Albero bianco

Nella piu recente folie di Montpellier, linguaggio architettonico mediterraneo e purismo giapponese s’intrecciano dando vita a una nuova tipologia di torre.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1037, luglio 2019 L’Arbre Blanc non è soltanto una torre di 17 piani, con un’altezza di 55 m per un totale di 10.225 m2, ma è anche il bianco dei riflessi della luce del Mediterraneo unito al purismo raffinato della cultura giapponese.  Sou Fujimoto sottolinea che questo progetto è figlio di un incontro dei nostri tempi fra culture diverse che presentano la stessa voglia di cambiamenti positivi, di dimostrare che l’architettura ha ancora un valore primordiale nel proporre innovazione, sia sociale sia ambientale. Edificio singolare per coraggio e carica espressiva, L’Arbre Blanc fa della diversificazione morfologica a prezzi contenuti un orizzonte possibile. La sua singolarità e unicità diventano un punto di forza, mentre dimostra che, per costare poco, una costruzione non deve necessariamente essere standardizzata né ripetitiva. Vi è stata all’origine la volontà d’instillare nel progetto un grande senso di libertà, così come quella di offrire un pezzo di cielo a ognuno degli abitanti dei 113 appartamenti della nuova folie di Montpellier e di avere un grattacielo mediterraneo del XXI secolo, una torre per tutti, accessibile e aperta. Nel senso stretto del termine, forse la vera folie sono i 193 balconi-terrazza che compongono la struttura secondaria della torre e che invitano a riflettere su una nuova ecologia per gli edifici a torre dei climi caldi.

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 Foto © SFA+NLA+OXO+DR

Albero bianco Una vista dal basso dei balconi-terrazza e dei brise-soleil aggettanti dal corpo principale dell’edificio. Questi elementi offrono uno spazio esterno privato in una citta che vanta 300 giorni di sole all’anno

Foto © Cyrille Weiner

Albero bianco Dettaglio dell’edificio. La distribuzione e l’estensione dei balconi in facciata rompono la solidità del corpo centrale

Foto © Cyrille Weiner

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Albero bianco Equipe

Foto © Cyrille Weiner

Albero bianco L’esploso assonometrico evidenzia in particolare gli spazi comuni e pubblici de L’Arbre Blanc

© Sou Fujimoto Architects, Nicolas Laisné, Dimitri Roussel, OXO Architectes

Albero bianco Pianta del sedicesimo piano

© Sou Fujimoto Architects, Nicolas Laisné, Dimitri Roussel, OXO Architectes

Albero bianco Pianta del diciassettesimo piano: il tetto-terrazza

© Sou Fujimoto Architects, Nicolas Laisné, Dimitri Roussel, OXO Architectes

Montpellier e le folie

Motore principale dello sviluppo del suo territorio, la città di Montpellier, nel Sud della Francia, ha una lunga tradizione di stimolo all’innovazione architettonica. Nel XVIII e XIX secolo, in quella che allora era la zona periferica, furono costruite le prime folie. Si trattava di luoghi di divertimento dell’aristocrazia e della borghesia, in aperto contrasto con l’austerità degli edifici urbani: costruzioni spettacolari, senza scopo utilitario, entravano a fare parte del paesaggio per suscitare piacere. Espressione eccentrica dell’architettura, libere da aspetti funzionali costrittivi, le folie hanno contribuito a definire l’identità urbana di Montpellier. Nel solco di questa tradizione, la municipalità lancia nel 2013 il concorso “L’Architecture du XXI siècle – Les Folies architecturales”. Lo scopo era di produrre un’architettura innovativa per la realizzazione di nuove folie urbane (per abitazioni, uffici, negozi). Il bando prevedeva che partecipassero gruppi di lavoro composti da un architetto affermato, uno studio giovane e un’impresa di costruzione.

Fujimoto, Laisne, Roussel, Rachdi

Il team di concorso nasce in modo informale: Nicolas Laisné, Dimitri Roussel e Manal Rachdi, s’incontrano a Parigi per discutere la partecipazione al concorso e la composizione del gruppo. Dopo lunga riflessione, inviano una e-mail a Sou Fujimoto a Tokyo per proporgli di unirsi a loro. Fujimoto chiede di parlarne via Skype: una conversazione che precisa contenuti, procedure e intenti. Si passa quindi al piano operativo: una settimana di progettazione a Tokyo, dove Laisné, Roussel e Rachdi si confrontano con l’architetto giapponese che nel 2013 aveva già raggiunto fama internazionale grazie al progetto della Serpentine Gallery. In quel periodo, allo studio di Fujimoto lavora una giovane architetta, Marie de France, che negli anni seguenti si rivelerà decisiva per facilitare i rapporti fra i vari studi, ma soprattutto per consolidare l’apertura della sede parigina di Fujimoto. Durante la sessione di progettazione vengono prodotti modelli ed elaborate proposte, ma il vero punto di svolta è dato dalle domande che Sou Fujimoto pone ai tre colleghi francesi sugli stili di vita degli abitanti di Montpellier: da qui nasce il progetto, come volontà di offrire ai futuri residenti uno spazio naturale, già inscritto nel carattere di questa città vivace, solare e mediterranea.

Grattacielo mediterraneo del XXI secolo

Per l’Arbre Blanc, in questa città che vanta il primato di giornate di sole in Francia, gli architetti hanno coniato lo slogan Le dernier étage à tous les étages (“L’ultimo piano a tutti i piani”). I balconi-terrazza sono pensati come luogo intermedio per permettere agli abitanti di vivere sia all’interno sia all’esterno. Grazie alla loro disposizione e ai brise-soleil, ogni balcone goda di una certa intimità. Con un nucleo centrale costruito in modo standard e poco costoso (blocco dei servizi con struttura di cemento armato), è in facciata che l’Arbre Blanc presenta la più grande novità. È infatti popolato da 193 balconi di forme diverse e di dimensioni generose, che costituiscono un dispositivo spaziale capace di ridefinire cosa sia un grattacielo mediterraneo nel XXI secolo: non più un edificio vetrato e chiuso, vincolato all’aria condizionata, ma un’architettura che, attraverso una morfologia atipica e unica nel suo genere, abbatte del 30% le necessità di raffrescamento forzato perché l’ombra proiettata dai balconi e daibrise-soleil contribuisceconsiderevolmente a proteggere la costruzione dal sole e, quindi, a migliorarne le prestazioni energetiche. Inoltre, la posizione apparentemente casuale dei balconi partecipa a ottimizzare gli effetti del vento tipicamente prodotto dagli edifici di grande altezza. Oltre al suo status d’icona urbana, questo progetto ha l’ambizione di diventare un sistema di attivazione sociale. L’Arbre Blanc presenta diverse novità programmatiche: oltre alle residenze, l’edificio ospita un ristorante e una galleria d’arte al piano terra e al primo piano e una caffetteria e spazi ricreativi per i residenti sulla copertura. Si tratta del primo manufatto di questo tipo a Montpellier: un’architettura ibrida che gli abitanti della città possono sentire come loro e non come luogo inaccessibile.

Veduta complessiva dell’edificio. La distribuzione e l’estensione dei balconi in facciata rompono la solidita del corpo centrale. Foto © SFA+NLA+OXO+DR

Innovazione tecnologica

Le terrazze in aggetto hanno una superficie che si estende tra i 7 e i 35 m2, sono ancorate alla struttura tramite a un sistema di barre di acciaio che ha un funzionamento simile ai ponti levatoi: veri spazi di vita, dove è possibile mettere un canapé, un tavolo, delle sedie o delle sdraio e godere del cielo. Non soltanto i futuri residenti – gli appartamenti sono stati venduti immediatamente – amano le terrazze come modo di qualificare l’ambiente abitativo e godere degli spazi esterni, ma anche i costruttori si sono scoperti inclini a realizzarle. Questo perché il costo di un balcone-terrazza rimane una spesa sostenibile nell’economia generale del progetto e apporta una grande qualità all’architettura. Al fine di conservare la massima trasparenza, i parapetti delle terrazze sono molto aperti e realizzati con rete a maglia metallica dipinta di bianco. Inoltre, delle fioriere sono state disposte in modo strategico per fare da paravento e per dare più intimità. Alla ricerca di un’identità propria al XXI secolo, Montpellier fa dell’architettura uno strumento di ricerca credibile, capace di suscitare l’orgoglio dei cittadini e divenire attrazione turistica per i visitatori. I quattro autori coinvolti nel progetto hanno potuto lavorare con un committente che ha scelto di puntare su un’opera audace e innovativa: un’architettura che può essere considerata a tutti gli effetti una proposta ecologica ed estetica per nuove abitazioni moderne nei climi caldi.

Salvator-John A. Liotta è professore associato alla facoltà di Architettura La Cambre Horta, Université Libre de Bruxelles e associato dello studio Laps Architecture di Parigi.

Immagine di apertura: Vista dell’edificio dall’argine opposto del fiume Lez. Foto © Cyrille Weiner

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  • Sou Fujimoto Architects, Nicolas Laisné, Dimitri Roussel, OXO Architectes
  • Montepellier, Francia