Make it new

Nel libro di Barry M. Katz, uscito per MIT Press con prefazione di John Maeda, viene ricostruita la storia del sistema sociale e culturale della Silicon Valley, uno dei luoghi a più alta densità di designers del mondo, e si sfatano alcuni miti.

Barry M. Katz, Make it new, The MIT Press, Cambridge Massachusetts, London England, 2015, pp. 253.

  Il libro appena uscito per MIT Press a firma di Barry M. Katz con la prefazione di John Maeda ricostruisce l’inimitabile vicenda di costituzione e sviluppo del sistema sociale e culturale a più alta densità di designer del mondo. L’autore del documentato e originale saggio sulla storia dell’evoluzione del design nella Silicon Valley riprende nel titolo, l’invito di Confucio a “innovare giorno per giorno” come immagine sintetica dello spirito che anima la comunità californiana a più alto tasso tecnologico del pianeta. Barry Katz, docente di interaction e industrial design presso il California College of the Arts di San Francisco, già autore di interessanti riflessioni attorno all’evoluzione del progetto pubblicate in Change by design e Nonobject, declina una ricostruzione storica del ruolo che ha giocato e continua a esprimere il design inteso come elemento di connessione tra ricerca e sviluppo, tra estetica e logistica, tra prestazioni tecniche e comportamenti umani per la definizione di questo “ecosistema dell’innovazione”.

Barry M. Katz, Make it new, The MIT Press

L’autore dipana un’approfondita analisi del fenomeno Silicon Valley a partire dagli anni Cinquanta con l’istituzione dell’incubatore tecnologico creato dall’Università di Stanford – lo Stanford Research Park – arrivando fino ai nostri giorni con le grandi multinazionali del web, come Facebook e Google. Dimostra la centralità del design come fattore di integrazione nei processi di sviluppo dei prodotti, ma soprattutto nella definizione degli scenari e delle strategie delle realtà produttive che operano nella parte meridionale dell’area metropolitana della Baia di San Francisco.

Nella prefazione del libro, John Maeda, afferma che la ricerca di Katz ha il merito di mostrare l’unicità di uno straordinario melting pot di sensibilità creative accordate all’unisono con superlative capacità di sviluppo tecnologico. Make it new è il frutto di una ricerca dettagliata e verificata sul campo attraverso migliaia di interviste effettuate dall’autore a molti componenti della comunità che ruota attorno al sistema del design della Silicon Valley. La community ha investito più di 100000 dollari per la realizzazione di questo straordinario documento che restituisce l’ostinazione e la chiarezza d’intenti di un gruppo di persone nell’invenzione continua del nuovo attraverso la proliferazione integrata di centri di ricerca privati e autentici incubatori d’idee transdiscipinari composti da talenti provenienti da tutto il mondo e inseriti in un sistema dove università pubblica e iniziativa privata dialogano quotidianamente.

Barry M. Katz, Make it new, The MIT Press

La leggendaria storiella di Steve Jobs e Steve Wozniak, fondatori e inventori del marchio della mela col morso come nerd smanettoni che assemblano i primi computer Apple in clandestinità nel garage della villetta dei genitori di Jobs a Los Altos in California fa parte dell’immaginario collettivo come il famoso claim: “Stay hungry, Stay foolish”. In realtà, si tratta di un’esagerazione montata ad arte per rilanciare il mito del selfmade man americano come ci spiega, in maniera divertente e ricca di dettagli, Katz inserendo la vicenda in quel laboratorio sperimentale che era l’Hewlett Packard, azienda di Cupertino dove lavoravano i due e che permetteva ai suoi dipendenti di sviluppare e realizzare nel centro ricerche progetti paralleli e innovativi.

Infatti, lo stesso Wozniack ha dichiarato: “Dobbiamo ringraziare HP per averci permesso di fare tutto lì: saldare, mettere insieme i chips, progettarli, disegnarli sul tavolo da lavoro. È stato un periodo incredibile. Così nell’estate del 1975 costruimmo il primo Apple: ne vendemmo un centinaio di esemplari. Non disegnavamo nel garage, non assemblavamo schede, non facevamo prototipi e non pianificavamo prodotti. Non ci abbiamo mai costruito nulla. Il garage non serviva a molto, se non essere un qualcosa che ci permettesse di sentirci a casa, era il deposito delle prime produzioni e un luogo per scambiarci le idee”.

A contribuire alla prospettiva di questa visione integrata e sistemica con al centro il design in dialogo con ricerca scientifica e tecnologica ha contribuito secondo l’autore di Make it new, l’istituzione nel 1965 dell’IDSA, The Industrial Designers Society of America ispirata dalle visioni teoriche di Victor Papaneck e in particolare dal suo Designing for real world, human ecology and social change in cui critica il design inteso come cosmesi dei prodotti e afferma una centralità del ruolo del designer nel progettare mettendo al centro la comunità come sistema di valori di riferimento condiviso. Qual è quindi il ruolo del designer oggi nella Silicon Valley? Katz riprende una definizione cara anche a Papaneck affermando che il design è diventato nel mondo contemporaneo il più potente strumento per dare forma agli oggetti, all’ambiente in cui viviamo e per estensione all’intera società e a noi stessi proponendo il modello californiano come archetipo sostenibile e altamente integrato di equilibrio tra produzione, profitto e qualità del contesto naturale e sociale.

Barry M. Katz, Make it new, The MIT Press

Il design è arrivato con leggero ritardo nella Silicon Valley rispetto al contesto europeo ma attorno a una chiara visione delle sue potenzialità si è avviato un flusso continuo non solo di prodotti ma soprattutto di idee. Sono proprio queste ultime a trovare un terreno fertile per proliferare all’interno del sistema della Valle attivando una struttura sociale che si autoalimenta di opportunità e possibilità. “In sessanta anni, afferma Barry Katz, il design della Silicon Valley ha allargato il suo campo d’azione trasformandosi da semplice supporto estetico per la produzione di dispositivi elettronici in un sistema socio-economico integrato studiato in tutto il mondo, ma che resta inimitabile e non esportabile”.

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