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Pechino 2008

Lo stadio di Herzog & de Meuron come immagine architettonica delle Olimpiadi di Pechino.

Nonostante l’epidemia di SARS che in Cina minaccia il boom economico e insidia l’autorità dei dirigenti politici, il governo è ben determinato a non farsi fermare dagli ostacoli che potrebbero compromettere la preparazione dei Giochi Olimpici di Pechino del 2008.

Anche la Cina intende usare i Giochi Olimpici per far vedere che ha superato l’economia stentata, la produzione di merci povere, i bassi salari, le biciclette, il conformismo sociale, la corruzione. Per questo spinge con estrema decisione un programma edilizio che sarebbe ambizioso anche per i parametri, già sopra le righe, delle più esplosive città asiatiche. Mentre ancora il governo cinese cercava di nascondere la vera estensione dell’epidemia di SARS, nello scorso aprile è stato annunciato che il concorso per la progettazione dello stadio olimpico era stato vinto da Herzog & de Meuron. Un po’ più pronti a dare informazioni sull’epidemia, nel mese di maggio, hanno reso pubblici i nomi dei candidati alla progettazione della piscina olimpionica. Sono però sempre rimasti fermissimi nella decisione di iniziare entro l’anno i lavori di costruzione dello stadio. Anzi, in un sussulto di autoritarismo che ricorda i metodi di pianificazione alla Mao, hanno già precisato la data e l’ora: il 24 dicembre, alle 10 del mattino. L’inizio dei lavori per la piscina è previsto anche prima, e la data e l’ora sono state annunciate prima ancora di avere scelto l’architetto.

La piscina e lo stadio sono due progetti importanti avviati nella capitale cinese, ma ce ne sono altri. Rem Koolhaas ha vinto il concorso per la costruzione di un gruppo di torri per la televisione cinese. Albert Speer è occupatissimo a promuovere il suo progetto per un asse nord-sud a Pechino, che corre per ventiquattro chilometri dal quartiere delle Olimpiadi a nord, dove lo stadio di Herzog & de Meuron occuperà una posizione di spicco, sulla cima di una piccola altura, fino a una grande stazione ferroviaria a sud.

Fatto segno a critiche preventive per i criteri poco chiari circa l’assegnazione degli appalti di costruzione, il Comune di Pechino ha dichiarato la sua determinazione a orientarsi verso l’eccellenza progettuale, e a perseguire la massima trasparenza e correttezza nelle gare d’appalto: questa è la ragione per cui il concorso per lo stadio ha avuto una giuria piuttosto ‘pesante’, composta da tredici membri, fra i quali, oltre a sette cinesi, si contavano Jean Nouvel, Rem Koolhaas, Kisho Kurokawa, José Luis Mateo e Benedetta Tagliabue. Della giuria faceva parte anche Dominique Perrault, che poi è risultato finalista nel concorso per la piscina, dove si è trovato a fronteggiare Norman Foster, Shin Takamatsu, Rafael Viñoly e altri. La rosa dei partecipanti, che comprendeva anche Vittorio Gregotti, era formata prevalentemente dalla solita serie di studi di architettura contrassegnati da sigle e iniziali, arrivati ormai a dominare in tutto il mondo il settore della progettazione degli stadi, con grandi “macchine da spettacolo” che possono gestire con rapidità ed efficienza folle di spettatori, ma mancano di personalità e di carisma.

In questo contesto aver affidato l’incarico a Herzog & de Meuron può sembrare una scelta sofisticata, e sicuramente dimostra che la Cina è arrivata a un punto in cui non ha più bisogno di prendere strade banali. Con questa scelta si è assicurata la possibilità di darsi uno stadio che senza dubbio offuscherà quello olimpico di Sydney e le sue strutture ad albero, soluzione ormai considerata convenzionale. Pechino avrà lo stadio più memorabile che si sia visto dal tempo delle ‘tende’ costruite da Frei Otto per le Olimpiadi di Monaco. Herzog & de Meuron avevano già progettato altri stadi prima d’ora: a Basilea ne hanno realizzato uno per il calcio, relativamente modesto, a Monaco uno più grande, spinti anche dalla nota passione di Jacques Herzog per questo sport.

Pechino è però un’altra cosa. L’atmosfera, le proporzioni e le linee di uno stadio di calcio, con le due porte alle estremità, dove avviene il confronto fra due squadre, sono molto diverse da quelle di uno stadio di atletica, dove l’attività si concentra lungo i bordi. La proposta di Herzog & de Meuron è rivoluzionaria e insieme molto semplice. Lo stadio di Pechino, che potrà accogliere centomila persone, non assomiglierà a nessun altro. Gli architetti lo chiamano “nido d’uccello”. È costituito da un insieme apparentemente casuale di fasce strutturali che si elevano dal terreno creando il catino dello stadio, quasi come una gigantesca struttura di cartapesta costruita con strisce di carta modellate sopra uno stampo. In realtà la struttura è fatta da un reticolo di elementi di cemento armato intrecciati insieme, e i vuoti sono riempiti da quelli che gli architetti definiscono “cuscini gonfiabili”.

Gli spettatori raggiungono i loro posti a sedere attraversando il ‘nido’ e arrivando in un’area trattata come uno spazio urbano coperto, sulla quale si affacciano caffè, ristoranti e negozi; da qui, con una serie di scale, si spostano per raggiungere uno o l’altro dei tre ordini di posti. Herzog precisa: “Volevamo allontanarci dai soliti stadi di natura ‘tecnocratica’, in cui l’architettura è dominata dalle campate strutturali e dagli schermi digitali”. A Pechino non ci sarà invece distinzione fra la struttura e l’aspetto dell’architettura. “Lo stadio è semplice, ha un impatto spaziale diretto, quasi arcaico. La sua architettura è la folla stessa. Le proporzioni regolari servono a portare in primo piano gli spettatori, le gare su pista e le partite in campo”.
Un’area a cielo aperto accoglie gli spettatori e li smista nei tre ordini di posti
Un’area a cielo aperto accoglie gli spettatori e li smista nei tre ordini di posti
Nello stadio l’architettura è il pubblico stesso
Nello stadio l’architettura è il pubblico stesso
Herzog & de Meuron hanno di proposito evitato di fare ricorso a una struttura ‘tecnocratica’
Herzog & de Meuron hanno di proposito evitato di fare ricorso a una struttura ‘tecnocratica’
La struttura è fatta da un reticolo di elementi di cemento armato intrecciati insieme, e i vuoti sono riempiti da quelli che gli architetti definiscono “cuscini gonfiabili”
La struttura è fatta da un reticolo di elementi di cemento armato intrecciati insieme, e i vuoti sono riempiti da quelli che gli architetti definiscono “cuscini gonfiabili”

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