Georges Perec in Specie di spazi ha scritto che "vivere, è passare da uno spazio all'altro, cercando il più possibile di non farsi troppo male", ma come si può costruire una specifica conoscenza sulla città balcanica contemporanea se non passando attraverso un'infinità di luoghi ipersoggettivi, frantumati e ipercomunicativi senza farsi un po' male? Per parlare di Tirana Andrea Bulleri esce dalla zona di comfort in cui spesso oggi diversi studiosi si collocano per raccontare contesti urbani esotici o periferici, dei quali ci si compiace di evidenziare gli aspetti più pittoreschi e insoliti. L'autore prova a guardare la capitale albanese con la stessa "violenza" con la quale essa tende a imporsi allo sguardo dell'osservatore, evocando costantemente più strumenti e piani di lettura, mettendo insieme indagini in storia urbana, descrizioni di progetti contemporanei e discorsi di critica architettonica, nel tentativo di far fronte a un oggetto d'indagine che si presenta eccessivamente complesso e al tempo stesso spigoloso e fragile da maneggiare.
Questo sguardo produce un ritratto di città che assomiglia ad un'indagine anatomica, definita da termini in cui prevale una dimensione biologica come vitalismo, congestione, rottura, trauma, oppure temporale come transizione, sospensione, metamorfosi, provvisorietà, eccesso di storia. Il risultato è la produzione di una narrazione originale dello spazio urbano di Tirana, in cui si impongono soprattutto discorsi sui caratteri del suo paesaggio urbano che qui non è mai lo sfondo su cui si stagliano i processi di modificazione, ma che tende, nei diversi progetti e ricostruzioni storiche presentate, a porsi sempre come l'oggetto principale su cui si concentrano le varie trasformazioni. Alcuni esempi sono il tentativo di dare un'immagine monumentale all'asse urbano principale di Tirana operata da Armando Brasini durante l'occupazione italiana e la configurazione dei quartieri socialisti come paesaggi il più possibile domestici e rurali, messa in atto dall'Istituto Centrale di Studi e Progetti di Architettura e Urbanistica, nel periodo socialista. Un'operazione, ci tiene a sottolineare l'autore richiamando un saggio di Pier Paolo Tamburelli, compiuta attraverso "una pianificazione virtuosamente maldestra".
Riflessioni sul paesaggio, storia urbana e discussione su progetti, fanno parte di un discorso su Tirana che l'autore articola in quattro parti. Nella prima parte, intitolata Travels to and from Tirana, l'autore evidenzia come alcuni fenomeni di "risemantizzazione" e "manipolazione" del paesaggio urbano ridefiniscono il valore simbolico della produzione architettonica e urbana nella Tirana contemporanea. In legno e terra, contiene il racconto dell'evoluzione dello spazio urbano della città dall'inizio del XX secolo in poi. La città precoloniale è descritta come un esempio di "giardino edificato" modificatosi attraverso l'adozione di modelli spaziali occidentali privi di una reale forza di strutturazione dell'impianto urbano ma capaci di influenzarne la composizione complessiva dell'immagine.
Questo fenomeno di "europeizzazione", in cui niente è originale e tutto è preso a prestito, si presenta come l'antitesi di quei processi di "balcanizzazione" più volte utilizzati dallo studioso serbo Srdjan Jovanovic Weiss per descrivere alcune modificazioni dello spazio europeo occidentale tese ad esaltare le differenze spaziali e culturali tra città e territori. Il volo di Icaro presenta il piano urbano del gruppo francese Architecture Studio per il ridisegno delle parti centrali della città e introduce le Mitologie contemporanee, l'insieme di progetti e architetture recenti per la città che descrivono il vitalismo che percorre oggi Tirana.
Nelle storie e progetti presentati, l'attenzione verso la dimensione simbolica e politica del paesaggio, piuttosto che verso il funzionamento e la definizione dello spazio urbano, sembra contenere una promessa di riscatto
Antonio di Campli
