Sopravvivere a colonialismo e neoliberismo nelle Filippine

Al padiglione delle Filippine il curatore Edson Cabalfin ha invitato varie scuole di architettura a un’analisi e a una riflessione sull’attuale ambiente costruito del paese asiatico.

Philippine Pavilion, Venice Architecture Biennale 2018

Il Padiglione delle Filippine alla Biennale di Venezia prende in prestito il suo titolo dalla letteratura filippina per affrontare temi controversi del rapporto tra colonialismo e architettura. The city who had two navels (“La città dai due ombelichi”) tratta della tensione tra le vicissitudini del passato e il modo in cui questo Paese è stato rappresentato nel mondo. In gioco c’è l’ambiente costruito di domani, in presenza dell’eredità del neoliberismo.

Ispirato al romanzo del 1961 di Nick Joaquin The Woman Who Had Two Navels, il padiglione mette in luce due concetti fondamentali: come il colonialismo incide sul costituirsi dell’ambiente costruito e come il processo del neoliberismo altera il paesaggio urbano. Il padiglione, situato all’Arsenale, è rappresentato due pareti curve retroilluminate che ospitano video, progetti, modelli e documenti storici, rispondenti a tre questioni di base: Si può uscire dal colonialismo? Il neoliberismo è una nuova forma di colonialismo? Come guarire dall’ansia post-coloniale.

Si può davvero uscire dal colonialismo? Il primo “ombelico” è dedicato al modo di rappresentare una nazione in una Biennale internazionale, tenendo presente che, mentre una mostra è temporanea, il repertorio d’immagini e di narrazioni che produce è permanente. È un’analisi critica del modo in cui il paese è stato rappresentato nelle grandi mostre e nelle esposizioni universali dal 1887 al 1998: secondo narrazioni coloniali improntate all’esotico e al primitivo, tentativi di costruire un’identità nazionale attraverso la raffigurazione dell’architettura.

Il neoliberismo è una nuova forma di colonialismo? Prendendo in esame le tre città più importanti – Manila, Cebu e Davao – il secondo “ombelico” analizza le stratificazioni urbanistiche e l’impatto sociale dei programmi neoliberisti. Le città vengono classificate in base alla loro capacità di competere per diventare capitale, secondo principi di privatizzazione, deregolamentazione, libero mercato e riduzione al minimo dell’intervento statale. Call center e multinazionali del terziario come elementi configuratori di una nuova esperienza urbana senza soluzione di continuità, spostamento del traffico veicolare e costruzione di infrastrutture, mobilità transnazionale e diaspora oltremare della manodopera filippina, diffusione dei centri commerciali multifunzionali come spazi pubblici urbani alternativi.

Guarire dall’ansia postcoloniale. Al centro della scena, dove si fronteggiano le due forze del colonialismo e del neoliberismo, il padiglione delle Filippine ha invitato studenti e docenti di corsi d’architettura, design e urbanistica di tutto il Paese a rispondere a queste domande con proposte per il futuro.

Penso a come non solo le Filippine, ma anche altri paesi del mondo siano alle prese con queste forze. Mi domando se abbiamo la possibilità di riuscire a resistere oppure se le accoglieremo

“Penso a come non solo le Filippine, ma anche altri paesi del mondo siano alle prese con queste forze”, spiega Cabalfin. “Mi domando se abbiamo la possibilità di riuscire a resistere oppure se le accoglieremo. Abbiamo messo insieme un polo di riflessione comune formato da quattro scuole d’architettura che hanno sede a Manila, a Cebu e a Dabau, e ho invitato gli studenti a formulare delle risposte e delle riflessioni sul futuro di queste città. Abbiamo anche invitato a partecipare un’organizzazione non governativa a guida femminile, formata da architetti e urbanisti (Tao-Pilipinas), che promuove processi di progettazione partecipata con occupanti non ufficiali e vittime di disastri naturali. Questa organizzazione probabilmente è agli antipodi del neoliberismo, perché promuove un’architettura creata tramite lo spirito comunitario.”

“The city who had two navels”, Padiglione delle Filippine, Biennale di Architettura di Venezia 2018. Foto Francesco Galli
“The city who had two navels”, Padiglione delle Filippine, Biennale di Architettura di Venezia 2018. Foto Francesco Galli

“A proposito di scuole, prendiamo l’esempio di quella di Cebu. Hanno scelto Dalang Colon, una strada molto antica, e stanno cercando di vedere se in futuro sarà possibile collegare gli edifici preesistenti, dove la zona è pedonalizzata, con giardini pensili in cima agli edifici che dominino su tutta l’area. Non vogliono rifiutare il passato, ma piuttosto fonderlo con la loro visione del futuro, nella consapevolezza che il neoliberismo può essere una forza che in futuro continuerà ad agire. Un’altra scuola ha immaginato quattro futuri alternativi di Manila: che cosa sarebbe successo se Manila non fosse stata colonizzata dalla Spagna? Forse sarebbe un paese dove l’Islam si fonde con il buddhismo, più prossimo agli altri paesi del Sudest asiatico. E se il Giappone avesse vinto la seconda guerra mondiale e avesse continuato a colonizzare le Filippine? Hanno immaginato una città metabolista. E se Manila nel 2050 diventasse una Las Vegas? Piena di iperrealtà e di realtà aumentata, una città dominata dalle case da gioco. Siamo preparati a questo?”

Il curatore Edson G. Cabalfin è professore associato alla School of Architecture and Interior design della Cincinnati University. Per la Biennale ha elaborato tematiche che si concentrano sull’ambiente costruito come espressione dell’autodeterminazione e come scenario di una rivoluzione mondiale e transnazionale.

Immagine di apertura: Waiting in the Rain – Davao, 2018. Foto Jinggo Montenejo

Titolo:
The city who had two navels
Padiglione:
Filippine
Curatore:
Edson G. Cabalfin
Università:
De La Salle – College of Saint Benilde; University of the Philippines – Mindanao; University of the Philippines – Dilman; University of San Carlos
ONG:
Tao-Pilipinas
Video:
Yason Banal
Evento:
16. Mostra Internazionale di Architettura
Luogo:
Arsenale, Biennale di Venezia
Indirizzo:
Campiello Tana, 2169/F, Venezia

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