Patrick Berger Architecte

Patrick Berger affianca alla professione l’insegnamento accademico, occasione per studiare temi che gli stanno a cuore

La Canopée, Paris, 2016 (photo Xavier Bélorgey)

Patrick Berger, fonda il suo studio a Parigi nel 1975. Alla professione, affianca l’insegnamento accademico – St. Etienne, Parigi, Losanna – occasione per studiare temi che gli stanno a cuore. Nel testo Formes cachées. La ville (2015) parla appunto della geometria nascosta presente in ogni programma, la figura dove devono coincidere tre forme: la forma dell’uso, della relazione con il sito e di un sistema costruito, che si adatta alle forme precedenti attraverso la scelta di materiali, elementi, struttura. In ogni progetto, Berger cerca di esprimere queste “tre forme in una”, immaginando il carattere dell’edificio, in una tensione costante tra logica e sensibilità.

Nel 1985, due concorsi lo rendono noto a livello internazionale: la scuola di architettura di Rennes (1990) e il Parco André-Citroën a Parigi (1985-1992). Nell’École d’Architecture de Bretagne, Berger riprende la tradizione costruttiva francese, maçonnerie e charpente, granito e legno, per utilizzarli in modo essenziale, strutturale, ma anche simbolico: il muro ciclopico in pietra e il monolite eretto sono un riferimento alle origini archetipiche dell’architettura che dichiarano senza esitazioni la loro contemporaneità.

Nel Parc André-Citroën, Berger disegna i Jardins Sériels, due grandi serre, altre più piccole, poi rampe, percorsi d'acqua, grandi elementi che strutturano il parco, progettato da Gilles Clément; ripensa i confini del parco con l’area sfrangiata delle ex-fabbriche Citroën, collocando una quarta prospettiva di Parigi (dopo torre Eiffel, Les Invalides, Jardin des Plantes). Rivoluziona l’idea di parco urbano contemporaneo, nel rapporto sottile tra permanenza dell’architettura e mobilità della vegetazione in crescita, ibrido di città e natura.

Il recente progetto della Canopée des Halles, realizzato con Jacques Anziutti nel 2007, è una monumentale e simbolica porta di accesso alla Grande Parigi: dal sottosuolo al centro. È l’area delle Halles, gigantesco mercato, poi demolito e rimasto a lungo un buco profondo, il “ventre di Parigi” come lo chiama Emile Zola nel suo Le Ventre de Paris. Berger lo ripensa come un progetto urbano verticale – affonda fino a 24 metri sottoterra, fino alla rete di metropolitana e RER – da riconnettere alla città orizzontale, a quota zero, verso il cielo e la luce.

Un sistema complesso, quindi, che integra sapientemente i vari livelli di struttura e architettura, studio della luce e dei flussi, memoria storica della città, percezione da dentro verso fuori, sotto la grande copertura di acciaio, leggera e aerea, che riflette i cieli cangianti della Ville Lumière.

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