Zaha Hadid e il Suprematismo

Il nuovo libro sulla Hadid completa la mostra tenutasi nel 2010 presso la Galerie Gmurzynska di Zurigo: qui, le opere dell'avanguardia russa dialogano in maniera continua e sorprendente con i lavori della versatile irachena.

Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, Zaha Hadid and Suprematism, Hatje Cantz, Germania, 2012 (pp.288, € 49.80)

Si chiama Zaha Hadid and Suprematism l'ultimo lavoro editoriale della versatile irachena, co-pubblicato dalla galleria Galerie Gmurzynska di Krystyna Gmurzynska, Mathias Rastorfer e Isabelle Bscher, in partnership con la casa editrice tedesca Hatje Cantz. Presentato in occasione della fiera di Basilea, Zaha Hadid and Suprematism corona la mostra tenutasi nell'estate del 2010 nella sede della galleria di Zurigo dove sono stati accostati eccezionali lavori dell'avanguardia russa a quelli dell'architetto iraniano in un dialogo costante, inedito, inusuale e quanto mai sorprendente.

Pensata specificatamente per la galleria svizzera, la proiezione bidimensionale di disegni sullo spazio tridimensionale ha dato vita a una scenografia capace di trasformare i pezzi dei maestri russi in opere dall'estrema contemporaneità grazie a un dinamico gioco di ombre e chiaroscuro. Zaha Hadid riesce a scardinare le certezze di autori come Kazimir Malevich, El Lissitzky e Alexander Rodchenko grazie al suo unico e inconfondibile linguaggio progettuale concentrato su quattro temi per lei fondamentali: attrazione, distorsione, frammentazione e galleggiamento.

Tanto i russi cercavano l'innovazione tramite la riconcettualizzazione e il ripensamento della pittura, valorizzando la tela stessa per rileggere il mondo, assolutamente disinteressati alla staticità della creazione per cercare nuove vie di dinamicità espressiva, così Zaha Hadid è maestra nel leggere ciò che la circonda con un'energia originale e un vigore straordinario costantemente volti all'indagine di innovative soluzioni spaziali e progettuali. Nel libro, curato nei dettagli e dalle immagini mozzafiato a tutta pagina, testi di Charlotte Douglas, Krystyna Gmurzynska, Alexander Lavrentiev, Melodie Leung, Andrei Nakov, Hans Ulrich Obrist, Mathias Rastorfer, Kenny Schachter, Patrik Schumacher; la grafica è affidata a Dan Miller.

Maria Cristina Didiero: Qual è il tuo legame con le opere dell'avanguardia russa?
Zaha Hadid: Risale a tutta una serie di persone attive in Europa tra gli anni Sessanta e Settanta, impegnate a spezzare, a rompere; e prima ancora all'inizio del XX secolo, quando certi movimenti artistici dell'astrattismo guardavano all'arte figurativa ma anche a certe astrazioni geometriche, oltre che alla calligrafia araba. Sono certa che i russi (Malevic in particolare) guardavano a quelle scritture; il suo lavoro mi ha permesso di elaborare l'astrazione come principio euristico per la ricerca e l'invenzione dello spazio. Anche l'arte di Kandinskij ha a che fare con la scrittura. Il primo a osservare questo rapporto è stato Rem Koolhaas; ha infatti riscontrato che solo gli studenti arabi come me erano in grado di compiere certi gesti curvilinei; pensava potesse avere a che fare con la calligrafia. La calligrafia che si vede oggi nelle piante dell'architettura rimanda al concetto di decostruzione e di frammentazione nello spazio.

Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, <em>Zaha Hadid and Suprematism</em>, Hatje Cantz, 2012
Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, Zaha Hadid and Suprematism, Hatje Cantz, 2012

Pensi che l'arte debba impegnarsi in politica?
L'architettura non segue né le mode né i cicli dell'economia: segue la logica intrinseca dei cicli dell'innovazione generati dall'evoluzione sociale ed economica. Ha detto Mies van der Rohe che l'architettura è la volontà di un'epoca, viva, mutevole, nuova. La società contemporanea non è statica e l'architettura deve quindi evolversi secondo nuovi schemi di vita per soddisfare le esigenze degli utenti. L'architettura è senza dubbio uno strumento in grado di risolvere alcuni importanti problemi contemporanei; deve far sentire le persone a proprio agio nello spazio. Possiamo capirlo fin dall'infanzia quando iniziamo a comprendere le case in cui abitiamo o quando andiamo a scuola. Di recente abbiamo completato una scuola statale per 1.200 studenti in una delle aree più povere della parte meridionale di Londra; questo progetto della Evelyn Grace Academy è stato molto gratificante. La scuola fornisce servizi didattici di livello mondiale a una delle zone più indigenti della città. Ogni giorno spinge i suoi 1.200 studenti a realizzare i loro sogni ma soprattutto ad agire come membri responsabili della società. E ogni pomeriggio e ogni sera viene usata da tutta la comunità come centro con diversi utilizzi. Ogni volta che visito questa scuola mi piace vedere tanta passione negli studenti e l'entusiasmo da parte della comunità che la vive. Al momento stiamo anche lavorando a un'edilizia sociale che innalzi gli standard di questo tipo di archietttura: fino a oggi l'edilizia sociale si è sempre basata sul concetto di esistenza minima. Soprattutto oggigiorno non dovrebbe essere così perché gli architetti possiedono le competenze idonee e gli strumenti giusti per affrontare questo tipo di problematiche - se mai a qualcuno debba esser affidato il compito di risolverli.

Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, Zaha Hadid and Suprematism, Hatje Cantz, 2012

Diceva Rietveld che "talvolta l'arte arriva per caso". Sei d'accordo oppure pensi che l'arte nasca solo da un contesto specifico (e che non possa verificarsi per caso)?
Credo che una componente casuale ci sia. Nel primo periodo d'attività del nostro studio, però, (partecipavamo a concorsi ovunque e la cosa era appassionante) anche il metodo di composizione di un disegno e il metodo di realizzazione dei modelli portavano a nuove scoperte interessanti. Per esempio, quando abbiamo iniziato a costruire modelli di plexiglas siamo stati spinti verso la trasparenza - non necessariamente rispetto alla parte esterna del progetto, ma in tutto l'edificio; questo non era immediatamente ovvio; lo divenne quando ho tenuto una lezione su come funzionavano queste cose e su come si potevano manipolare questo tipo di concetti. Talvolta non sapevamo dove ci avrebbe portato la ricerca ma sapevano che avremmo trovato qualcosa e che ogni sperimentazione doveva approdare a un perfezionamento del progetto; possono volerci anche dieci anni per sviluppare uno schizzo bidimensionale di uno spazio su cui si possa poi costruire un edificio. Credo che siano questi i percorsi interessanti proprio perché non sono prevedibili. Per esempio nei miei disegni usavo dei tratteggi; divennero poi dei modelli a fasce e in seguito diventarono il diagramma del MAXXI. Così un'idea semplice come questa intraprendeva un viaggio parecchio lungo…
Elaborare i miei disegni era una cosa lenta e richiedeva una tremenda capacità di concentrazione e di precisione. Tutto il sistema del disegno portava a delle idee; mettevo un foglio sopra l'altro e tracciavo linee - come in una specie di archeologia inversa – si creava a un processo di stratificazione in cui la distorsione del disegno conduceva alla distorsione del volume; oppure l'estrusione dei disegni poteva condurre all'estrusione di superfici dell'edificio; i processi inducevano quindi a traslazioni letterali nell'edificio stesso.

A proposito di avanguardia: ci sono secondo te delle tendenze in grado di caratterizzare il momento che stiamo vivendo?
Questa è una domanda molto interessante perché ogni nuovo edificio oggi deve comprendere una riflessione in più sulle sue potenziali conseguenze ecologiche. Ci rendiamo conto che questa esigenza pone un vincolo ulteriore al progetto dell'ambiente costruito non solo in termini di nuove tecnologie e di soluzioni ingegneristiche innovative, ma anche in termini di ordine architettonico e di espressione stilistica. Il compito che ci siamo proposti è creare edifici che si adattino in modo sostenibile all'ambiente naturale circostante senza bloccare elaborazioni più avanzate. Teniamo in considerazione che i sempre più stretti vincoli ecologici che ci imponiamo quando si progetta non dovrebbero limitare il dinamismo e la produttività dei processi vitali; gli edifici devono offrire condizioni di vita favorevoli all'innovazione perciò, prima di risolvere pienamente il problema di migliorare la costruzione delle città in termini di ingegneria ambientale, dobbiamo innanzitutto capire quale tipo di urbanistica e quale architettura potrebbero meglio adattarsi all'avanzamento dell'attività produttiva e dei processi di comunicazione da cui tutti dipendiamo; questo riguarda il persistente problema della funzione fondamentale dell'architettura e della sua funzione sociale soprattutto in vista di un corretto inquadramento della comunicazione sociale attraverso il progetto innovativo/flessibile dell'ambiente costruito.

Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, Zaha Hadid and Suprematism, Hatje Cantz, 2012

La comunicazione sociale ha bisogno delle istituzioni e le istituzioni hanno bisogno dell'architettura; queste istituzioni e gli schemi della comunicazione sociale negli ultimi trent'anni hanno visto importanti cambiamenti poiché quest'ultima si è fatta più dinamica e più intensa. I principi organizzativi statici del XIX e del XX secolo - cioè la parcellizzazione, la specializzazione e la ripetitività di massa - sono stati sostituiti dai principi dinamici dell'auto-organizzazione dell'emergente società delle reti: variabilità, specializzazione flessibile e interconnessione.

Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, Zaha Hadid and Suprematism, Hatje Cantz, 2012

Nel nostro lavoro, per rispondere alla sfida di questa ristrutturazione socio-economica, stiamo adoperando le stesse risorse teoriche e le stesse tecniche computazionali che permettono ai meteorologi la ricostruzione e la previsione dei sistemi meteorologici e agli scienziati di formulare ipotesi sul cambiamento climatico terrestre. Di conseguenza il nostro lavoro usa concetti, logiche e metodi che analizzano e organizzano la complessità del disegno della vita contemporanea. La ripetitività e la separatezza che identificavano gli edifici del secolo scorso sono state sostituite da edifici che permettono di includere, integrare e adattare. Questi nuovi sistemi permettono di organizzare e pianificare complessi processi vitali del XXI secolo che sovrappongono e assimilano gli aspetti di lavoro, formazione, divertimento, abitazione e trasporto.

Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, Zaha Hadid and Suprematism, Hatje Cantz, 2012

Questa sfida ecologica riguarda momenti che definiscono l'identità della nostra epoca. La sua incidenza sull'architettura e sull'urbanistica contemporanee è seconda solo alla sfida posta dal dinamismo e dalla complessità della società iper-connessa di oggi. Gli stessi metodi, gli stessi concetti, le stesse tecniche e gli stessi strumenti che permettono agli architetti contemporanei di accrescere la complessità dell'ambiente costruito sono anche in grado di dare all'architettura la forma migliore in merito a criteri di prestazione ecologica. Le variabili possono essere programmate per rispondere a parametri ambientali. Per esempio i dati di un diagramma di esposizione solare che indichi l'intensità della radiazione solare cui un edificio sarà esposto nel corso di un determinato periodo di tempo definiscono i parametri stessi del sistema di schermatura solare dell'edificio. Questi elementi di schermatura avvolgono la facciata dell'edificio e la distanza, la forma e l'orientamento dei singoli elementi di questo sistema a poco a poco si trasformano e si adattano alle specifiche condizioni di esposizione delle rispettive posizioni sulla facciata. Il risultato è un pattern di facciata in continua metamorfosi che garantisca la migliore protezione solare. Contemporaneamente questa modulazione adattiva conferisce all'edificio un'estetica organica in diretto rapporto con il suo contesto, favorendo una migliore comprensione dell'ambiente urbano da parte degli utenti.

Charlotte Douglas, Hans Ulrich Obrist, Krystyna Gmurzynska, Zaha Hadid, Zaha Hadid and Suprematism, Hatje Cantz, 2012

I grandi risultati partono da grandi sfide: parlando di architettura qual è il modo corretto di affrontare un nuovo progetto?
Nel nostro lavoro cerchiamo sempre di interpretare le esigenze del committente, non ci concentriamo soltanto sulla forma dell'edificio cercando allo stesso tempo la migliore fruizione dell'edificio da parte degli utenti. Fin dall'inizio della mia carriera ho sempre considerato la parte più interessante del lavoro, l'organizzazione che permette di tracciare un nuovo diagramma del modo in cui un edificio verrà poi utilizzato. E' qui la vera radice di ogni progetto. Il diagramma implica il modo in cui si risponde ai requisiti fissati per il nuovo edificio da parte del committente e allo stesso tempo risponde al sito in cui si costruisce. Qui sta il concetto di progettazione. Tutte le forze agiscono contemporaneamente per arrivare a un esito unitario. Oggi mi preoccupa che nessuno sappia veramente come si disegna una pianta. Mi ci sono voluti vent'anni per convincere le persone a fare tutto in 3D, con un esercito di gente che cercava di disegnare le prospettive più difficili e adesso tutti lavorano in 3D. Si pensava che la pianta sia una sezione orizzontale ma non è così; la pianta ha sostanzialmente bisogno di organizzazione. E, sì, la pianta ha ancora un posto prioritario.