Vite sotterranee e clandestinità: la Turchia alla Biennale di Venezia

Nel lavoro di İnci Eviner tutto parla d’isolamento, di frammentazione, dell’impossibilità di vivere pienamente o di parlare apertamente.

Padiglione della Turchia

In occasione della 58° Biennale di Venezia, İnci Eviner rappresenta la Turchia con il progetto We, Elsewhere: una sorta di ambiente abitativo soprelevato, immerso nella penombra; contiene strutture, oggetti ed elementi di arredo, tutti inutilizzabili: una sezione di letto, mezze sedie e mezzi banchi, tombini sigillati.

I corrimano che accompagnano la rampa fanno pensare a grate o inferriate; in alcuni punti sono divelti, ma non abbastanza da consentire la fuga che evocano. Dai pavimenti affiorano appena dei volti. Lungo le pareti, tagli e crepe generano pertugi e recessi e consentono strani scorci sotterranei. Disegni e video appaiono in punti diversi dello spazio.
Suoni difficilmente identificabili sembrano giungere dal sottosuolo: un magma sommesso di urla, di sussurri ansiosi, di ruggiti, ululati e rumori di catene.

Ogni cosa risulta indefinita e indefinibile. Tutto parla di energie carsiche, di sommovimenti che affiorano da una profondità connotata psicologicamente. Clandestine paiono essere anche le presenze che animano l’insieme: performer che si muovono con gesti sospesi e innaturali, strisciando lungo i muri, con una circospezione inspiegabile, emettendo a tratti tenui gemiti; i protagonisti dei video, che costituiscono l’elemento fondamentale dell’insieme, e dei disegni – il disegno è il potente strumento mentale da cui parte sempre il processo creativo di İnci Eviner.

Ciò che appare, per subito scomparire, sono ombre agitate di figure a metà, alterate nel fisico e frenate nei movimenti, ospitate all’interno di costumi abnormi nelle misure e nelle proporzioni; che interagiscono tra loro alla ricerca della porzione persa di se stesse, dei propri stessi ricordi, delle proprie parole; di ciò che manca, perché è stato rescisso o è rimasto confinato altrove. Lo sfondo di queste azioni è per lo più neutro, monocromo. Tutto, nel lavoro, parla d’isolamento, di frammentazione, dell’impossibilità di vivere pienamente, di parlare apertamente; della necessità di ricorrere alla segretezza, di vite ridotte a svolgersi sotterraneamente. Di una clandestinità che intacca la normalità dei gesti, dei pensieri e degli atteggiamenti.

Padiglione della Turchia
Padiglione della Turchia, “We, Elsewhere”. 58. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, "May You Live In Interesting Times”. Foto Giulia Di Lenarda

“Cosa si sente quando la libertà è limitata, quando il corpo stesso è recluso, quali nuove abilità si svilupperanno per adattarsi alla situazione?” si chiede l’artista; “Come e quando i piccoli gesti quotidiani diventano politici? In che modo i bisogni, i sentimenti e i desideri più umani diventano così pericolosi? In che modo l’esistenza di altre persone può essere così gravemente minacciata mentre noi viviamo nei nostri mondi confortevoli?”

L’opera di Eviner esprime potentemente le restrizioni, l’oppressione, la contrazione della libertà del paese da cui proviene, e la resistenza della coscienza, e la viscerale ribellione dei corpi con le loro convulsioni, il loro instancabile anelito alla completezza.

Immagine di apertura: Padiglione della Turchia, “We, Elsewhere”. 58. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, "May You Live In Interesting Times”. Foto Giulia Di Lenarda

Padiglione:
Turchia
Artista:
İnci Eviner
Curatore:
Zeynep Öz
Coordinatori:
Istanbul Foundation for Culture and Arts (IKSV)
Realizzato con il sostegno di:
Fiat
Evento:
58. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia
Dove:
Arsenale
Quando:
11 maggio - 24 novembre

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