L’architettura dell’istituzione: il padiglione Russia tra il fisico e il digitale

La Russia non espone che la ristrutturazione del padiglione del 1914 di Alexej Shchusev condotta dal duo russo-giapponese KASA/Kovaleva&Sato Architects, in collaborazione con 2050+, esito di una ricerca durata due anni sul ruolo delle istituzioni culturali di oggi, e una piattaforma di gaming.

domus-biennale-russia Foto Giulia di Lenarda e Giorgio de Vecchi

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Alla Biennale di Architettura 2021, forse non c’è padiglione nazionale che più abbia adattato i suoi mezzi all’imperversare della pandemia, tanto da aver ricevuto una Menzione Speciale durante le premiazioni e le assegnazioni dei Leoni d'oro. Il titolo di questa indagine sul ruolo e la rilevanza delle istituzioni culturali oggi, commissionata da Teresa Iarocci Mavica (direttrice della Fondazione VAC) e curata da Ippolito Pestellini Laparelli (fondatore di 2050+), si è infatti emblematicamente trasformato da “Open!” in “Open?”, tradendo un senso di incertezza che ha raggiunto anche le istituzioni più consolidate.

Inizialmente, il padiglione del 1914 di Alexey Schusev (lo stesso del Mausoleo di Lenin a Mosca) doveva ospitare KASA Architects – Kovaleva and Sato Architects, lo studio russo-giapponese fondato da Aleksandra Kovaleva e Kei Sato risultato vincitore della call per la ristrutturazione dell’edificio, per tutta la durata della Biennale Architettura, così da arrivare alla Biennale Arte successiva a progetto realizzato. Nelle intenzioni iniziali, era quindi lo spazio fisico del padiglione e il processo di ristrutturazione a dover fungere da perno a una serie di riflessioni ed eventi attorno al tema della trasformazione dell’istituzione nella rinnovata relazione fra materiale e digitale emersa negli ultimi decenni. Come osservato nei mesi di lockdown, è stata proprio l’epidemia di Covid-19 a premere ulteriormente l’acceleratore su questa tendenza, un effetto collaterale che ha portato le nostre esistenze ad aderire maggiormente alla dimensione digitale. Così hanno fatto anche le istituzioni, che da marzo 2020 hanno proposto innumerevoli declinazioni online di quei servizi culturali che non era più possibile offrire dal vivo: le visite ai musei sono state sostituite da quelle virtuali, le conferenze da dirette social, mentre gli archivi hanno reso accessibile il loro patrimonio attraverso la rete.

Padiglione Russia. Foto Giulia di Lenarda e Giorgio de Vecchi

Per “Open?”, questa è stata l’occasione per trasferire e ampliare il suo messaggio, agendo dall’interno di una delle più consolidate biennali di architettura al mondo, se non la più consolidata. Lo ha fatto attraverso un sito che è una vera e propria piattaforma online, che racconta il progetto architettonico che potrete vedere realizzato ai Giardini, e che offre un approfondimento editoriale e di ricerca sulle istituzioni, intitolato Voices, e che, attraverso The Gamer, lancia una sfida attraverso una serie di videogiochi progettati per l’occasione. A seguito della tanto attesa apertura della Biennale di Hashim Sarkis, il Padiglione Russo si mostra finalmente ai Giardini, dove Pestellini Laparelli racconta di aver voluto “parlare dell’istituzione attraverso la lente dell’architettura. Il risultato è un’anti-mostra, che espone i bellissimi e delicati disegni di KASA/Kovaleva&Sato Architects”. A tutti gli effetti, durante la visita, i disegni del duo russo-giapponese appaiono come un commento a ciò che è il principale oggetto della mostra, ovvero la ristrutturazione stessa. Il messaggio sottostante, per la squadra del Padiglione Russia, è quindi che l’architettura dell’istituzione oggi debba ampliare i suoi confini e guardare ai luoghi nei quali opera, fisici o digitali che siano, prendendosene cura. “Dietro al progetto architettonico sta l’idea di ripristinare l’edificio come inizialmente concepito da Schusev: una piccola struttura che vive in simbiosi con l’ambiente che la circonda, che non guarda dentro, verso i Giardini, ma alla laguna” commenta Pestellini Laparelli. Oltre a ritrovare il suo originario intonaco verde, il vecchio Padiglione trova internamente una nuova flessibilità: attraverso una serie di strutture telescopiche di acciaio, sarà infatti possibile collegare in più punti i due piani della struttura, a partire dalla sala collocata al di sotto del grande lucernario visibile anche dall’esterno.

Se andrete a Venezia in questi mesi preparatevi a ritrovare quell’apertura verso la laguna che Schusev aveva originariamente delineato nel suo progetto architettonico e a incontrare un nuovo e raffinato dispositivo espositivo capace di ritrarsi, espandersi e frammentarsi, ma soprattutto a partecipare di uno spazio fisico anche attraverso la sua dimensione digitale.

  • Padiglione Russia. Foto Giulia di Lenarda e Giorgio de Vecchi
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