in modo uniforme solo perché sono tutte, appunto, verdi. Eppure, la falsa credenza naturalistica – ovvero la convinzione che un paesaggio 'soft' sia in qualche modo meno artificiale di altre soluzioni realizzate dall'uomo - non si è mai rivelata un buon metodo per aggiudicarsi dei concorsi di design. Nel caso della High Line è stato proprio un colpo da maestro: Field Operations e Diller Scofidio + Renfro hanno preso un terreno abbandonato e l'hanno venduto nobilitato alla giuria. È ormai noto a tutti, nella cerchia dei paesaggisti, che l'aspetto ecologico 'tira'. Ogni progetto agghindato con riferimenti positivi all'habitat naturale, alla vita degli uccelli, ai sistemi di irrigazione sostenibili, alla piantagione di alberi, ai rifugi per le farfalle e altre cose simili troverà sicuramente un riscontro favorevole, soprattutto se nella giuria non ci sono grandi esperti di paesaggio – come è accaduto in questo caso, nonostante la presenza di Bernard Tschumi. Spesso i politici, i rappresentanti dell'industria e i residenti locali credono di poter comprendere e giudicare più facilmente gli aspetti ecologici di un progetto che non quelli estetici. Così nell'ultimo decennio abbiamo visto un numero sempre crescente di aziende del paesaggio fare della consapevolezza ecologica e dell'eco-sostenibilità gli elementi chiave del loro lavoro, suscitando la repulsione di concettualisti quali Martha Schwarts, che ha esplicitamente attaccato lo sfruttamento della sensibilità ambientale a fini economici. Non vogliamo di certo lasciare intendere che la Field Operations di James Corner abbia cinicamente adottato una posizione ecologica; tuttavia, il successo del loro progetto per la High Line è sintomatico di una tendenza di più ampia portata. Tim Richardson vive a Londra, dove lavora come storico e critico di landscape design. Il suo ultimo libro è intitolato English Gardens in the 20th Century (Aurum Press, 2005).

High Line
La High Line fu costruita tra il 1929 e il 1934 come una linea ferroviaria sopraelevata – larga 10-20 m e alta 6-10 m – che collegava i vari magazzini e le zone commerciali lungo il West Side. Negli anni Sessanta, con l'avvento del trasporto su strada, alcuni tratti furono tagliati e nel 1980 l'intera circolazione ferroviaria fu abolita. Nel 1991 il tratto più meridionale - che si estendeva per cinque quartieri - fu demolito per creare nuovi edifici. Dieci anni più tardi, il sindaco uscente Rudolph Giuliani firmò un documento in cui si ordinava la demolizione dell'intera High Line; ma questa volta le lobby locali si organizzarono e la decisione fu contestata con successo in tribunale. Nel 2003 la situazione è stata completamente capovolta e l'amministrazione comunale ha garantito un fondo iniziale di 15,75 milioni di dollari per un progetto destinato a riqualificare il tratto di linea ormai coperto dalle erbacce e a trasformarlo in un parco-passeggiata di sette acri per gli abitanti di New York (costo previsto per il progetto: 65-100 milioni di dollari)

Diller Scofidio + Renfro & Field Operations High Line
Pensato come un nastro percorribile che si intreccia con le "zone naturali" del nuovo parco, il progetto di Diller Scofidio + Renfro in collaborazione con Field Operations è basato su un sistema di unità prefabbricate che si interfacciano con la poserosa struttura esistente dell'High Line. Grazie a un sistema modulare di 'assi', il rapporto fra spazio per le piante e spazio calpestabile può essere alterato a volontà lungo il percorso, permettendo la creazione di "habitat naturali diversificati". Gli architetti chiamano questo sistema 'agri-tettura'
I giardini sul tetto del MoMA di Ken Smith. Il progetto prende spunto da un pattern mimetico per commentare la natura intrinsecamente artificiale della paesaggistica urbana. Il giardino non è accessibile ai visitatori del museo
I giardini sul tetto del MoMA di Ken Smith. Il progetto prende spunto da un pattern mimetico per commentare la natura intrinsecamente artificiale della paesaggistica urbana. Il giardino non è accessibile ai visitatori del museo

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