Interessante operazione culturale quella di Quodlibet, la casa editrice che, in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi, si è occupata di rieditare due dei tre libri pubblicati dall'architetto milanese: L'architettura della città (1966) nel 2011 e ora gli Scritti scelti sull'architettura e la città 1956-1972 (1975). Interessante perché sembra avere intelligentemente compreso l'urgenza, segnalata da un'ampia parte della critica e della storia dell'architettura italiana e internazionale, di "rileggere" e approfondire l'opera scritta e progettata da Aldo Rossi.
Scritti scelti, la nota raccolta di saggi, articoli, lezioni e introduzioni scritti e pubblicati da Rossi tra il 1956 e il 1972, non manca infatti di sorprendere ancora oggi, a quasi 40 anni dalla sua uscita. Ed è proprio questo il primo dato evidenziato dalla nuova edizione: un corposo volume di circa 500 pagine per 34 testi. Ovvero la ricchissima produzione intellettuale di un architetto, all'epoca appena quarantenne, che nel 1956 aveva soli 25 anni e, ancora studente della Facoltà di Architettura di Milano, già pubblicava in periodici e riviste del calibro di Società, organo politico culturale dell'intelligenzia di sinistra italiana, o Casabella Continuità, diretta da Ernesto Nathan Rogers, o ancora Comunità, fondata da Adriano Olivetti. Una pratica, quella della scrittura, sulla quale Aldo Rossi, e gli "architetti intellettuali" della generazione di cui faceva parte, costruisce un proprio mestiere di scrittore, privilegiando l'intellettualizzazione del lavoro di progettista, nel tentativo di fondare un'identità insieme disciplinare e intellettuale. E che, non di meno, assume la funzione di veicolo fondamentale nella costruzione della propria fama.
Non è infatti casuale la data di pubblicazione di Scritti scelti e la breve nota di Manuel Orazi a questa nuova edizione mette in luce il particolare "momento di svolta" che contraddistingue la vita professionale e accademica di Rossi quando decide di pubblicare questa antologia. Dopo avere subito, nel 1971, la sospensione dall'insegnamento per motivi politici, proprio nel 1975, a seguito del suo reintegro, Rossi è chiamato a Venezia dal neo rettore Carlo Aymonino a ricoprire la prestigiosa cattedra di "Composizione architettonica".
Come non è casuale che la selezione di scritti si fermi al 1972. Da quell'anno si apriva infatti una fase prevalentemente caratterizzata da una lunga serie di testi introduttivi ai propri progetti, importanti, ma frammentari e talvolta occasionali, che traducevano riflessioni costruite sull'analisi (dell'architettura e della città) in frammenti di poetica. Tanto è vero che si stava avviando il lungo e altrettanto frammentario processo di scrittura di Autobiografia scientifica (MIT Press 1981; I ed. it. 1991).
Molteplici ragioni indussero Rossi a promuovere questo "progetto": riabilitazione del proprio ruolo intellettuale, celebrazione di una riconquistata posizione accademica, ricomposizione definitiva dei tasselli di un lungo e complesso percorso di ricerca
